Dal governo

La manovra sanitaria 2015: tra i tagli lineari, c’è occasione per dare nuovo significato alla cura?

di Maria Giulia Marini (direttore Area Sanità Fondazione Istud, Epidemiologa e Counselor)

S
24 Esclusivo per Sanità24

La manovra in sanità chiede di tagliare 2,352 miliardi di Euro al servizio sanitario per il triennio 2015/2017: i tagli lineari sono consueti su nuove nuove tecnologie medicali e sull'uso dei farmaci, ponendo un tetto alla spesa farmaceutica. Niente di nuovo sul fronte occidentale. Niente di nuovo sotto il sole.
Invece, i tagli del personale che rappresentano il 31% come voce di costo sulla spesa totale sanitaria sono quasi nulli: 68 miliardi, il 2 % sul totale dei tagli. Da un lato ci si può sentire più tranquilli perché, si spera, che non verranno toccati i medici, gli infermieri e il personale tecnico sanitario, ma quella compagine di amministrativi che, fatto 100 il totale del personale sanitario, ammonta al 18% delle aziende sanitarie e ospedaliere, raggiungendo al Sud la cifra del 23% . Quasi uno su cinque è un controllore, un funzionario, una persona che lavora sulla gestione dei costi e delle prestazioni. Da chiedersi se vi è una possibilità di uscire da questa inamovibilità della amministrazione nella pubblica amministrazione, e riorientarla attraverso un'opportuna formazione a essere più utili in un contatto diretto con il paziente e con il personale sanitario, con un ruolo più attivo, in vere professioni d'aiuto a ausilio. In questo quasi 20% di amministrativi, dove non esistono nemmeno tagli lineari, si potrebbe immaginare la potenza di un percorso di formazione che ricollochi, mi si perdoni la definizione i “passacarte” o oggi, compilatori di file Excel, a una professione di assistenza del malato e dei suoi familiari.

Ma nella manovra della sanità del 2015 c'è qualcosa di nuovo oggi sotto il sole: una novità che non è un taglio lineare. E' un sistema punitivo pensato per i medici che iperprescrivono prestazioni e indagini diagnostiche, considerate inappropriate. L'iperprescrizione di esami diagnostici è stata confessata in diverse indagini da circa l'80% dei professionisti sanitari in Italia (dato analogo a Inghilterra e Stati Uniti): i medici, in questo modo, non solo rispettano le linee guida scientifiche che in genere sono conservative e volte a estinguere qualsiasi possibile minimo dubbio diagnostico attraverso esami di laboratorio e diagnostica per immagini, ma prescrivono ancora più test e procedure di quante non siano necessarie. Si difendono così dalle possibili denunce da parte dei pazienti. La cosa ironica è che al primo posto come causa di denuncia non è la mancata effettuazione di un test o di una procedura, bensì la scarsa capacità di comunicare del medico, insomma una carenza sul piano relazionale. Non si capisce bene chi verrà a fare i controlli sulle iperprescrizioni dei singoli medici: le società scientifiche? I nuclei di valutazione della qualità delle regioni? Delle singole Asl? Certo il sistema diventa sanzionatorio nei confronti dei medici, con il rischio di precipitare nell'abisso opposto, anche questo inappropriato, una ipoprescrizione di esami diagnostici.

I cittadini temono, quando apprendono dai giornali e dai media che i medici pagheranno direttamente il prezzo delle prestazioni giudicate non appropriate e hanno paura di non ricevere tutte le attenzioni dovute, le migliori tecnologie, l'avanguardia terapeutica, e di dover ricorrere alla sanità privata pagando di tasca propria: temono anche i medici e principalmente criticano questo sistema di responsabilizzazione che verrà, con il contagocce a misurare se quel test diagnostico, quella Tac o risonanza magnetica, quell' esame spirometrico sarà appropriato o inappropriato e quindi da multare. Andare a colpire con una sanzione diretta medici la cui età media nazionale è 51 anni, in una pubblica amministrazione che non taglia là dove dovrebbe tagliare, l'inefficienza della burocrazia, e non assume più professionisti sanitari se non a progetto - vedremo come il Jobs Act si inserirà nella cornice sanitaria da gennaio 2016 - sembra veramente demotivante e dequalificante verso questa professione sanitaria.

Avrei desiderato leggere come manovra finanziaria un taglio lineare allo stipendio delle direzioni generali e sanitarie e amministrative. In questi ruoli i manager ricevono stipendi talmente elevati – con una media di 145.000 euro annui- che si può ragionevolmente tagliare linearmente sul premio al management. Abbiamo già espresso le nostre perplessità sulla politicizzazione dei vertici del servizio sanitario e abbiamo già scritto che fin quando i direttori saranno legati a un’appartenenza politica avranno le mani legate per dirigere l'azienda sanitaria usando i migliori strumenti di motivazione, compresa la meritocrazia, quella che prevede non solo il sistema di punizioni ma anche il sistema premiante.

Finita la pars destruens alla manovra sulla sanità, ora ci rivolgiamo alla pars costruens: l'occasione, credo inconsapevole da parte di chi abbia scritto e votato la manovra per un modo rinnovato di fare professione medica. Lasciando stare le temute deduzioni dallo stipendio dei clinici, è un dato di fatto che la visita medica si è cristallizzata su un passaggio di prescrizioni e referti e ricette mediche dalle due parti. E infatti i pazienti si stupiscono quando un medico gli dedica qualche minuto in ascolto: dai nostri studi di medicina narrativa che raccolgono le voci dei pazienti (un'analisi media di 1500 narrazioni l'anno), i pazienti usano due aggettivi per valutare i medici positivamente: professionali e umani. E attraverso una sottoanalisi sulle narrazioni dei pazienti che hanno usato, accanto alla parola “medici” l'aggettivo “umani” - dentro questa parola ci sta la capacità d'ascolto, il sostegno, la trasmissione della fiducia, il senso dell'accoglienza nell'essere assieme a combattere la malattia,- si evince che i pazienti sviluppano una maggiore capacità di convivere con la malattia, di migliorare “il coping”, ovvero la capacità di stare meglio. E nessuna di queste persone ha scritto di denunce o di minacce legali. Senza abusi di indagini e prestazioni.

Attraverso l'arte dell'ascolto e della parola, che oggi si chiama medicina narrativa, ed è stata inclusa dall'Istituto Superiore di Sanità nel 2014 come strumento di miglioramento della qualità in sanità e come sostegno ai percorsi diagnostico clinico assistenziali. La medicina narrativa serve a ridurre il numero dei ricoveri impropri, il giro dei pazienti per ottenere delle terze e quarte opinioni cliniche, a migliorare l'adesione alle terapie farmacologiche: non è una prestazione aggiuntiva in sé, è una modalità più intima e autentica di entrare in relazione con il paziente. Non è solo rapporto empatico e gentilezza, è intelligenza cognitiva che cerca di trarre dal testo narrato, dal testo non narrato e dal contesto, la maggiore conoscenza possibile rispetto al paziente. Langewitz ha riportato che nel 75% dei casi i pazienti danno molte informazioni sul proprio stato di salute nei primi due minuti di racconto di sé. Peccato che i medici spesso – altri sudi confermano- interrompono i pazienti dopo una media variabile dai 18 secondi ai 40 secondi. La medicina narrativa insegna prima di tutto a osservare, ascoltare, dando quel minuto in più al paziente per riflettere su come agire al meglio nella professione difficilissima di prendersi cura degli altri.

Medicina narrativa contro medicina difensiva, ascoltare per risparmiare. Ecco una possibile soluzione, per fare buona sanità, evitando le multe dirette sull'inappropriatezza, ma potenziando invece la formazione umanistica e relazionale che è stata “atrofizzata” dalle stesse facoltà di medicina; infatti, non esistono corsi di comunicazione tra medico e professionista sanitario e paziente, tranne che in alcuni sporadici casi italiani privati. Qui, una formazione massiccia sui professionisti sanitari è fondamentale, su medici, infermieri, tecnici, amministrativi che magari domani potranno essere più vicini nel luogo dove si crea salute e si combatte il malessere. Questo per uscire dall'automatismo pavloviano: paziente in visita eguale a corpo su cui effettuare indagini strumentali. Riacquistando da entrambe le parti, professionista sanitario e paziente il dono e la dignità della parola.
Chissà se quando hanno pensato di punire con le multe l'inappropriatezza hanno pensato che questa azione, la lotta alla medicina difensiva, poteva essere un'occasione per permettere ai curanti di dare un significato più ricco al loro lavoro.


© RIPRODUZIONE RISERVATA