Dal governo

Da Cottarelli al meeting di Rimini tra tagli e costi standard ancora tutti da elaborare

di Ettore Jorio (Università della Calabria)

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24 Esclusivo per Sanità24

Da Claudio Cottarelli, al meeting di Rimini, un monito alle politiche di spending review del Governo. Ben vengano i 10 miliardi di tagli, ma si poteva fare di più (e meglio). Queste le conclusioni cui è pervenuto il già commissario per la revisione della spesa, nominato dal premier Letta, oggi direttore esecutivo del FMI. E giù le indicazioni, passando per una critica alla metodologia utilizzata dalla riforma Madia della Pa, da ritenersi meramente enunciativa di ciò che si vuole fare, atteso che rinvia tutte le misure specifiche a successivi provvedimenti legislativi delegati. E' il caso delle società pubbliche, vero cancro dell'economia statale e di quella del sistema autonomistico, ove costituiscono un inesauribile strumento di spesa incontrollata e di formazione del debito pubblico. Su un tale problema occorre intervenire subito e bene e, con esso, evitare la generazione di ulteriori danni al bilancio della Repubblica.
Venendo alla sanità, l'ex commissario è andato dritto nello specifico. Ha chiaramente affermato che i 2,35 miliardi di tagli sono pochi. Si può fare molto di più, sino ad arrivare a 5 miliardi di risparmi senza stravolgere l'attuale livello qualitativo delle prestazioni essenziali. Il tutto attraverso un intervento profondamente modificativo sull'attuale polverizzazione delle centrali di acquisto di beni e servizi, ma soprattutto su “un'attuazione piena dei costi standard”.
Un'analisi corretta e certamente da condividersi. La debolezza della tesi sta nel trascurare il vero problema che, se si dovesse andare avanti così, rimarrà irrisolto. La logica di stravolgere l'attuale sistema di finanziamento del sistema della salute, passando dalla spesa storica radicata sulla determinazione della quota capitaria pesata, al criterio fondato sui costi e fabbisogni standard, è certamente corretta. Essa rintraccia però il suo fondamentale presupposto nella determinazione degli uni e degli altri. Ed è ciò che manca. Più esattamente, è trascurato ovvero ostacolato il risultato tecnico di monetizzazione del costo standard suddiviso per singola macroaerea assistenziale. Senza fare ciò, tutto è assimilabile all'aria fritta.
Quindi, occorre pervenire tempestivamente, attraverso l'individuato percorso del benchmark (certamente da rivedere), ad un costo standard per l'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro (la prevenzione), un altro per l'assistenza territoriale e un altro ancora per quella ospedaliera. Un risultato difficile da conseguire, una difficoltà (o forse volontà) delle quali ebbi a constatare l'esistenza nel corso di una “antica” riunione ad hoc (2009), cui partecipai come esperto Copaff, svoltasi presso il ministero delle semplificazione alla presenza del ministro Calderoli, dell'allora ministro della salute Fazio e del prof. Luca Antonini nonché di alti burocrati ministeriali, chiaramente restii ad avviare il cambiamento e a realizzare la svolta. Da allora, come era facile prevedere, nulla è accaduto.
E ancora. Il problema serio non è solo quello di valorizzazione dei costi standard in quanto tali - a tutt'oggi ancora allo stato (molto) larvale - bensì l'adeguamento dei medesimi alle necessità dei 19 Ssr e dei 2 afferenti alle Province autonome, attraverso la determinazione dei fabbisogni regionali, indispensabili per garantire i Lea su tutto il territorio nazionale, a mente dell'art. 117, c.2, lett. m, Cost.
Un prodotto economico-finanziario, il fabbisogno standard, praticamente impossibile a determinare correttamente alle attuali condizioni di adeguamento, fondato sull'unico correttivo dell'età media dei cittadini residenti nelle regioni destinatarie. Un parametro non solo insufficiente ma bugiardo, in relazione al reale bisogno di salute da soddisfare. Il fabbisogno standard - che dovrà tenere altresì conto dell'ovvia presenza della popolazione immigrata, portatrice di bisogni specifici salutari in gran parte superati nelle civiltà occidentali (es. scabbia, tubercolosi, ecc) - non potrà infatti fare a meno dell'applicazione di ulteriori indici utili all'attualizzazione concreta dei costi standard alle reali esigenze di salute delle singole regioni. Essi non potranno che riguardare, oltre al coefficiente anagrafico, la deprivazione socio-economica, sintomatica dello svantaggio di alcune realtà geo-demografiche nel garantire la salute alle proprie collettività, in arretrato in termini di ricchezza sociale, decente viabilità, strutture dignitose e avanzata tecnologia.


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