Dal governo

Inappropriatezza prescrittiva e dialisi

di Antonio Santoro (presidente Società Italiana di Nefrologia)

In sanità abbiamo vissuto per tutta l'estate il tormentone dell'appropiatezza e delle responsabilità individuali nel prescrivere procedure ed esami che possano “ per legge” essere ritenute inappropriati. Abbiamo avuto momenti di grande perplessità e preoccupazione perché, oltre i continui tagli riguardanti la sanità, nel maxiemendamento al decreto legge Enti locali, approvato lo scorso luglio e pubblicato in Gazzetta ufficiale a metà agosto, si prevedeva che con decreto del ministero della Salute sarebbero state individuate «le condizioni di erogabilità e le indicazioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale». Il maxiemendamento prevede che le prestazioni al di fuori dei criteri di erogabilità siano a carico del paziente e che, in caso di comportamento prescrittivo non conforme alle indicazioni disciplinate dal decreto stesso, «l'ente richiede al medico prescrittore le ragioni della mancata osservanza delle predette condizioni e indicazioni» e, «in caso di mancata risposta o di giustificazioni insufficienti, l'ente adotta i provvedimenti di competenza, applicando al medico prescrittore dipendente del Servizio sanitario nazionale una riduzione del trattamento economico accessorio».

Con il provvedimento ministeriale, risultano dalle misure illustrate dal ministro della Salute 208 prestazioni sanitarie a maggiore rischio di inappropriatezza su oltre 1.700 previste dal nomenclatore. Tra queste, prestazioni di genetica, odontoiatria, allergologia, Tac, risonanza magnetica agli arti e risonanza magnetica della colonna con mezzo di contrasto e tra le altre , a sorpresa, è finita anche la dialisi. Per le dialisi si tratta solo di due prestazioni e il testo cita letteralmente: “le condizioni di erogabilità sono riservate a metodiche dialitiche di base (domiciliari e ad assistenza limitata) che risultano appropiate solo per pazienti che non presentano complicanze da intolleranza al trattamento e/o che non necessitano di correzione metabolica intensa”.

Recentemente il Consiglio superiore di Sanità avrebbe espresso parere favorevole al provvedimento, che dovrebbe poi arrivare in Consiglio dei ministri. Sconcerto! ! Per una approvazione senza richiesta di chiarimenti su norme e scelte che non sono molto chiare nella loro formulazione. Fortunatamente il ministro della Sanità Lorenzin ha ribadito: “Non ci sarà nessuna accetta e le norme saranno condivise con i medici”. Inoltre ha aggiunto “Non si tratta di limitare la prevenzione – ha aggiunto il Ministro - , si tratta di non fare più il copia e incolla delle prestazioni ma prescrivere con criteri oggettivi, che sono stati decisi con i medici. Bisogna programmare il percorso diagnostico. In ogni caso se il medico decide di avere necessità di andare fuori dai protocolli lo può fare, basta che lo motivi”.

Il nodo delicato della dialisi
Questo, se vero, ci dà un certo grado di rasserenamento. Ma veniamo alla norma che riguarda la dialisi che ha lasciato perplessi e sconcertati, i nefrologi, i pazienti e tutti gli operatori sanitari dedicati a questa complessa pratica che riesce a tenere in vita circa cinquantamila pazienti in Italia e milioni nel mondo. La dialisi è una procedura estremamente sofisticata non scevra da rischi e che può sembrare relativamente semplice grazie alla complessa tecnologia che ne è alla base e alla preparazione degli operatori che la erogano. Negli ultimi anni vi è stato un progressivo invecchiamento della popolazione dialitica e questo, insieme al logoramento del sistema cardio-vascolare che consegue al progressivo deficit funzionale renale, ha fatto sì che un largo numero di pazienti in dialisi, risulti estremamente “fragile” sul piano cardio-vascolare ed emodinamico e molto più esposto alle complicanze dello stesso trattamento dialitico.

In Italia circa 7 milioni di trattamenti vengono eseguiti ogni anno con un impegno di spesa annua complessiva di oltre 2 miliardi di euro. Non bisogna perciò meravigliarsi, che la dialisi, pur essendo una terapia “salva vita”, è sovente oggetto di analisi economiche e giustamente rientra nei meccanismi di controllo e riduzione della spesa. Quello che è non condivisibile è che, in periodi di crisi economica come gli attuali, vi è sempre di più la spinta a preferire nella scelta terapeutica il principio quantitativo-economico, rispetto al principio qualitativo-economico.

La politica del prezzo più basso ad ogni costo, se da un lato è condivisibile nella idea della razionalizzazione della spesa sanitaria, dall'altro potrebbe portare a una massificazione e standardizzazione dei trattamenti dialitici ( la famosa metodica di base citata nel provvedimento). A questo punto, le esigenze cliniche del paziente che, sono influenzate, non solo dal semplice deficit renale, ma dalle sue concomitanti patologie e dalle sue esigenze metaboliche e biochimiche, possono passare in secondo piano.

Ma veniamo al decreto nella sua sostanza. Il principio che sta alla base del decreto è sacrosanto : occorre razionalizzare e contenere risorse anche attraverso politiche di contenimento degli sprechi e delle inefficienze con l'obiettivo di limitare i processi diagnostici e terapeutici a ciò che è appropiato pensando di contrastare in questo modo la “medicina difensiva “, l'overdiagnosi e la malpractice.

Però cosa c'entra tutto questo con la dialisi ? La dialisi la si fa a chi ha bisogno per manifesta insufficienza dei suoi reni e le indicazioni a trattamento dialitico sono ben codificate e oggetto di continue revisioni da parte della comunità dei nefrologi che sono gli unici prescrittori. Quello che forse può essere oggetto di discussione è la decisione se iniziare o meno un trattamento dialitico cronico o non proseguire il trattamento in alcuni pazienti.

Dm poco chiaro in attesa del «position paper» Sin-Sicp
Ma questo, che è un argomento estremamente complesso e la Sin ha creato con i colleghi palliativisti (Sicp) un gruppo intersocietario. Il gruppo ha mandato di produrre e siamo già in uno stadio finale, una sorta di “position paper” che verrà messo a disposizione del ministero dopo la revisione da parte di bioetici, religiosi e magistrati.

Tornando al documento sull’appropriatezza che per molti versi è chiaro, mentre sulla dialisi è estremamente criptico possono esserci numerose interpretazioni . Una fra queste: si potrà mandare (perché appropriata la prestazione) in dialisi domiciliare e in assistenza limitata solo pazienti “stabili” o “stabilizzati” ? Oppure vuol dire che sono autorizzate solo le metodiche dialitiche di base? E allora non potremo fare in quelle sedi, (domicilio ed assistenza limitata visto che non posso pensare che la norma sia estensibile a tutte le sedi dove si eroga la dialisi ed in particolare ai centri ospedalieri), dialisi con metodiche speciali che possono essere più adatte a quel singolo paziente nell'ottica della personalizzazione del trattamento alle sue esigenze ? In entrambi i casi non andiamo nell'ottica del risparmio.

E' noto come la dialisi domiciliare e quella in assistenza limitata siano le più convenienti sul piano economico e quindi vanno incoraggiate e non limitate in un processo di razionalizzazione delle risorse. Riguardo alla seconda interpretazione e cioè ritenere appropriato sono un trattamento di base , anche qui non sono certo che andiamo nella giusta direzione dl risparmio di risorse. Dare a ciascun paziente il suo migliore trattamento dialitico con anche accesso, laddove necessario, a procedure non “di base”, è un compito precipuo del nefrologo. Così come è prerogativa del nefrologo formulare la migliore prescrizione per il paziente nella sua individualità, considerando la modalità di trattamento, il tipo di membrana, la definizione del “peso secco”, la frequenza e la durata delle sessioni settimanali, la tipologia e la posologia dei farmaci prescritti. Solo tenendo conto delle esigenze cliniche del singolo paziente e definendo uno specifico trattamento, si può pensare di ottenere obbiettivi di sicura efficacia clinica e che rispondano ai criteri di adeguatezza, senza trascurare gli aspetti di economicità.


© RIPRODUZIONE RISERVATA