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Il Garante per l’infanzia: basta misure spot, serve la presa in carico delle famiglie in difficoltà

di Lucilla Vazza

«L’urgenza di una maggiore attenzione ai problemi dell’infanzia si fa non più rinviabile». Lo spiega ai nostri microfoni Vincenzo Spadafora, il Garante per l’Infanzia e l’adolescenza intervenuto al 27° Congresso nazionale dei pediatri Acp in svolgimento a Napoli.

I dati degli ultimi anni segnalano un preoccupante aumento della povertà tra i bambini che vivono in Italia. Perché non si riesce a elaborare un piano infanzia con misure concrete?

Il nuovo Piano nazionale di interventi per l’infanzia e l’adolescenza a cui ha lavorato l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza sta per essere approvato, uno dei quattro assi portanti sono le “Linee di azione a contrasto della povertà dei bambini e delle famiglie”. Si tratta di un fenomeno complesso e muldimensionale, non più riconducibile ai soli aspetti materiali legati alla disponibilità di reddito e alla capacità di spesa, ma anche alla mancanza di opportunità che la condizione di povertà comporta: difficoltà d’accesso a un adeguato livello di educazione, di risorse sanitarie, di alimentazione, ecc. Ma l’efficacia di un intervento di contrasto alla povertà deve considerare anche la necessità di agire in maniera precoce e la proposta dell’Acp va assolutamente in questo senso. Concretamente è arrivato il momento di introdurre misure di sostegno alle famiglie in difficoltà economica che oltre a prevedere un trasferimento alla famiglia, e non all’individuo, con particolare attenzione a quelle con minorenni, si basi sulla presa in carico globale del nucleo per cogliere e supportare le fragilità familiari in modo adeguato, prime fra tutte la capacità di garantire il benessere (educativo, sociale, sanitario, ecc.) dei minorenni in essa presenti. Nel mettere in campo azioni di contrasto alla povertà un ruolo importante lo svolgono proprio i pediatri che possono essere delle vere e proprie “sentinelle” in quanto, come consapevolmente indicato nel documento Acp, per ciascun neonato possono individuare non solo un eventuale rischio sanitario, ma anche un rischio sociale legato alle condizioni familiari e di contesto. Per agire in modo precoce ed efficace il pediatra deve coordinarsi con gli altri servizi territoriali.

Si parla molto in questi giorni di appropriatezza delle prestazioni sanitarie. Ricevete segnalazioni specifiche su carenze per quanto riguarda l’accesso alle cure in ambito pediatrico?

Più che segnalazioni specifiche, mi preme sottolineare ciò che dal nostro “osservatorio” abbiamo rilevato in questi anni. Come sappiamo il nostro sistema sanitario inclusa la pediatria di libera scelta garantisce da 35 anni un’assistenza costante, capillare e qualificata. In particolare, i pediatri di famiglia esercitano un ruolo importantissimo nella prevenzione, diagnosi, cura ed educazione sanitaria dei piccoli pazienti e dei genitori. Ma in una società in continuo mutamento e con livelli di complessità crescenti, per esercitare una reale tutela dei minorenni, è necessario che il pediatra di famiglia, tutore della salute del bambino intesa come benessere globale psico-fisico, venga messo in grado di gestire in modo competente le diverse condizioni in cui si trovano i bambini e i ragazzi con cui entra in contatto, prevenendo o rilevando precocemente le situazioni di criticità.

A questo scopo è necessario che venga effettuata una formazione specifica che metta in condizione il pediatra di gestire tali situazioni anche attraverso l’integrazione e l’attivazione delle altre risorse presenti sul territorio. Più specificamente, gli ambiti di complessità per i quali dal nostro punto di vista percepiamo la necessità di prevedere nel percorso formativo dei pediatri, e delle altre figure sanitarie, insegnamenti ad hoc, si riferiscono in particolare alla popolazione immigrata, ai minorenni che subiscono maltrattamenti e agli adolescenti. Tuttavia, su questo aspetto è determinante l’accesso al Ssn, attraverso l’attribuzione del Pediatra di libera scelta o del Medico di medicina generale, che deve essere garantito a tutti i minorenni stranieri presenti sul territorio nazionale a prescindere dal possesso del permesso di soggiorno.

Su questo è stato approvato in Conferenza Stato-Regioni l’accordo del 20 dicembre 2012, che non è stato ancora recepito formalmente da tutte le regioni. Il medico va messo nella condizione di avere gli strumenti adeguati per riconoscere maltrattamenti e abusi sui minorenni. Se adeguatamente formato può rilevare precocemente i disagi del bambino e riconoscendone le cause, può mettere in campo una serie di azioni, anche supportato da altri istituzioni di protezione. Pensiamo alle situazioni più critiche di abuso, ma anche a quelle in cui il bambino è testimone di violenze in famiglia. Il medico, quindi, deve possedere gli strumenti adeguati per riconoscere maltrattamenti e abusi sui minorenni. In un’indagine campione con i pediatri di Milano, 6 medici su 10 intervistati hanno affermato che durante la loro attività professionale si erano trovati di fronte al sospetto di un caso di maltrattamento o di abuso, ma solo la metà ha deciso di segnalarlo. Risulta evidente quindi quanto anche su questo tema sia importante una formazione specifica per poter gestire in modo corretto il singolo caso, a partire dai corsi universitari. Infine, l’adolescenza: terra di mezzo non solo dal punto di vista evolutivo, ma anche rispetto all’assistenza sanitaria.

L’età pediatrica arriva fino a 14 anni, quindi se fino a quel momento i ragazzi e le ragazze sono seguiti dal pediatra di libera scelta e accolti nei reparti di pediatria quando entrano in contatto con le strutture sanitarie, successivamente vengono trattati esattamente come gli adulti. Come si sa, è una fase, quella adolescenziale, particolarmente delicata e che necessita competenza e specializzazione da parte degli operatori da diversi punti di vista compreso quello sanitario. Anche in questo caso, una formazione ad hoc è la garanzia di una reale tutela dei diritti di questi giovani non più bambini ma non ancora adulti, che devono trovare un’accoglienza adatta alla loro condizione.


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