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Futuro aumento del Fondo e risorse per le assunzioni dal risk: vertice a Palazzo Chigi. E i tavoli su costi standard e farmaci dopo la Finanziaria

di Red.San.

L’eventuale aumento del Fondo sanitario nazionale per i due anni 2017 e 2018, le risorse in campo per finanziare le assunzioni dei medici (forse) dal risk, la piena operatività dei tavoli su costi standard e farmaci rinviata a dopo la manovra. Questi i temi al centro del vertice di oggi a Palazzo Chigi sulle spese della sanità. Presenti: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, la ministra Beatrice Lorenzin e e alcuni governatori, tra cui Giovanni Toti e il presidente uscente Sergio Chiamparino. Un incontro di circa 45 minuti, che ha portato, ha spiegato Chiamparino, a «passi in avanti». Il cima è stato «positivo, ma è da verificare», ha aggiunto il presidente piemontese. Mentre secondo Toti «si sta lavorando, stiamo limando il piano».

Sul fronte delle risorse, per ora non si parla di cifre, anche se l’auspicio è ovviamente un incremento del Fsn che nel 2016 conoscerà al contrario, un minor aumento di circa 2 miliardi rispetto a quanto preventivato nel Dl Enti locali. Si parte dunque da 111 miliardi del prossimo anno, per arrivare possibilmente a una cifra superiore ancora tutta da determinare. I tavoli su costi standard e governance farmaceutica, invece, non diventeranno operativi che a legge di Stabilità approvata, cioè a fine dicembre, per entrare probabilmente nel vivo da inizio del prossimo anno.

Il Mef è poi al lavoro per stimare il possibile impatto che la nuova legge sulla responsabilità professionale - in particolare le norme sulla responsabilità civile - potrà avere in termini di risparmi da reinvestire nelle assunzioni dei medici precari. «Cè qualche passo in avanti - ha detto anche in questo caso Chiamparino - sulla valutazione degli effetti della cosiddetta medicina difensiva, che è una norma che potrebbe essere inserita in Finanziaria, e ci sono altre valutazioni sull’extra sanità. Qualche passo in avanti anche sulle possibili certezze dal punto di vista della programmazione futura del Fondo sanitario».

Bonaccini nuovo presidente? Posizione in bilico. Vacilla l’accordo politico per nominare Stefano Bonaccini nuovo presidente della Conferenza delle regioni. Sembrava scontato lo eleggessero lo scorso 26 novembre, poi la plenaria dei governatori saltò, dissero, per «questioni organizzative». E adesso, invece, con l'elezione fissata per il 17 dicembre, salta fuori che l'Emilia-Romagna non ha nessuna intenzione di perdere la commissione Salute, oggi presieduta dall'assessore Sergio Venturi, perciò è arrivato lo stop a Bonaccini dagli altri governatori del Pd, in gara per subentrare proprio all’Emilia-Romagna. Prende sempre più quota la candidatura del governatore delle Marche, Luca Ceriscioli: ex sindaco di Pesaro e presidente della regione da sei mesi, venne definito da Matteo Renzi in campagna elettorale come un amministratore «modello» e in grado di essere «un punto di riferimento». L’ultima parola su questa vicenda sarà messa, molto probabilmente, il 10 dicembre in una riunione nella sede del Pd al Nazareno

Orario di lavoro, no dei medici alle proroghe. Intanto, i medici sono in allerta rispetto alla questione orario di lavoro. Opponendo un secco “no” all’ipotesi di proroga, ventilata in un emendamento alla stessa legge di Stabilità. Di seguito, il comunicato Anaao Assomed.
Con un emendamento alla Legge di Stabilità 2016 alcuni deputati del PD in prevalenza pugliesi, primo firmatario On. Capone, propongono di spostare al 25 novembre 2016 la data di applicazione anche in Italia della Direttiva europea sui tempi massimi di lavoro e sui riposi. Non sono bastati 22 anni per entrare in Europa essendo la prima direttiva sull'orario di lavoro, la numero 104/CE, del 1993. Non sono bastate alle Aziende sanitarie le deroghe del Governo Prodi prima (Legge Finanziaria 2008) e del Governo Berlusconi poi (Legge 133/2008) per mettere a norma tutta la organizzazione del lavoro nelle strutture ospedaliere. La deregulation dell'orario di lavoro è continuata dal 2008 ad oggi in modo irrefrenabile e selvaggio scaricando su chi lavora in prima linea ed eroga le prestazioni ai cittadini il taglio al finanziamento del fondo sanitario nazionale imposto dalla crisi economica. Blocco del turn over, gravidanze e malattie prolungate non sostituite, precarizzazione dei rapporti di lavoro rappresentano il tratto costante della deriva economicistica che ha caratterizzato le politiche del personale delle aziende sanitarie. Fino a mettere in discussione, soprattutto nelle regioni in piano di rientro, l'esigibilità stessa del diritto alla salute. Ora viene chiesta un'ulteriore proroga di un anno, tanto illegittima quanto inutile se non si cambia verso anche nelle politiche sanitarie.
Verosimilmente non sono nemmeno chiari ai deputati del PD i rischi economici a cui va incontro il nostro Paese ritardando l'applicazione della Direttiva europea.
Il deferimento alla Corte di Giustizia avviato dalla Commissione europea ed attualmente solo sospeso, verrebbe certamente portato a termine. La Corte di Bruxelles potrebbe comminare multe salatissime. In base alle esperienze precedenti, arrivare a sanzioni di circa 250.000 € al giorno è altamente probabile. Si tratta quindi di circa 90 milioni di € per ogni anno di ritardo.
Questa è solo una parte, perfino minore, del rischio. In base a due sentenza della Corte di Giustizia della Comunità europea del 2010 (cosiddette Fuß 1 e 2) ogni lavoratore che abbia subito un danno causato dalla violazione del diritto dell'Unione ha diritto ad un risarcimento. E la violazione per i medici e dirigenti sanitari dipendenti del SSN data dal 2008. Si può prospettare che circa 50.000 medici ospedalieri italiani potrebbero rivolgersi ad un giudice italiano per chiedere un risarcimento per lo stress psico-fisico derivante dal prolungato superamento del limite massimo di orario di lavoro settimanale e per i mancati riposi. L'esborso per l'erario pubblico potrebbe collocarsi tra 500 milioni e un miliardo di €. E' da chiedersi se non sia meglio utilizzare questa importante massa di risorse economiche per impostare una nuova politica a salvaguardia del nostro SSN.
Il recepimento della Direttiva europea per garantire servizi sanitari efficienti e sicuri ai cittadini, rispettando il diritto di tutti gli operatori del settore ad una organizzazione del lavoro capace di tutelare anche la loro salute, si potrà ottenere solo rispettando tre condizioni: procedere ad una riorganizzazione del lavoro nelle strutture ospedaliere; stabilizzare tutto il precariato; sbloccare il turn over per assumere almeno 6000 medici necessari per coprire 10 milioni di ore di extra orario che ogni anno vengono svolte, oltre l'orario standard e lo straordinario retribuito, per garantire il diritto dei cittadini di accesso alle cure. Senza dimenticare che lo sblocco del turn over è urgente anche per coprire i circa 20.000 pensionamenti di medici e dirigenti sanitari che avremo nel triennio 2016-2018 per l'esaurirsi dello “scalone” previdenziale dovuto alla Fornero.
Non abbiamo bisogno di prorogare una lesione ai diritti che discendono dalla legislazione comunitaria, ma di impostare un piano triennale per la “buona sanità” che tenga insieme i diritti di chi necessita di cure con quelli di chi quelle cure è tenuto ad erogarle.


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