Dal governo

Contratti, la partita è tutta da giocare

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

Finalmente comincia a vedersi qualche atto formale per la partenza della tornata contrattuale. La direttiva del ministro della Funzione pubblica n. 7414 del 12 febbraio 2016 ha dato il via all'Aran per la chiusura dell'accordo quadro per individuazione dei comparti di contrattazione. È pur vero che la direttiva esordisce con le parole «Ad ottobre dello scorso anno» e già questo costituisce un incomprensibile stallo alla luce del chiarissimo dettato della sentenza della Corte Costituzionale n. 178/2015 che imponeva l'immediata apertura della trattativa. Orbene, a ottobre erano già passati tre mesi invano ma, alla data della direttiva, i mesi sono divenuti sette. Solo per memoria, si ricorda che tale direttiva e la definizione dell'accordo quadro potevano essere “messi in cascina” almeno da cinque anni. Sono note le motivazioni di questo ritardo con tutte le manovre tattiche correlate ma di questo passo si può cominciare a pensare che passi l'intero anno 2016.

Nel contempo si può ormai affermare che la pronuncia della Consulta è stata completamente ignorata visto, tra l'altro, che la stagione dei rinnovi contrattuali si sarebbe comunque riaperta dal gennaio 2016 in modo naturale. Si ha quasi la sensazione che in realtà questo rinnovo contrattuale non lo voglia nessuno e – alla luce dei 20 € lordi di aumento – tutti cerchino vie di fuga e motivazioni trasversali per rimandare e depistare. Va tra l'altro preso atto che il Dpcm di cui al comma 469 della legge di stabilità per il 2016, che doveva essere adottato entro il 30 gennaio scorso per definire i criteri di determinazione degli oneri contrattuali, non è stato neanche abbozzato, benché il decreto non avesse alcuna apparente difficoltà tecnica di redazione (i contenuti erano già in pratica tutti scritti nel precedente comma 466).
Nel merito la direttiva non aggiunge nulla a quanto si poteva dare per scontato; per esempio, che i comparti saranno 4, perché un numero maggiore è vietato dalla legge e un numero minore era del tutto improbabile dato che esistono già enormi difficoltà a passare da 12 a quattro comparti. A complicare ancor di più lo scenario sono intervenute le polemiche certo non costruttive tra i sindacati medici e quelli confederali i quali, con una lettera del 22 febbraio, hanno chiesto alla ministra Beatrice Lorenzin di intervenire per formare una unica area negoziale per tutta la dirigenza del Ssn. Tale richiesta appare veramente singolare per vari motivi.

Innanzitutto la legge vigente prevede una cosa diversa e la stessa legge 124/2015 (la delega Madia per la riforma della PA) ha preso nettamente la strada della differenziazione, puntualmente ricordata nella direttiva in questione. Inoltre la definizione delle aree negoziali non è un atto unilaterale del Governo né tantomeno del ministero della Salute ma un atto pattizio per cui la richiesta deve semmai trovare la propria base di discussione al tavolo negoziale laddove le loro Confederazioni di riferimento hanno sicuramente la netta maggioranza. Infine non si capisce in nome di chi parlino Cgil, Cisl e Uil di categoria, sicuramente non a nome della dirigenza professionale, tecnica e amministrativa che avrebbe tutto da guadagnare ad accorparsi con i dirigenti regionali. Sorge il sospetto che la richiesta sia una copertura surrettizia della polemica – ormai inarrestabile – circa il famoso “comma 566”, sempre più di attualità dopo l'iniziativa dell'Ordine dei Medici di Bologna. Ma cosa c'entri la dirigenza PTA e perché debba essere il capo espiatorio di polemiche altrui non è dato capire. L'unico dato certo che scaturisce dalla direttiva è la tornata è fissata nel periodo 2016-2018, con buona pace del secondo semestre 2015 che, almeno in base al disposto della Corte Costituzionale, aveva un proprio rilievo. Ma restano ancora tutti da definire altri vitali aspetti del rinnovo: su quale periodo temporale va fatta la verifica della rappresentatività, la definizione di “voci di carattere stipendiale” sulle quali applicare l'Ipca, chi e quando provvede alla disapplicazione delle clausole pregresse incompatibili, le caratteristiche della apposita “sezione” riservata alla dirigenza sanitaria. A tale ultimo proposito la direttiva non fa alcun cenno all'esistenza di tale sezione.
Infine, dal punto di vista squisitamente formale, ci si chiede il motivo per cui in indirizzo ci sia anche l'Upi dal momento che le Province sono soppresse.


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