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Medicina generale/ Pomo (Sisac): «Continuità di cure e medicina d’iniziativa daranno il colpo di grazia alle liste d’attesa»

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

Il coordinatore Sisac Vincenzo Pomo dà appuntamento ai sindacati per inizio di maggio, quando si apriranno le trattative per il rinnovo della Convenzione, che in circa 40 articoli darà corpo e sostanza all’atto d’indirizzo per la Medicina generale licenziato oggi dal Comitato di settore.

Una strada tutta in discesa, d’ora in poi?
Non ci preoccupa l’applicazione della legge Balduzzi del 2012 che riorganizza il territrio in Aft e Uccp: sono piuttosto gli aspetti pratici che vanno sviscerati per evitare contenziosi o interpretazioni difformi tra una Regione e l’altra. Penso, ad esempio, al ruolo unico in cui confluiranno medici di medicina generale a quota capitaria e medici ad ore, che prima garantivano solo la continuità dell’assistenza: questo cambiamento ci imporrà di analizzare nel particolare i meccanismi che consentiranno a tutti i camici bianchi in servizio di confluire in una graduatoria che tenga conto di differenti specificità e punteggi. L’aspetto più difficile è collegare vecchio e nuovo: punteggi, accesso alle graduatorie, che tipo di rapporto devono avere nelle Aft i colleghi che hanno già in carico gli assistiti e quelli che di assistiti ancora non ne abbiano. Va fatta chiarezza sulle “interferenze organizzative”. Entro fine aprile, in ogni caso, l’articolato sarà pronto. Oggi siamo a metà della scrittura.

Ciò premesso, quando andrà in porto il nuovo accordo?
Il mio obiettivo è firmare prima dell’estate: se ci diamo un termine più lungo vuol dire che si lavora male.

E i capisaldi del testo?
Va data concretezza alle norme già scritte e approvate dal Parlamento nel 2012 e che sono ancora inattuate, cioè la legge Balduzzi: stiamo cucendo un vestito nuovo alla Medicina generale e le nuove parole-chiave sono prevenzione, medicina d’iniziativa, presa in carico dei cronici. Ai pediatri si chiede poi di lavorare all’integrazione tra i colleghi per garantire maggiore copertura nelle ore diurne e di individuare i Lea - pediatrici, appunto - con cui affrontare anche nuove emergenze prettamente cronicizzanti, come l’obesità, che prelude a un assetto futuro complesso dell’individuo.
Altra grande novità è l’avvio, con la medicina d’iniziativa, di percorsi di presa in carico frutto della sintonia tra i distretti, che sono i terminali sul territorio delle Asl, e i medici di famiglia. L’obiettivo è concordare insieme i mezzi con cui raggiungere gli obiettivi di salute che le Regioni individueranno sulla base dei dati epidemiologici. Lo step successivo è porre la popolazione interessata “sotto tutela”, mettendo a punto precisi percorsi di presa in carico dell’assistito. Di nuovo, per l’età pediatrica, evolutiva per definizione, vanno indicate e declinate più nel dettaglio rispetto a oggi le azioni puntuali per step di età, a partire dal primo anno di vita.

Per i cittadini sarà una rivoluzione?
Di sicuro saranno avvantaggiati. Primo, perché tutta la medicina sta cambiando: basti pensare al fascicolo sanitario elettronico che consente al cittadino di partecipare alla gestione della sua salute, dalla nascita alla fine della vita. Poi, quando con i Pdta i cronici saranno presi in carico concordando con Regioni e società scientifiche percorsi condivisi, si riuscirà con la medicina d’iniziativa a programmare le prestazioni prenotandole nelle Uccp con i distretti, così che il cittadino sappia nel corso dell’anno quando e dove deve fare visite ed esami. Per tutte quelle prestazioni prese in carico puntualmente, le liste d’attesa dovrebbero scomparire: il cittadino non uscirà più dall’ambulatorio con la ricetta rossa, come accade oggi, per andare “a caccia” della prestazione, ma sarà inserito in un percorso utile per la salute e per i costi. Un meccanismo che se utilizzato in maniera giusta e virtuosa, abbatterà decisamente i tempi di cura.

E la continuità h16?
È anch’essa pensata per agevolare il cittadino facilitandone il contatto con il medico. I dati Agenas e regionali ci hanno guidato nel ripensare la continuità dell’assistenza: i codici bianchi in Pronto soccorso si concentrano infatti dalle 6 alle 9 di mattina e poi a metà mattina e nelle prime ore del pomeriggio. Ciò significa che la continuità dell’assistenza va garantita e promossa soprattutto durante il giorno. Oggi il cittadino vede le ore diurne in buona parte scoperte: la continuità al momento è intesa dalle 20 alle 8 della mattina, ma nelle altre ore del giorno cosa succede? Il cittadino ha a disposizione solo le poche ore in cui il suo medico di famiglia ha lo studio aperto. E poiché nessuno studio del medico è aperto dalle 8 alle 20, se non nelle associazioni di gruppo con sede unico, l’utente si trova scoperto.

Quindi, come si cambia?
La continuità è garantita dai medici del ruolo unico dalle 8 alle 24. Dalle 8 alle 20 i cittadini possono rivolgersi ai dottori a quota capitaria, integrabili in alcune fasce orarie dalla continuità assistenziale; dalle 20 alle 24 dal lunedì al venerdì e per tutte le 16 ore del sabato e della domenica medici la “copertura” spetta ai camici bianchi a rapporto orario. Ciò non comporterà un aumento del carico di lavoro per i professionisti del “118”, che certo non seguono i codici bianchi, ma porterà piuttosto un grosso sollievo al pronto soccorso nelle ore della mattina e del primo pomeriggio, che d’ora in poi saranno sempre garantire dal ruolo unico.

C’è chi teme una riduzione dell’orario delle ex guardie mediche e la perdita di posti di lavoro…
Spalmare diversamente gli orari, dalla notte alla mattina, non significa mandare a casa qualcuno, ma semplicemente ridistribuire il pacchetto di ore di cui ogni Regione dispone, secondo modalità più funzionali agli interessi dei cittadini.


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