Dal governo

Il nuovo codice in vigore da lunedì: tutte le novità

di Giuseppe Latour e Mauro Salerno

Due giorni per prepararsi a una rivoluzione nel settore degli appalti pubblici. Il Consiglio dei ministri ha appena approvato in via definitiva il nuovo codice dei contratti, che manda in pensione il vecchio testo unico (Dlgs 163/2006), un mostro normativo sottoposto a centinaia di correzioni nel corso degli ultimi anni. Il nuovo codice, destinato ad andare in Gazzetta Ufficiale già lunedì (con entrata in vigore il giorno stesso della pubblicazione) per rispettare i termini imposti dalla delega e dall'obbligo di recepire le direttive europee entro il 18 aprile, punta invece a una drastica semplificazione del quadro normativo. Non solo dal punto di vista del numero degli articoli, poco più di 200 contro gli oltre 600 di codice più regolamento appalti, ma soprattutto sul fronte dell'attuazione normativa, affidata alle più agili linee guida varate dall'Autorità Anticorruzione e adottate con un decreto del Mit. Il nuovo testo accoglie in gran parte le indicazioni arrivate dal Consiglio di Stato e dell'articolato parere messo a punto, in un testo gemello, dalle commissioni parlamentari.
«La corruzione si combatte mettendo regole più semplici e non complicate - ha detto il premier Matteo Renzi nella conferenza stampa a palazzo Chigi -. Il Codice degli appalti rappresenta un passaggio in avanti tutt'altro che secondario è un'operazione che continua nella direzione di sbloccare i lavori in Italia».

Molto cambierà, anche se non tutto da subito, per stazioni appaltanti e imprese.
L'Anac di Raffaele Cantone diventa il fuclro del nuovo sistema con decine di nuovi compiti (e poteri), che tra l'altro hanno già posto molti dubbi sulla capacità di farvi fronte a risorse invariate. Spetterà all'Anac qualificare le stazioni appaltanti, abilitandole a bandire le gare in funzione delle competenze e delle risorse possedute. Le imprese sranno giudicate anche sulla base di un rating di reputazione, conquistato sul campo, anche questo attribuito dall'Autorità di Cantone. Dioverse anche le misure mirate a tutelare le Pmi , anche se poi bisognerà testarne l'efficacia sul campo e verificare eventuale obiezioni di Bruxelles. Tra queste anche l'agevolazione del pagamento diretto per subappaltatori, cottimisti e fornitori del titolare del contratto proncipale. Per aggiudicare le gare d'appaltosaranno nominate commissioni esterne alle aministrazioni. L'obiettivo è rompere gli intrecci pericolosi tra funzionari della Pa e imprese scoperchiati spesso dalla magistratura. Anche qui è previsto l'intervento dell'Anticorruzione, chiamata a tenere l'albo dei commissari da estrarre a sorteggio gara per gara.

Grandi novità anche per i metodi di assegnazione delle commesse.
Il massimo ribasso sul costo a base d'asta, finora criterio principale di aggiudicazione dei contrattisarà meno usato. Anche se alla fine non è passata la il tagòlio radicale chiesto dal Parlamento. L'ultima versione del decreto resta ferma alla bozza varata dal governo a inizio marzo con il divieto di utlizzo del prezzo più basso sotto gli appalti di importo inferiore al milione. Il nuovo codice impone poi una netta separazione tra progettazione e costruzione, con l'addio all'appalto integrato e l'obbligo di mandare in gara la realizzazione delle opere solo su progetto esecutivo. Nel tentativo di arginare la lievitazione dei costi in cantiere arriva poi un tetto più basso per le varianti dovute a errori progettuali . Giro di vite sui subappalti, con tetto al 30% esteso a tutte le lavorazioni del cantiere. Anche sul fronte dei ricorsi arriva una stretta, con l'inaugurazioe di un nuovo rito, con decisioni più rapide, in Camera di Consiglio, sulle contestazioni legate alle ammissioni o alle esclusioni dalle gare, attivabile solo entro 30 giorni dalla pubblicazione degli elenchi delle imprese ammesse. Sulle grandi opere viene archiviata la legge obiettivo: i poteri decisionali su fondi e priorità delle infrastrutture passano a Porta Pia, senza passaggi al Cipe. Mentre, grazie agli interventi del Consiglio di Stato e (soprattutto) del Parlamento, arriva un'iniezione di trasparenza sui piccoli lavori, con gare obbligatorie per i lavori sopra 150mila euro (fino a oggi questa soglia era a un milione) .

Ora la grande incognita è legata alla fase di attuazione delle nuove regole.
Il codice entra in vigore subito, abrogando il vecchio Dlgs 163. Mentre per le linee guida dell'Autorità bisognerà aspettare ancora almeno due o tre mesi. Nel frattempo resterà in vita il vecchio regolamento (Dpr 207/2010) . Un assetto che certamente non mancherà di creare problemi di applicazione per le amministrazioni e stazioni appaltanti. A partire da come si faranno a gestire le gare d'appalto che impongono la presenza di commissari esterni estratti a sorteggio in assenza dell'albo affidato all'Anac. Senza contare gli oltre quaranta decreti attuativi previsti dal nuovo codice per completare la riforma.

I poteri dell’Anac
L'Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone diventa il perno del mercato degli appalti pubblici. Il nuovo Codice, come da previsioni, le attribuisce moltissimi nuovi poteri e le conferma quelli vecchi. In generale, l'Anac dovrà vestire i panni di organo di regolazione del mercato, preparando linee guida generali e di settore, oltre che determinazioni, bandi e contratti tipo o semplici atti di indirizzo: un ampio armamentario di strumenti che diventerà la mappa di stazioni appaltanti e operatori economici. Oltre a questo, arrivano molti altri poteri strategici, come la verifica delle varianti, per controllare possibili distorsioni e abusi. Tra le novità spicca la gestione di tutte le banche dati pubbliche del settore, con l'esclusione dell'Avcpass, che passa al ministero delle Infrastrutture. Resta aperto unicamente il nodo delle risorse, anche se sono allo studio interventi per permettere all'Authority di aumentare la sua capacità di spesa.

Linee guida
L'innovazione del Codice proseguirà anche a valle del decreto di recepimento delle direttive europee. L'Anac avrà, infatti, il compito di sottoporre al ministero delle Infrastrutture le sue «linee guida di carattere generale», da approvare con decreto dello stesso Mit: dovranno sostituire il vecchio regolamento. Una commissione sta già lavorando sul tema. L'idea è passare da un pacchetto di norme rigide a un sistema di “soft law”, proposto dal presidente dell'Anticorruzione, Raffaele Cantone. Le linee guida di carattere generale fisseranno il quadro, all'interno del quale, in una fase successiva, si inseriranno altri interventi più di dettaglio, come le linee guida dedicate ai singoli settori (ad esempio per i servizi di progettazione), i bandi e i contratti tipo. In questo modo, il mercato potrà contare su una guida fluida e costantemente aggiornata.

Subappalto
Limite al 30% per il subappalto. La cancellazione del tetto, ipotizzata nella prima versione, è una delle novità più significative del testo definitivo. Dopo le proteste del relatore della legge delega al Senato, Stefano Esposito è stata inserita all'ultimo momento una speciale salvaguardia: l'eventuale subappalto non potrà superare la quota del 30% dell'importo complessivo del contratto. Per gli appalti sopra la soglia comunitaria, poi, è obbligatoria l'indicazione in sede di offerta di una terna di subappaltatori, ma solo se i bandi o gli avvisi di gara lo prevedono in maniera espressa

Cabina di regia
Nel testo appena approvato viene confermata una delle novità più rilevanti. È, così, prevista la costituzione di una cabina di regia presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Avrà il compito di effettuare una ricognizione sullo stato di attuazione del decreto in fase di applicazione, di esaminare proposte di modifiche normative, di promuovere la realizzazione di un piano nazionale di procedure telematiche di acquisto. In più potrà promuovere accordi, protocolli di intesa, convenzioni, anche con associazioni private per agevolare la bancabilità delle opere pubbliche. Per evitare sovrapposizioni con l'Anac, è stato previsto che eventuali specifiche violazioni o problemi sistemici siano segnalati all'Anticorruzione che, così, manterrà saldamente tra le mani il pallino della regolazione. Sarà un decreto di Palazzo Chigi a stabilire la composizione e le modalità di funzionamento della cabina di regia.

Fase transitoria
Il problema della fase transitoria nasce dalla scelta di operare un'abrogazione secca del vecchio Codice e del vecchio regolamento, già a partire dal prossimo 18 aprile, senza periodi di adattamento. Un taglio drastico che potrebbe generare buchi, vuoti normativi e, quindi, problemi notevoli per gli operatori. Norme alla mano, sono molte le situazioni di possibile pericolo. Come nel caso della fase esecutiva dei contratti, delle commissioni giudicatrici, delle attestazioni Soa e della pubblicità dei bandi.

Legge obiettivo addio
Il nuovo Codice appalti cancella la “legge obiettivo” introdotta dal governo Berlusconi II nel 2002. Il che significa due cose. Primo: cessa di esistere il Programma delle opere strategiche che conta oggi mille lotti per un valore di 285 miliardi di euro. A guidare sarà il Piano generale dei trasporti e della logistica (Pgtl), con le linee strategiche per la mobilità di persone e merci, da approvare ogni tre anni su proposta Mit e delibera Cipe. Poi, entro aprile 2017, il Dpp - stesso iter - conterrà l'elenco delle opere meritevoli di finanziamento. Non c'è più la lista delle opere di serie A, ma un'unica programmazione nazionale. Secondo: niente più procedure speciali con delibere Cipe. Tutte le opere vanno in Conferenza di servizi, con le regole del Dlgs Madia: tempi certi e possibilità di scavalcare i veti della Via e degli enti di tutela con delibera del Consiglio dei ministri.

Piccoli lavori
Iniezione di trasparenza per i piccoli lavori. Addio alle trattative private senza bando sotto l'importo di un milione di euro. La nuova soglia per fare a meno delle gare scende a 150mila euro. Con gradi di coinvolgiumento delle imprese diversi a seconda del valore degli interventi, ma comunque sempre con una gara preceduta da un bando, sopra la soglia dei 150mila euro, mentre per i lavori sotto 40mila euro resta la possibilità di affidamento fiduciario. Riepilogando: per i lavori tra 40mila e 150mila euro la stazione appaltante può affidare l'intervento con una procedura negoziata invitando almento cinque imprese. Tra 150mila e 500mila euro scatta l'obbligo di procedura ristretta con invito di almento 10 operatori. Mentre sopra i 500mila euro diventano obbligatorie le procedure ordinarie.

Addio massimo ribasso
L'offerta economicamente più vantaggiosa diventa il criterio prevalente: dovrà essere utilizzato sempre al di sopra di un milione di euro per i lavori e i 209mila euro per i servizi e le forniture. Per comporre le commissioni saranno utilizzati gli elenchi dei commissari tenuti dall'Anac, ma solo sopra la soglia comunitaria di 5,2 milioni di euro. Al di sotto di questo limite le stazioni appaltanti potranno nominare commissioni interne. Una deroga viene prevista per Consip, Invitalia e per i soggetti aggregatori regionali: potranno fare ricorso sempre a loro commissari, purché presenti negli elenchi Anac.

Qualificazione imprese
La qualificazione delle società di attestazione resta in vita. Alla fine il Governo ha deciso di non smontare il sistema delle Soa per come è strutturato adesso. Bisogna ricordare, infatti, che nelle prime bozze del provvedimento Palazzo Chigi aveva ipotizzato di portare fino a un milione di euro il tetto al di sotto del quale la qualificazione viene fatta direttamente dalle stazioni appaltanti, gara per gara. Le imprese, per i lavori pubblici sopra la soglia dei 150mila euro, dovranno passare dalle attestazioni Soa, come avviene ora. Sopra i 20 milioni di euro, le stazioni appaltanti potranno chiedere una qualificazione rafforzata, integrando i requisiti base con elementi aggiuntivi a loro discrezione. Entro un anno un decreto del Mit, sentita l'Anac, potrà individuare nuove modalità di qualificazione.

Rating di impresa
Arriva il rating di impresa targato Anac. Il Codice per la prima volta introduce un sistema in grado di valutare la storia dell'impresa, al di là della qualificazione. Sarà modellato sul rating di legalità, che oggi viene utilizzato dall'Antitrust nell'ambito dei finanziamenti privati e pubblici. Il decreto di attuazione della legge delega, però, non definisce nel dettaglio il funzionamento dal nuovo sistema. Sarà l'Anac a fissare, in una seconda fase, i principi di questo sistema di valutazione, che andrà a integrare la normale qualificazione. Racconterà, di fatto, il curriculum e la storia di ogni impresa, i suoi precedenti lavori, gli eventuali ritardi, i contenziosi, il rispetto dei costi, le irregolarità nei pagamenti dei contributi previdenziali.

Conflitto di interessi
Le stazioni appaltanti, come avviene adesso, escludono in ogni momento dalla partecipazione ad appalti o subappalti i soggetti condannati in via definitiva per alcuni reati: partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, reati terroristici, riciclaggio, lavoro minorile. Altro punto nel mirino saranno le violazioni gravi, definitivamente accertate, in materia fiscale o di contributi previdenziali. Le pubbliche amministrazioni, però, incassano diverse prerogative nuove. La stazione appaltante, infatti, potrà dimostrare che l'impresa si è resa colpevole di gravi illeciti professionali o di significative carenze in un precedente contratto, che ha concluso accordi e ha posto in essere pratiche per falsare la concorrenza, che ha tentato di influenzare un'aggiudicazione, che si trova in una situazione di conflitto di interessi. Seguendo un modello anglosassone, allora, la Pa potrà scandagliare la condotta dell'impresa.

Qualificazione delle stazioni appaltanti
Il sistema di qualificazione delle pubbliche amministrazioni è una delle novità più importanti del nuovo testo. Sarà modellato su quello degli operatori economici. Anche le stazioni appaltanti, come le imprese, dovranno infatti dimostrare di rispettare requisiti prefissati dall'Anac. Il meccanismo di qualificazione sarà, allora, organizzato sulla base della complessità dei contratti e per fasce di importi. L'Anticorruzione valuterà quattro requisiti di base: strutture organizzative, presenza nella struttura di dipendenti con competenze specifiche, sistema di formazione ed aggiornamento del personale, numero di gare svolte nel triennio. Oltre a questi, ci saranno alcuni requisiti premianti: attuazione di misure di prevenzione dei rischi di corruzione, sistemi di gestione della qualità, disponibilità di tecnologie telematiche, livello di soccombenza nel contenzioso, applicazione di criteri di sostenibilità ambientale.

Aggregazioni tra stazioni appaltanti
Vincoli strettissimi per le stazioni appaltanti, a partire dai Comuni. È certamente uno dei passaggi più innovativi del nuovo testo: le amministrazioni non potranno più, come avviene adesso, fare gare per qualsiasi importo. Il Codice, invece, fisse due soglie molto basse: 40mila euro per servizi e forniture e 150mila euro per i lavori. Sotto questo tetto ci si muove liberamente. Al di sopra, invece, scatta una tagliola: solo le amministrazioni in possesso della qualificazione dell'Anac potranno fare le gare. Tutte le altre Pa dovranno rivolgersi per forza a una centrale di committenza. Ma non solo. Entro una seconda soglia (fino a un milione di euro per i lavori) bisognerà passare comunque da strumenti telematici di negoziazione delle transazioni, simili a quelli già utilizzato da Consip. Per i Comuni non capoluogo, invece, c'è un altro vincolo: dovranno usare la centrale oppure consorziarsi tra di loro per fare le gare.

Progettazione
Il capitolo sulla progettazione è pieno di sorprese dell'ultima ora. Viene cancellata la cauzione a corredo dell'offerta, che era entrata nella prima bozza. Mentre non viene accolta l'indicazione del Parlamento di rendere vincolante per le stazioni appaltanti l'utilizzo dei parametri di riferimento per determinare gli importi da porre a base delle gare di progettazione. Il limite al di sotto del quale è possibile utilizzare la procedura negoziata viene portato a 100mila euro, come nel sistema attuale, contro la prima ipotesi a 209mila euro.

Appalto integrato
Se non diversamente previsto dal Codice, gli appalti relativi ai lavori sono affidati ponendo a base di gara il progetto esecutivo, “il cui contenuto garantisce la rispondenza dell'opera ai requisiti di qualità predeterminati” e, nel contempo, dà certezza al rispetto dei tempi e dei costi previsti. E' la morte dell'appalto integrato, l'affidamento dell'esecuzione e della progettazione di lavori. Le uniche eccezioni sono previste in materia di contraente generale e di partenariato pubblico privato.

Due per cento
Cambia la ragione sociale del due per cento. L'incentivo storicamente dedicato ai dipendenti della pubblica amministrazione non sarà più destinato alle attività di progettazione, come avviene ora, accogliendo una richiesta storica dei progettisti privati. Il due per cento degli importi posti a base di gara sarà, invece, usato solo per compensare le attività di programmazione della spesa per investimenti, di predisposizione e di controllo delle procedure di bando e di esecuzione dei contratti pubblici, di responsabile unico del procedimento, di direzione dei lavori e di collaudo tecnico amministrativo, di verifica. Insomma, l'amministrazione si occuperà della fase di programmazione delle opere, del controllo, delle verifiche e dei collaudi, svolgendo quindi soprattutto un ruolo di coordinamento e di superivisione. La progettazione, invece, andrà appaltata all'esterno, per garantire una maggiore qualità.

Concessioni
A guidare la parte del nuovo Codice dedicata a concessioni e Ppp è la direttiva europea 2014/23. Debutta allora l'obbligo di trasferire ai privati il “rischio operativo”, un concetto più forte rispetto a oggi (rischio potenziale fino all'investimento totale, senza garanzie pubbliche). Il financial closing, fra l'altro, deve arrivare entro un anno dalla firma del contratto, pena la sua risoluzione «di diritto». Tuttavia, sempre in base alla direttiva, si ampliano i casi nei quali può essere variato il contratto “in corso d'opera”: per tutte le situazioni previste già nel bando di gara, per lavori o servizi aggiuntivi non sottoponibili a gara, per circostanze imprevedibili. Qui il Codice mette un paletto in più: tutte le modifiche insieme non possono superare il 30% del valore della concessione. Debutta poi il Ppp, sempre con rischio operativo al privato, un insieme di contratti (disponibilità, leasing, finanza di progetto) dove il privato costruisce e gestisce opere ripagate da un canone pubblico.

Lavori dei concessionari
Confermata la norma della delega che obbliga i concessionari in essere, non affidatari con procedura ad evidenza pubblica o «con la formula della finanza di progetto», a mettere in gara con procedura ad evidenza pubblica almeno l'80% del valore dei lavori (servizi o forniture, a seconda della casistica), purché si tratti di contratti di lavoro, servizi e forniture di importo superiore a 150mila euro. Quest'obbligo di gara (80%) non scatta subito, ma tra due anni («le concessioni già in essere si adeguano entro 24 mesi dall'entrata in vigore del Codice»), e cioè a partire dal 18 aprile 2018. La verifica del rispetto del limite dell'80% sarà a carico dell'Anac, che potrà sanzionare le violazioni più gravi.

Autostrade scadute
Per quanto riguarda le autostrade, si stabilisce che le concessioni scadute (alla data di entrata in vigore del Codice) devono andare in gara entro sei mesi (sempre dall'entrata in vigore); ove la scadenza avverrà nei 24 mesi successivi a tale data, la gara deve essere avviata «nel più breve tempo possibile». Tuttavia già sappiamo che il Ministro Graziano Delrio, utilizzando le norme sull'in house, sta derogando a questi principi generali nel caso di AutoBrennero e Autovie Venete. Per le opere non completamente ammortizzate alla scadenza della concessione, «il concessionario uscente ha diritto a un indennizzo da parte del concessionario subentrante». Per le concessioni autostradali il rischio operativo da trasferire al privato deve comprendere anche il rischio traffico, una norma che appare limitativa perché anche all'estero esistono Pf autostradali con rischio traffico non trasferito al privato e invece canoni variabili in base a parametri di disponibilità.

Débat public
Il dibattito pubblico alla francese entra nel nostro sistema e diventa obbligatorio per le grandi opere infrastrutturali aventi impatto rilevante sull'ambiente, sulle città e sull'assetto del territorio, «individuate per tipologia e soglie dimensionali con decreto del MIT, su proposta del Consiglio superiore dei lavori pubblici». L'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore proponente l'opera soggetta a dibattito pubblico convoca una conferenza cui sono invitati gli enti e le amministrazioni interessati, e altri portatori di interessi (ivi compresi comitati di cittadini), che abbiano già segnalato agli enti locali territoriali il loro interesse. Nella conferenza si definiscono le modalità del dibattito pubblico che, in ogni caso, deve concludersi entro quattro mesi dalla predetta convocazione. Il parere al quale si giunge non è vincolante, ma dovrà essere valutato dall'amministrazione in fase di definizione del progetto definitivo.


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