Dal governo

Renzi: arrivano 2,5 miliardi alla ricerca e 1 di fondi Ue alla cultura

di Eugenio Bruno e Emilia Patta

Un Cipe straordinario per stanziare 2,5 miliardi di euro sulla ricerca e un miliardo di euro sulla cultura. Lo annuncia lo stesso Matteo Renzi in una e-news “di agenda”, in cui - lasciando del tutto fuori dall'orizzonte di Palazzo Chigi le polemiche sul caso giudiziario che ha coinvolto il Pd campano - mostra un governo tutto proteso nell'impegno per il Sud (dopo il patto per la Campania, nel week end sarà siglato quello per la Calabria, per Palermo e per Catania) e più in generale nell'impegno per sbloccare fondi europei congelati da tempo. «Domenica 1° maggio onoriamo la Festa del lavoro non solo con le cerimonie ufficiali ma con un Cipe straordinario che stanzierà 2,5 miliardi di euro sulla ricerca e un miliardo sulla cultura - scrive il premier -. Il lavoro che verrà in Italia sarà creato anche e soprattutto dalla scommessa sul Capitale umano: ricerca e cultura smettono di essere i settori da tagliare e diventano quelli su cui investire».

Il miliardo che il Cipe stanzierà per la cultura non è quello già previsto dalla legge di stabilità (il bonus cultura di 500 euro per i diciottenni, per intendersi). Si tratta di stanziamenti nuovi, derivanti dai fondi Ue, che saranno impiegati per una grande opera di “bonifica” dei beni culturali del nostro Paese. Saranno interessati tutti i cantieri aperti e bloccati da anni: dal restauro all'ampliamento delle strutture museali (come Pompei, gli Uffizi, Capodimonte) fino alla valorizzazione di beni di valore culturale che strutture museali non sono. Dal Nord al Sud saranno interessate tutte le Regioni. E l'operazione avrà naturalmente un impatto sull'economia, anche in termini di creazione di posti di lavoro, per il coinvolgimento di imprese e di tecnici: il moltiplicatore usato al ministero dei Beni culturali è di 1 a 1,7, quasi un raddoppio.

Sull'altro fronte, quello della ricerca italiana, la grande attesa sta per finire. Dopo oltre due anni di annunci e altrettanti rinvii il piano nazionale (Pnr) sembra finalmente pronto. Il documento con le linee guida per gli investimenti in innovazione - che aveva ottenuto l'ok preliminare del Consiglio dei ministri il 30 gennaio 2014, quando a Palazzo Chigi sedeva ancora Enrico Letta, ma che subito dopo era scomparso dai radar del governo salvo ricomparire di volta in volta nei mesi scorsi senza però riuscire mai ad arrivare al Cipe - ha un merito principale: individuare le risorse a disposizione e stabilire gli interventi da finanziare.

Partiamo dal primo punto. Il valore della posta in gioco l'ha annunciato lo stesso Renzi: 2,5 miliardi. O giù di lì. Agli 1,9 miliardi già in dotazione al Miur per il biennio 2016-2017 vanno aggiunti i 500 milioni provenienti dal Fondo sviluppo coesione. Ma si tratta solo della dote di partenza perché il documento in realtà abbraccia un arco di tempo più ampio. Per raccordare meglio la strategia nazionale con quella comunitaria di Horizon 2020 il programma nazionale della ricerca arriva infatti alla fine del decennio. In ballo nel complesso ci sono circa 14 miliardi, di cui 4,6 provenienti dai “forzieri” di viale Trastevere e il resto di matrice comunitaria tra Por e H2020. A patto - sia chiaro - di riuscire a migliorare le performance di aggiudicazione dei progetti europei. Al momento siamo fermi al 7,8% e, per rispettare i target indicati nel Pnr, dobbiamo invece arrivare al 10 per cento.

Passando ai contenuti, il lavoro serrato delle scorse settimane tra i tecnici del Miur e quelli di Palazzo Chigi, con in testa il sottosegretario alla presidenza Tommaso Nannicini, ha portato a un riequilibrio delle dotazione tra le varie voci. Con un occhio di riguardo per alcuni temi sensibili, ad esempio la capacità di intercettare i bandi Erc ai quali dovrebbero andare 244 milioni sul miliardo circa a disposizione della macro-voce “capitale umano” da qui al 2017. Capitale umano che sarà affiancato da altre cinque priorità: internazionalizzazione, infrastrutture di ricerca, pubblico-privato, Sud, efficienza e qualità della spesa. Ognuna citata nel Pnr con un proprio budget a disposizione e una propria “linea di finanziamento”.


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