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Antitrust, vaccini: più concorrenza per abbassare i prezzi. Mercato mondiale da 23 mld in mano a 4 big. L’indagine conoscitiva Agcom

di Lucilla Vazza

L’oligopolio nel mercato dei vaccini non porta risparmi. Nel mondo sono quattro imprese multinazionali, GlaxoSmithKline, Sanofi Pasteur, Merck Sharp & Dohme e Pfizer, che detengono oltre l'80% in valore delle vendite complessive, in un settore con un fatturato complessivo che supera attualmente i 20 miliardi di euro ed è da anni in forte crescita. E in Italia dal 2010 al 2015 ogni anno si sono spesi 300 milioni per i vaccini essenziali, quindi esclusi quelli antinfluenzali. Il quadro generale lo ha tracciato l’indagine conoscitiva “I mercati dei vaccini a uso umano”, presentata oggi dall’Antitrust.

Questo trend - rileva l'Autorità presieduta da Giovanni Pitruzzella - dipende in gran parte dallo sviluppo di prodotti innovativi che hanno prezzi ben più elevati di quelli tradizionali e sono coperti da esclusive di brevetto particolarmente complesse. Un ostacolo per lo sviluppo di versioni generiche dei vaccini, in misura anche superiore agli altri mercati farmaceutici, con fenomeni di “product differentiation” che rendono più difficile la sostituibilità tra prodotti destinati a prevenire la stessa malattia. Per i vaccini, al contrario di quanto accade per i farmaci biologici - ha evidenziato Luca Arnaudo, che ha curato l'indagine - non è stato previsto alcun meccanismo di promozione della genericazione: c'è un'inesistenza di percorsi agevolati per la produzione di vaccini generici e questo crea un'opacità di fondo delle politiche di prezzi».

Ma c’è una criticità tutta italiana: quasi tutti i vaccini rientrano tra i farmaci di fascia C con prezzo al pubblico liberamente determinato dalle imprese. La normativa vigente vincola poi le offerte di prezzo a sconti obbligati al Servizio sanitario nazionale, «ma, sottolinea il report, il sistema è poco trasparente e scarsamente efficiente, ed i prezzi si allineano comunque a quelli di altri paesi».

E va sottolineato che vi è un’elevata difficoltà nel reperimento di informazioni affidabili relativamente ai prezzi applicati per un medesimo prodotto vaccinale ad acquirenti diversi: «tali difficoltà sono spesso riconducibili alla riservatezza delle informazioni di prezzo che i venditori impongono agli acquirenti, perlopiù per mezzo di accordi bilaterali». Da qui l'invito dell'Antitrust a valutare «la legittimità di eventuali accordi di riservatezza in maniera rigorosa, caso per caso».

“Prezzi a strati” sotto la lente
Il nodo è dunque rappresentato dalle politiche commerciali adottate dai principali operatori (in particolare il tiered pricing o “prezzi a strati”, a cui si aggiungono di frequente accordi di riservatezza sui prezzi praticati) comportano per i centri di spesa la difficoltà di definire in maniera congrua i propri acquisti. Nella percezione comune, tuttavia, i vaccini continuano a essere considerati farmaci tradizionali, economici e facilmente disponibili. Lo studio dell'Autorithy suggerisce perciò interventi mirati - indicandoli in termini puntuali - per superare tali criticita' concorrenziali, da adottarsi e condividere a livello internazionale.

Italia verso l’aggregazione delle centrali d’acquisto
Per l'Italia l'Antitrust ha preso atto positivamente del processo attualmente in corso di riaggregazione della domanda pubblica intorno a un numero limitato di centrali di acquisto, considerandolo idoneo a bilanciare la concentrazione dell'offerta (countervailing buyer power). Si legge nella nota che «è necessaria però una maggiore trasparenza informativa, a partire dalla più agevole disponibilità dei dati di aggiudicazione delle gare di appalto, in funzione della loro elaborazione per valutazioni di benchmark, oltre a buone pratiche amministrative».


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