Dal governo

De Biasi la pasionaria: riforma Aifa, Iss e Agenas in fretta, per decreto. Dialogo per le competenze, ma «la professione medica resta centrale». Parità uomo-donna negli Ordini

di r.tu.

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24 Esclusivo per Sanità24


Emilia De Biasi, la pasionaria relatrice dell'ex Ddl omnibus che ieri ha tagliato il primo traguardo al Senato, non è tra coloro che cercano rivincite. Con «tenacia», lo dice lei stessa, ha portato a casa il risultato: «Una battaglia non si vince mai in solitudine», si affretta però a precisare. Non senza gettare nella mischia un pacchetto di misure, appunto, da mischia rugbistica: risolvere l'intrigo delle competenze tra medici e infermieri con un lavoro d'insieme tra le categorie, ma - attenzione - ben sapendo che «lavorare insieme non significa annullare i medici. L'esistenza delle professioni non può mai significare l'emarginazione della professione medica, che continua a essere centrale». E «lo dice - aggiunge - chi sa bene quanto valgano le professioni sanitarie». E poi, altra bombetta lanciata in campo, la riforma di Aifa, Iss e Agenas con decreto legge (da discutere con le Camere) perché sono «riforme urgenti e non c'è tempo da perdere». E, tanto per gradire, ecco ancora l'invito alla Camera e al Governo di pensare al riequilibrio della rappresentanza femminile-maschile negli Ordini.

Con la legge, giura Emilia De Biasi, «si apre una nuova stagione». Vedremo se sarà estate o inverno, autunno o primavera.

Presidente De Biasi, ci sono voluti 900 giorni, ma ce l'ha fatta a portare a casa il cosiddetto “Ddl omnibus”. Roba da pasionaria…
Queste non sono battaglie che si vincono in solitudine. È stato un lavoro collettivo in Parlamento, con la necessaria presenza del Governo e in particolare del sottosegretario De Filippo che desidero ringraziare ancora. E' stato naturalmente necessario tessere i rapporti e condividere le scelte con Mef, Università e ricerca. Ovviamente anzitutto col ministero della Salute. Alla fine credo che abbia vinto la mia tenacia di fare da collante per un risultato che non esito a definire storico. Se a qualcuno è sfuggito che parliamo di un milione e duecentomila operatori che attendono la legge da 14 anni…
Quale è stato il momento più difficile in questi quasi tre anni?
Quando il provvedimento è sparito dai radar in commissione Bilancio e se ne sono letteralmente perse le tracce. Ma evidentemente i problemi non erano solo di quattrini. Anche se noi in commissione Sanità eravamo pronti a procedere.
Problemi politici, qualcuno remava contro?
Diciamo che per un anno qualcuno ha cominciato a pensare che non se ne sarebbe fatto più niente. Poi, quando dopo infinite insistenze il provvedimento è all'improvviso riemerso dalle acque, c'è stato un impazzimento. Quelli che per tre anni non avevano aperto bocca o fatto un minimo cenno, alè, si sono scatenati, come sempre, all'italiana...
Qualcuno però è rimasto a bocca asciutta nel mondo delle professioni. O l'ha presa male: penso alla querelle dei fisioterapisti verso gli osteopati.
Quella vicenda è andata oltre ogni immaginazione. Sia chiaro: la dialettica democratica si rispetta sempre e non si mette in discussione. Peccato però che a un certo punto sia culminata ben oltre gli atteggiamenti fisiologici del dissenso, per tradursi in insulti e minacce molto pesanti. Inaccettabili.
E adesso?
Adesso portiamo a casa il risultato e con questa legge potremo aprire una nuova stagione. Quella della convivenza tra i medici e le professioni sanitarie. E poi all'interno delle professioni potremo costruire anche una nuova convivenza. Perché, non scordiamolo, fatta la legge andranno fatti i decreti attuativi. E lì si giocherà tantissimo.
Aspettando la Camera, che prevedibilmente ci metterà mano. Quali tempi si aspetta da Montecitorio?
E' naturale e in un certo senso scontato che nella seconda lettura possano esserci dei cambiamenti. Lo faremo anche noi con la responsabilità professionale. Ma io spero, e credo, che la Camera farà presto. L'importante è che l'ossatura della legge resti questa. Per essere esplicita, io credo che il riconoscimento delle figure di osteopata e chiropratico siano due elementi di rilevante novità e ritengo che vadano valutate – ma questo è compito più del ministero - le richieste di inserimento di alcune professioni di alcune che sono rimaste escluse. In ogni caso desidero aggiungere, perché sia ben chiaro, che il provvedimento non è solo per le professioni sanitarie, ma anche per i medici, eccome.
Perché nella grande fenomenologia delle professioni c'è tanta voglia di Ordine? Proprio quanto l'Antitrust condanna da anni e anni…
Anche i più feroci detrattori degli Ordini ormai hanno capito che nel campo sanitario gli Ordini sono assolutamente indispensabili. Lo dice l'Europa, lo dicono fior forte di giuristi. E questo perché abbiamo a che fare con la salute: gli Ordini sono un luogo di salvaguardia rispetto all'abusivismo professionale che in campo sanitario è particolarmente pericoloso. Senza trascurare la tutela deontologica. Due aspetti, la tutela dall'abusivismo dei finti professionisti e l'etica professionale, che poi sono altrettante garanzie per gli assistiti.
Peraltro, non crede che gli Ordini dovrebbero fare più nettamente piazza pulita al loro interno, e con le armi che hanno, dei professionisti indegni?
Non c'è dubbio alcuno. Ne sono convinta e spero che questo disegno di legge possa dare una mano, pur nella piena autonomia degli Ordini. La nuova legge è un invito a essere rigorosi, anche fino alle estreme conseguenze.
Il punto chiave del Ddl che più le sta a cuore?
La medicina di genere. E' la prima volta che viene scritta nel diritto del nostro Paese. E si sappia bene che non stiamo parlando della “questione femminile”. La medicina di genere non è la “medicina delle donne” o “per le donne”, ma tiene conto del fatto che donne e uomini hanno reazioni e corpi differenti. Superiamo i luoghi comuni. Stiamo parlando di un approccio che tenga conto che i corpi femminile e maschile sono due e distinti. Questa sarà una rivoluzione. E potrebbe esserlo anche in un altro senso…
Cioè?
Penso a un aspetto di cui la legge non parla, che è a cavallo tra gli Ordini e la medicina di genere: il riequilibrio della rappresentanza tra uomini e donne all'interno degli Ordini. È un invito che faccio alla Camera e al Governo: la necessità di esplicitare l'art. 51 della Costituzione sulle pari opportunità nella vita pubblica tra uomini e donne, anche all'interno degli Ordini e delle professioni. Si può fare. È un’occasione magnifica.
Poi immagino la norma sul parto indolore, tra i punti clou.
Con i Lea, che mi auguro vivamente vengano liberati rapidamente dall'Economia. Sono il cuore del Ssn. Ma a proposito di parto, va specificato che abbiamo aperto anche alle metodiche del parto fisiologico. Non è detto infatti che l'eccessiva medicalizzazione sia sinonimo di sicurezza. E' la sicurezza assoluta del parto a contare, senza interferire col parto naturale o indolore.
Purché non resti solo un manifesto, una cartolina, non si può non essere d'accordo sulle pene contro chi maltratta anziani e disabili nelle strutture sanitarie e d'ospitalità. Detta d'impeto, buttiamoli in galera e gettiamo le chiavi…
Verrebbe da pensarlo, ma noi siamo per un diritto mite… Ma con la certezza della pena. Ribadisco: la cer-tez-za della pena. È una cosa incivile leggere ancora oggi di maltrattamenti nelle case protette sui malati psichici, o nelle case di riposo verso gli anziani e i non autosufficienti. La nuova norma c'è. Vorrei che ci fossero sempre e in pieno anche le Regioni.
Presidente, la riforma degli enti vigilati dal ministero – parlo di Aifa, Iss, Agenas – era nella parte stralciata dal Ddl: che se ne farà adesso? La riprenderete in mano?
L'urgenza della riforma degli enti vigilati non può far parte di un Ddl omnibus, né può camminare lentamente. Sono riforme urgenti e io credo che la cosa migliore sarebbe un decreto del Governo su cui discutere in Parlamento. Il problema è quello della tempistica, perché il problema è serio. Stiamo parlando di riordini indispensabili e da fare in fretta.
Presidente su competenze e comma 566 farete niente? Riuscirete mai a mettere pace nella guerra permanente tra due mondi così distanti come quelli dei medici e degli infermieri?
Devono lavorare insieme e soprattutto capire che sono ruoli differenti. Senza subalternità. Ognuno può pensarla come vuole, ma attenzione: prima di tutto deve essere molto chiaro che lavorare insieme non significa annullare i medici. L'esistenza delle professioni non può mai significare l'emarginazione della professione medica, che continua a essere centrale. E lo dice chi sa bene quanto valgano le professioni sanitarie.


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