Dal governo

Privacy: la tecnologia insidia i diritti, serve rispettare il principio di proporzionalità

di Antonello Cherchi

La tecnologia insidia la privacy. Non bisogna lasciarsi ammaliare dalle lusinghe delle potenzialità del web, che rende la vita più semplice grazie ai nuovi servizi, ma spesso a prezzo della perdita della nostra identità. I dati personali hanno infatti un grande valore economico, come dimostra la crescita del crimine informatico, che a livello mondiale ha raggiunto i 500 miliardi l'anno - poco dietro il narcotraffico - e in Italia nel 2015 è aumentato del 30 per cento.
Il monito arriva dal Garante della privacy, Antonello Soro, che ieri ha presentato al Senato, alla presenza del presidente di Palazzo Madama Pietro Grasso, la relazione sull'attività svolta dall'Authority nel 2015.
È «indispensabile - ha sottolineato Soro - promuovere una maggiore consapevolezza sulle intrinseche ambivalenti potenzialità che ogni tecnologia può comportare», in modo da «contrastare l'idea che sia inesorabile una progressiva riduzione degli spazi di libertà e intimità individuale».
La posta in gioco è alta e coinvolge la nostra riservatezza e con essa la nostra autonomia: «si pone un problema di libertà - ha affermato il Garante - se nell'economia fondata sui dati» non siamo capaci di proteggerli. Complice anche il fatto che il potere di profilazione è in mano a poche aziende, e questo «condiziona sempre più il mercato mondiale dei consumi e, più in generale, orienta le scelte personali».
Un argine è il modello europeo di tutela della privacy, modello che rappresenta, secondo Soro, un'«autentica bussola nel pianeta connesso» e può diventare «lo strumento attraverso il quale le nostre imprese possono competere con i giganti del web e trovare un ruolo non subalterno nella geografia dell'economia mondiale».
Per evitare uno sbilanciamento dei diritti bisogna sempre di più fare riferimento al principio di proporzionalità. Lo si deve fare nel campo del lavoro, dove la riforma del Jobs Act ha imposto nuove regole in materia di controllo a distanza; in quello della trasparenza pubblica, che ha ampliato il diritto di accesso dei cittadini agli atti della Pa; nella digitalizzazione della sanità; nella giustizia, che nelle indagini tradizionali utilizza strumenti pervasivi come i software-spia; nella lotta al terrorismo, dove non è la massiccia raccolta di dati ad aiutare le attività di intelligence, ma la loro interpretazione. Come ha ricordato Grasso, «spiare tutti non è possibile e non serve a niente».


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