Dal governo

Nuovi Lea, Assobiomedica: «Innovazione e hi-tech queste sconosciute»

di Fernanda Gellona (direttore generale di Assobiomedica)

I cosiddetti “nuovi” Lea, attesi da febbraio 2015, ancora non vedono la luce dopo ormai 17 mesi di attesa e rischiano di non essere approvati nella loro forma definitiva nemmeno oggi, che dovremmo essere al giro di boa, ovvero solo in attesa dell’avallo delle Regioni e sul quantum della copertura finanziaria. Il testo inviato alle Regioni, che il Sole24Ore Sanità ha anticipato, deve dunque essere ancora approvato. Ad ogni modo, stando a quanto pubblicato, rispetto alla bozza di febbraio 2015, ci sono alcune novità, anche se la maggior parte erano già contenute nella bozza precedente. Per la prima volta compare, nella nota tecnica, l’illustrazione dettagliata delle stime dell’impatto che porterebbero a 771,8 mln, quindi, se così fosse, si riuscirebbe a stare dentro gli 800 mln destinati dalla Stabilità 2016.

Tuttavia, a quella cifra si arriva calcolando i costi generati dalle prestazioni già presenti nei vecchi Lea più quelle aggiuntive, che ammonterebbero a 2 miliardi di euro in totale, ma sottraendo a questi i risparmi conseguibili dall’eliminazione delle prestazioni obsolete o dal passaggio a un regime diverso e più appropriato; dalle maggiori entrate connesse alla partecipazione ai costi per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e, infine, quelle economie derivanti dall’implementazione di gare per dispositivi medici monouso, che prima non venivano acquistati con questa modalità.

Ma sono proprio questi conti a preoccupare (non solo) le Regioni. Una parte dei risparmi viene ottenuta dall’aggiornamento della lista delle prestazioni erogate in ricovero ordinario, ma potenzialmente inappropriate ed erogabili in regime ambulatoriale, e dal passaggio di alcune prestazioni da regime di day surgery ad ambulatoriale.

Ai nomenclatori della specialistica ambulatoriale sono state apportate modestissime variazioni che, a nostro avviso, non vanno sempre nella direzione di includere prestazioni tecnologicamente avanzate, prendendo il posto di quelle obsolete. Questo riguarda anche la categoria dei presidi per persone con diabete. In altri casi, invece, come nel caso degli ausili monouso, le modifiche sembrano in linea con l’evoluzione tecnologica oggi disponibile.

Nel campo dell’assistenza specialistica ambulatoriale, in particolare in alcune branche, l'innovazione tecnologica negli ultimi anni è stata considerevole e, in alcuni casi, ha determinato procedure differenti per effettuare prestazioni che non erano previste nel 1996, anno di nascita del nomenclatore in vigore. Il mancato aggiornamento delle liste di prestazioni ha finora comportato, tra l’altro, che nell’erogazione e nei meccanismi di remunerazione ci si è dovuti adattare a liste vecchie che non rispecchiano né l’evoluzione della pratica clinica né l’esistenza di dispositivi medici innovativi.

Se lo sfasamento di queste due velocità sarà risolto solo parzialmente, non si otterrebbero gli enormi vantaggi in termini di sostenibilità, trasparenza, efficacia, efficienza ed equità per i pazienti. Un ulteriore punto di attenzione è relativo alle modalità di erogazione dei dispositivi inseriti nell’assistenza protesica, in particolare le protesi acustiche, per le quali si ipotizza uno stravolgimento. Tali modifiche, se confermate, metterebbero a rischio un sistema che attualmente, pur necessitando di una revisione, fornisce un’assistenza personalizzata sulle specifiche esigenze del paziente

Fernanda Gellona

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