Dal governo

Sotto l’ombrellone spunti di riflessione sulla sostenibilità aspettando la Stabilità

di Nino Cartabellotta (presidente Fondazione Gimbe)

La sostenibilità dei sistemi sanitari è una sfida globale legata a un mix di diversi fattori: il progressivo invecchiamento delle popolazioni, il costo crescente delle innovazioni, in particolare quelle farmacologiche, e il costante aumento della domanda di servizi e prestazioni da parte di cittadini e pazienti. Tuttavia, il concetto di sostenibilità non può essere ricondotto a una questione squisitamente finanziaria, perché un’aumentata disponibilità di risorse non permette comunque di risolvere cinque criticità ampiamente documentate nei Paesi industrializzati:

l’estrema variabilità nell’utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie, non giustificata dalla eterogeneità clinica né dalle preferenze dei pazienti;

- gli effetti avversi dell’eccesso di medicalizzazione, in particolare overdiagnosis e overtreatment;

- le diseguaglianze conseguenti al sotto-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie dall’elevato value;

- l’incapacità di attuare efficaci strategie di prevenzione, specialmente quella non medicalizzata;

- gli sprechi, che si annidano a tutti i livelli.

Peraltro, se negli ultimi anni in Italia abbiamo assistito a un definanziamento della sanità pubblica senza precedenti, nei paesi industrializzati non esistono evidenze che dimostrano una relazione diretta tra entità degli investimenti in sanità e miglioramento degli esiti di salute. Infatti, all’aumentare delle risorse i benefici crescono rapidamente nella fase iniziale, per poi appiattirsi gradualmente; considerato che, invece, i rischi aumentano in maniera lineare, esiste un trade-off oltre il quale risorse aggiuntive possono peggiorare la salute della popolazione. Ecco perché la vera sfida dei moderni sistemi sanitari consiste nell’identificare questo trade-off nelle differenti aree clinico-assistenziali, garantendo il massimo ritorno di salute rispetto alle risorse investite.

In Italia, l’esordio del termine “sostenibilità” nei dibattiti sulla sanità pubblica risale al 27 novembre 2012, quando l’allora premier Monti dichiarò che «La sostenibilità futura del Ssn potrebbe non essere garantita». In realtà, la sostenibilità del Ssn da oltre un ventennio viene silenziosamente erosa da vari fattori: le mutate condizioni demografiche, economiche e sociali, la crescente introduzione sul mercato di false innovazioni farmacologiche e tecnologiche, le conseguenze della modifica del Titolo V della Costituzione, le costanti ingerenze della politica partitica, l’eterna incompiuta dei livelli essenziali di assistenza, le aziende sanitarie in continua competizione gestite spesso con strumenti dell’industria manifatturiera, la scarsa integrazione interprofessionale, l’evoluzione del rapporto paziente-medico, l’involuzione del cittadino in consumatore di prestazioni sanitarie, l’aumento del contenzioso medico-legale, i conflitti di interesse.

In questi anni, a fronte del progressivo indebolirsi della sostenibilità del Ssn, le decisioni rilevanti sono rimaste ben salde nelle mani del Governo (che ha privilegiato gli input del ministero dell’Economia e finanze rispetto a quelli del m,inistero della Salute) e delle Regioni, mentre scarsa considerazione è stata rivolta al Parlamento che intanto affrontava il tema della sostenibilità con due indagini ad hoc.

In ogni caso, gli interventi legislativi sono stati occasionali, dettati dalla contingenza e non certo da una programmazione coerente con le problematiche che oggi affliggono tutti i sistemi sanitari. Lo stesso Patto per la Salute 2014-2016, che conteneva numerose misure rilevanti per la riorganizzazione del Ssn e la riqualificazione della spesa sanitaria, è rimasto in gran parte inattuato per varie ragioni: innanzitutto per il riaccendersi del conflitto istituzionale Stato-Regioni dopo il varo della Legge di Stabilità 2015; in secondo luogo perché molte delle azioni previste sono condizionate dal consenso tra i vari stakeholder e dalla disponibilità di infrastrutture organizzative e informatiche; infine, perché le risorse assegnate (ulteriormente decurtate di euro 6,79 miliardi) erano insufficienti per attuare tutte le misure.

A quasi 4 anni dal monito di Monti, le decisioni di politica sanitaria continuano ad affrontare il tema della sostenibilità guardando a un orizzonte troppo limitato, concentrando l’attenzione sull’impossibilità ad accedere alle innovazioni farmacologiche (non tutte vere) e sulla lunghezza delle liste d’attesa (in larga parte congestionate da richieste inappropriate) trascurando sistematicamente i reali bisogni di salute della popolazione, in particolare quelli delle fasce socio-economico più deboli.

La Fondazione Gimbe lo scorso 7 giugno, sintetizzando tre anni di studi, consultazioni e analisi indipendenti della campagna #salviamoSSN, ha presentato alle istituzioni il Rapporto sulla sostenibilità del Ssn 2016-2025. Escludendo a priori l’esistenza di un disegno occulto di smantellamento e privatizzazione del Ssn, il rapporto sottolinea l’assenza di un preciso programma politico finalizzato a tutelare la sanità pubblica e, uscendo dall’ottica della sostenibilità a breve termine inevitabilmente condizionata dalle scadenze dei mandati politici, esorta le Istituzioni ad una (ri)programmazione sanitaria guidata da una strategia politico-economica finalizzata a salvare il Ssn. In particolare, oltre all’inderogabile rilancio del finanziamento pubblico, è indispensabile sia riqualificare la spesa sotto il segno del value attraverso un piano nazionale di disinvestimento da sprechi e inefficienze, sia di ripensare interamente il pilastro della sanità integrativa, visto che l’attuale deregulation favorita da una legislazione obsoleta sta contribuendo a sgretolare le basi stesse del servizio sanitario pubblico.

In assenza di un “piano di salvataggio” di tale portata, lo scenario prevedibile è una silenziosa ma inesorabile trasformazione verso un sistema sanitario misto che consegnerà definitivamente alla storia il nostro tanto decantato sistema di welfare. Considerato che oggi i segnali di questa involuzione sono già evidenti, in particolare in alcune aree del Paese, i tempi politici per decidere il destino del Ssn sono ormai prossimi alla scadenza. Infatti, dopo che per anni si sono stratificate inequivocabili evidenze su diseguaglianze regionali, scarsa qualità dell’assistenza e diseguaglianze nell’accesso alle prestazioni, oggi inizia a ridursi l’aspettativa di vita.

Un segnale di allarme di tale portata dovrebbe spingere senza indugi la politica ad avviare, con la legge di Stabilità 2017, un piano concreto per salvare la più grande conquista sociale dei cittadini italiani.

La consultazione pubblica del Rapporto Gimbe è aperta sino al 30 settembre all’indirizzo: www.rapportogimbe.it


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