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Il Piano nazionale cronicità verso il traguardo. Botti (Salute): «Dal Pon europeo fondi per circa 50 milioni»

di Barbara Gobbi

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«Circa un milione a Regione per il supporto concreto agli ambiti progettuali, più le risorse attese da un Pon europeo per l’investimento massiccio sulle tecnologie necessarie, che auspichiamo potranno portare l’intero ammontare - parlo di cifre ancora approssimative - sui 50-60 milioni di euro». Il direttore generale della Programmazione del ministero della Salute Renato Botti fa luce sul tema dei finanziamenti per il Piano nazionale cronicità, inviato alla Conferenza Stato-Regioni e presentato in un convegno promosso dalle presidenti di Fnomceo e Ipasvi, Roberta Chersevani e Barbara Mangiacavalli. Non a caso. Medici e infermieri sono infatti le due categorie professionali chiamate in prima linea ad attuare questo documento programmatico che punta su sfide molteplici: l’integrazione dell’assistenza offerta dalle diverse professionalità, percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (Pdta) certi, un’armonica integrazione sociosanitaria, la domiciliarità, la telemedicina e la messa in rete di sistemi informativi che ancora oggi non sono dialoganti, la formazione degli operatori e la valorizzazione (enpowerment) del paziente.

Tanti elementi che non sarà facile né promuovere nelle diverse realtà regionali, né portare a sistema. Per questo il Piano nazionale cronicità,anticipato a maggio dal settimanale Il Sole-24Ore Sanità n. 19/2016 , prevede l’attivazione di una Cabina di regia nazionale per l’analisi dei risultati, la diffusione delle buone pratiche, la valutazione di modelli innovativi, inclusi i criteri di remunerazione, eventuali modifiche da apportare in corsa.

«Quella che ci attende è soprattutto una sfida di sistema - avvisa quindi Botti -: i finaziamenti saranno certo importanti per sostenere singole funzioni, ma molte delle attività sono isorisorse. La vera scommessa è l’organizzazione o la riorganizzazione del lavoro e alcuni degli spunti contenuti nel Piano forniscano anche strumenti per facilitare la presa in carico. Penso a una maggiore flessibilità, da favorire anche mettendo a disposizione risorse per chi si voglia cimentare e in nuove attività: gli ambulatori dei Mmg, ad esempio, potrebbero diventare siti di erogazione di primo livello. Il Piano cronicità, insomma, contiene gli spunti per assegnare le risorse in modo coerente e per definire modalità organizzative e contrattuali stimolanti per tutti».


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