Dal governo

Il restyling della sanità in 10 punti. Ecco il manifesto della Fondazione Dossetti

di Fondazione Dossetti

L'art. 117 della Costituzione, riformato nel 2001, non consente la risoluzione della differenziazione tra aree del Paese per quanto riguarda l'accesso ai trattamenti terapeutici e all'assistenza sociale. Il ruolo di garanzia dello Stato non dovrebbe limitarsi alla definizione dei LEA, ma dovrebbe comprendere anche l'uniformità e il controllo della loro erogazione, secondo criteri di efficacia ed efficienza.
Il SSN ha, infatti, l'obbligo di progredire e di riappropriarsi della dimensione etica, abbracciando, trasversalmente, tutte le politiche che attengono alla Salute: politiche ambientali, di sicurezza alimentare, di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Tale configurazione - vicina all'idea del “ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali” attivo nel 2008– consentirebbe di superare il frazionamento del sistema regionale, attuando una gestione integrata dei servizi socio-sanitari e garantendo la tutela dei diritti alla dignità della persona umana.
L'assetto del welfare state italiano, nonostante alcuni interventi riformatori realizzati, è rimasto categoriale e mancante di quelle caratteristiche di universalismo, in quanto spesso surrogato dal secondo livello regionale.
Si può promuovere un'integrazione dei vari pilastri del sistema senza, però, sminuire il ruolo regolatore dello Stato. È infatti necessario dettare una disciplina legislativa generale che imponga, come metodo inderogabile per le scelte di politiche sociali, la fissazione sia qualitativa che quantitativa dei livelli essenziali per tutti i comparti della previdenza, sanità, assistenza, formazione e istruzione, lotta alla povertà e all'esclusione sociale.
In questa maniera, si delineerebbe un programma nazionale non solo di Welfare State, ma anche di Welfare Society.

Nuova relazione governo centrale e governo regionale
Il forte decentramento ha indotto all'adozione, sul versante amministrativo e normativo, di misure tese a garantire il pareggio di bilancio più che l'uguaglianza nell'accesso ai servizi sanitari, dimostrando che, non sempre, sia possibile raggiungere un'armonia tra le esigenze della finanza pubblica ed il diritto alla salute.
Uno degli aspetti maggiormente problematici è, infatti, rappresentato dalle procedure volte alla definizione dei criteri e dei livelli di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, che fanno leva sulla capacità di governare i processi politici in sede di Conferenza Stato – Regioni.
Attualmente, tale Conferenza svolge diverse funzioni che spaziano da quelle consultive a favore del Governo - attraverso l'espressione di pareri – a funzioni di raccordo e concertazione - volte ad armonizzare l'azione statale e quella regionale – a funzioni di verifica per valutare i risultati rispetto agli obiettivi fissati nei Piani, fino ad arrivare a funzioni deliberative.
In relazione al nuovo quadro istituzionale delineato dalla Riforma Costituzionale del titolo V, si ritiene necessario modificare profondamente il sistema delle conferenze, pur mantenendo una sede stabile di confronto per i numerosi aspetti amministrativi nei rapporti tra Governo e Regioni.
In un'ottica di riequilibrio dei confini dei poteri ed anche per ridurre la frammentazione territoriale, si ritiene opportuno che la funzione di raccordo tra Stato e autonomie territoriali venga svolta in maniera esclusiva dal Senato, cosicché la fase di consultazione della Conferenza, che precede l'approvazione delle nuovi leggi e che spesso ha generato disuguaglianze, non sia più stringente e necessaria.
Portare la Conferenza Stato-Regioni in seno al Senato, assicurerebbe di vigilare sulla corretta gestione dei poteri affidati alle Regioni e permetterebbe, attraverso un'adeguata programmazione nazionale, di garantire l'appropriatezza degli interventi regionali.
Solo adottando la strada della collaborazione tra Stato e Regioni si otterrà l'equilibrio tra il diritto costituzionale alla Salute e la responsabilità della sua tutela.


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