Dal governo

Pensioni, manovra: ipotesi mini-bonus ai precoci

di Davide Colombo e Marco Rogari (da Il Sole 24 Ore di oggi)

Spunta l'ipotesi di un mini-bonus da riconoscere ai lavoratori precoci, ovvero coloro che hanno iniziato ad avere una contribuzione continuativa prima dei 18 anni, affinché superino la soglia dei 41 anni necessaria per l'anticipo pensionistico (ne servono 42 e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne fino al 2018). Il “premio”, nella forma di una contribuzione figurativa a carico dello Stato per ogni anno di lavoro pieno in minore età, verrebbe garantito solo ad alcune tipologie di addetti, per esempio a chi ha svolto lavori ordinari “quasi-usuranti”. Ed è probabile che a questo filtro se ne aggiunga un secondo legato all'età anagrafica, per restringere ulteriormente la platea dei beneficianti che, nelle ipotesi fatte finora dai tecnici, comprendono sempre casi di precoci che superano i 41 anni di versamenti con 56 anni di età. Con costi troppo elevati da finanziare per garantire a tutti un'uscita.
Ieri a riconoscere che il nodo precoci è ancora aperto è stato lo stesso ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Il tema, ha affermato il ministro, «è molto difficile da affrontare perché ha un livello di costo molto alto», che poi ha aggiunto «occorre fare i conti ed è quello che faremo». Parole cui ha risposto a breve giro la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso: «Mi fa piacere che facciano i conti ora su un capitolo aperto da lungo tempo. Questo è un punto chiave per capire se il governo darà risposte a quei problemi che sono aperti, o meno».
Prima della pausa estiva le istruttorie predisposte per i tecnici del ministero e di palazzo Chigi parlavano di platee molto ampie di lavoratori che hanno iniziato da minorenni. Le cifre circolate andavano dai 4,8 ai 3,5 milioni di lavoratori che potrebbero generare un flusso di uscite anticipate di 60-70mila l'anno con 41 anni di contributi e il “bonus” riconosciuto dal Governo. In questo caso il costo sarebbe potuto arrivare fino a 1,2-1,5 miliardi. Per restringere questo flusso si era ragionato sulle 52 settimane minimo o sulle 104 settimane (uno o due anni), con un riconoscimento di un “bonus” da 4 o 6 mesi a seconda appunto della dimensione finale della platea dei beneficiari.
Ieri è partita dal ministero la convocazione per l'incontro definitivo con i sindacati di mercoledì prossimo, 21 settembre: «Sarà un'occasione per fare una sintesi della discussione e valutare anche le cifre e sulla base delle valutazioni concluderemo l'incontro - ha detto Poletti - penso che si sia fatto un lavoro approfondito che ha reso chiaro quali siano i problemi e le possibili soluzioni, poi ognuno farà le sue valutazioni». «Spero tanto - ha risposto la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan - che il 21 sia una giornata importante e conclusiva di un grande lavoro». Furlan ha sottolineato che ai precoci «bisogna dare una risposta positiva». Mentre il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, si è augurato di trovare un accordo già il 21 e ha ribadito che per la Uil ci vogliono sulla previdenza stanziamenti per 2,5 miliardi.
Dal ministro ieri è arrivata anche la conferma che ci sarà il nuovo ritocco della “no tax area”: «Va equiparata a quella dei lavoratori dipendenti» ha affermato augurandosi che si possa fare con la legge di Bilancio. L'obiettivo, ha spiegato il ministro è quello «di ottenere una maggiore equità, perché nel sistema ci sono delle ingiustizie». Sull'allineamento nelle scorse settimane erano circolate anche delle cifre: l'onere non supererebbe i 260 milioni l'anno. Che però lieviterebbe sensibilmente nel caso in cui tutte le detrazioni venissero portate allo stesso livello (1,9 miliardi). Dell'attuale “no tax area” cui attualmente possono beneficiare i pensionati “under 75” con un reddito inferiore ai 7.750 euro annui e gli “over 75” con assegni annuali non superiori agli 8mila euro. L'idea è di alzare il tetto per tutti i pensionati a 8.124 euro, allineandolo appunto a quello dei dipendenti.
Poletti, che ieri ha partecipato a un convegno organizzato dal Cupla (Comitato unitario pensionati lavoro autonomo) ha invece escluso l'ipotesi di un riconoscimento di un bonus da 80 euro agli assegni previdenziali fino a un certo livello di reddito. «Non è all'ordine del giorno» ha detto il ministro rispondendo alle richieste avanzate nella proposta presentata da Cer-Cupla secondo cui negli ultimi sette anni, 2009-16, le pensioni di 1.500 euro mensili hanno ridotto il loro potere di acquisto di circa il 4%, cioè circa 50 euro il mese, e la caduta è totalmente da attribuire al maggiore prelievo fiscale diretto. La proposta prevede la corresponsione del bonus di 80 euro (beneficio medio annuo di 810 euro) a una platea di 3,2 milioni di pensionati per un costo complessivo di 2,6 miliardi.


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