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Rapporto Oasi 2016/Ancora tagli per i posti letto, cresce l’attività in ambulatorio

di Ernesto Diffidenti

Si conferma un trend decrescente sia dei posti letto ospedalieri, sia dei ricoveri, sia in regime ordinario, sia diurno. Parallelamente, crescono molti segmenti di attività ambulatoriale, soprattutto per le prestazioni specialistiche complesse.

La crescita di queste prestazioni, che fino a pochi anni fa erano erogate in setting ospedaliero, è rilevante in termini di volumi, ma non se ne apprezza proporzionalmente il valore per il significativo ritardo nell’aggiornamento delle tariffe ambulatoriali a livello nazionale.

Allo stesso modo, crescono le attività riabilitative e per le cure intermedie, seppur frenate da vincoli sulle dotazioni infrastrutturali. Prosegue lo sviluppo del comparto socio-sanitario, soprattutto per l’assistenza ad anziani non autosufficienti. Ciò che colpisce, però, è la straordinaria variabilità inter-regionale nel confronto tra tutti i setting assistenziali.

Alcune Regioni hanno mantenuto un’offerta ospedaliera molto più ricca della media nazionale (es. Emilia Romagna, Provincia Autonoma di Bolzano e Friuli Venezia Giulia) e altre sono storicamente sotto media, in maniera significativa (es. Calabria, Campania, Sicilia, Puglia). Ma è soprattutto la differenza di dotazione strutturale in ambito riabilitativo, lungodegenziale e di strutture residenziali a essere sorprendente (si veda il grafico accanto), con una forbice che va da 1 posto letto per 1.000 abitanti in Campania a 10 in Provincia autonoma di Trento.

Ciò dimostra come in questo ambito non vi sia stata una pianificazione compiuta né a livello nazionale né a livello regionale. Le differenze inter-regionali sono ancora più marcate nell’offerta specificatamente socio-sanitaria, correlata in maniera diretta con la ricchezza regionale e la capacità istituzionale di liberare risorse per il comparto.

Queste discrepanze nelle dotazioni strutturali per la post-acuzie impone all’agenda del Ssn una riflessione urgente e di grande rilievo, soprattutto alla luce della modifica dei mix di consumo in corso.

Da segnalare, inoltre, che l’importante segmento delle cure intermedie risente di un inquadramento nazionale lacunoso, di un’eccessiva eterogeneità di classificazioni regionali e di flussi informativi sottosviluppati o addirittura assenti a livello nazionale; si pensi ad esempio, al monitoraggio della dotazione strutturale e delle attività effettivamente svolte dagli ospedali di comunità e dalle altre strutture territoriali che non sono né ospedali, né istituti territoriali di riabilitazione, né strutture residenziali socio-sanitarie.

Al di là del calo dei posti letto ospedalieri, dei ricoveri a bassa complessità e del persistente gap interregionale nella post-acuzie, le piattaforme produttive del Ssn stanno attraversando profonde trasformazioni sul piano qualitativo. Le cause di tali trasformazioni sono diverse ma convergono negli scopi e nei risultati: merito del Pne (Programma nazionali esiti), degli standard ospedalieri del Dm 70/2015 e degli indicatori per i piani di rientro delle grandi aziende ospedaliere (legge di Stabilità 2016).

Parallelamente, i piani di rientro, in molte Regioni, hanno imposto limiti molto stringenti sul numero massimo di unità operative che ogni azienda può attivare. In alcune Regioni questo ha comportato una riduzione del 30% e oltre delle unità operative complesse (per esempio in piano di riordino della rete in Lazio e Piemonte).

In definitiva, resta apprezzabile la metrica che si è imposta nel Ssn e il significativo sforzo iniziale già condotto in molte regioni. Esistono però ancora notevoli margini di riorganizzazione interna e concentrazione della casistica per raggiunger ovunque i volumi necessari (ma non sufficienti) per la clinical competence e la sicurezza dei pazienti.

È utile osservare che laddove questi processi di trasformazione sono più avanzati, questo ha permesso di iniziare a separare il ruolo delle équipe professionali dalla loro collocazione fisica, andando nella direzione di team mobili sul territorio, a rotazione tra i vari stabilimenti e setting assistenziali. Questo significa rendere molto più ricco il potenziale delle soluzioni logistiche e organizzative disponibili.

Inoltre, la razionalizzazione della rete ospedaliera si traduce nella liberazione di spazi e nella disponibilità di personale con competenze specialistiche che rappresentano passaggi fondamentali per lo sviluppo delle cure intermedie e primarie.


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