Dal governo

Evviva i medici non obiettori, evviva lo Stato laico

di r.tu.

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24 Esclusivo per Sanità24

Cominciamo col dire che l'interruzione di una gravidanza è un fallimento. Per la donna, ma anche per la società e per lo stesso servizio sanitario. Ma, diciamolo, per ragioni laiche e civili, non religiose. Perché per la donna è l'estremo “rimedio”, il risultato di un sistema che non ti accudisce come dovrebbe, di reti di assistenza e di prevenzione che continuano a restare anni luce distanti dai bisogni della persona e di una società che dell'emarginazione di fronte ai bisogni e ai drammi umani di donne spesso sole e con poco futuro alle spalle, ha fatto la propria incompiutezza. E che in quanto tale aiuta e genera a suo modo il ricorso all'aborto.
Diciamo ancora che, e diciamolo a voce alta, che una donna sola, senza prospettive di lavoro, di assistenza, di crescita “alla pari” - come in maniera così brutta e brutale si dice oggi - spesso ha poche altre scelte. Perché non bastano le belle parole. Tanto meno le opere (si fa per dire) di carità e le pie preghiere per dare chance reali di crescita a chi ne ha diritto. E bisogno. Diciamo ad alta voce che non poter veder spuntare una vita, è un dolore troppo grande per una donna. Che è un dolore e un’afflizione così grande - nel corpo e nello spirito - che non se ne può mai uscire, per sempre.
Ma diciamo anche che non ci sono pie congregazioni e accolite religiose varie che possano dettar legge in una società civile - in quanto tale laica - su dolori così grandi. Proprio come per il testamento biologico o perfino per arrivare a staccare la spina a un proprio congiunto senza più chance di una vita dignitosa. Una scelta troppo personale, troppo dolorosa per poter mettere la fede (si fa per dire) avanti a tutto. Chi compie quell'estremo e lacerante gesto va rispettato, perché soffre più di chiunque altro. Più di chi non lo fa o non la farebbe mai, e che comunque va rispettato. Ma non perché ha la legge dell'uomo in mano.
Ma tutto questo nessuna di tante pie menti ha coraggio di ammetterlo. Salvo imbottire gli ospedali di obiettori. Per non permettere di dar corso a un diritto e a una legge. Dall'Alpi alle Piramidi, si sarebbe detto un tempo. Già, perché qualcuno a quel tempo è rimasto. Nel culto di una società religiosa, non civile e laica tout-court. Col rispetto di chi ha la religione nel cuore, sia chiaro. Ma che a nessuno può imporla.
Una domanda infine: ma non è che i ginecologi siano fin qui stati assunti proprio perché obiettori?

Il fatto
La notizia l'ha anticipata La Repubblica: nell'ospedale San Camillo di Roma le prossime settimane entreranno due ginecologi assunti perché non obiettori per l'interruzione di gravidanza. Apriti cielo: la Cei oggi ha fulminato il provvedimento: «Snatura l'impianto della legge 194 che non aveva l'obiettivo di indurre all'aborto ma prevenirlo: predisporre medici appositamente a questo ruolo è una indicazioni chiara», ha tuonato don Carmine Arice, direttore dell'Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei. Aggiungendo: «Non si rispetta un diritto di natura costituzionale quale è l'obiezione di coscienza. Il ministero della Salute ha fatto recentemente un'indagine appurando che il numero di medici non obiettori risulta sufficiente per coprire ampiamente la domanda” di interruzioni volontarie di gravidanza».
Fatto sta che nel Molise è obiettore di coscienza il 93,3% dei ginecologi, il 92,9% a Bolzano, il 90,2% in Basilicata, l'87,6% in Sicilia, l'86,1% in Puglia, l'81,8% in Campania, l'80,7% nel Lazio e in Abruzzo, il 76,2 in Veneto. Ma il 13,3 in V. d'Aosta, il 51,8 in Emilia,il 56,2 in Toscana il 58,4 in Friuli, il 63,6 in Lombardia, il 65,4 in Liguria, il 65,6 in Umbria, il 67,4 in Piemonte, il 68,8 nelle Marche il 72,9 in Calabria. Due Italie. Ma nella media assolutamente pro obiezione di coscienza.


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