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Corruzione in sanità, vietato illudersi...

di R.Tu

Altro che lotta dura alla corruzione e agli sprechi nella sanità. Meglio non illudersi, se è vero che un quarto delle aziende sanitarie ha registrato almeno un episodio di corruzione nell'ultimo anno e più della metà non ha un adeguato piano anti-truffe. Se è vero che tra corruzione e sprechi se ne vanno in fumo più di 6 mld. Se le inefficienza negli acquisti di beni e servizi da parte di asl e ospedali vale 13 mld . E se gli acquisti di forniture e dunque gli appalti, ma anche le liste d'attesa e le assunzioni sono considerati i settori più a rischio dagli stessi responsabili anticorruzione delle strutture sanitarie. Anche se fortunatamente qualcosa si sta muovendo, l'erba cattiva della corruzione e sprechi nel Ssn è sempre dura a morire. Questo almeno certifica il secondo rapporto “Curiamo la corruzione 2017” presentato oggi a Roma, curato da Transparency international Italia, Censis, Ispe sanità e Rissc.
Il rapporto per la verità, oltre che rimettere in prima pagina il male endemico della corruzione e dei fiumi di denaro dilapidati che poi sottraggono opportunità di cura a chi ne ha bisogno, ha un'ambizione specifica: approfondire i rischi e la conoscenza dei fenomeni e proporre soluzioni e metodi di intervento. A partire dalla formazione e dagli strumenti di intervento all'interno delle strutture sanitarie. Per un fenomeno – e non certo perché “mal comune è mezzo gaudio” – che proprio recentemente l'Ocse ha ben spiegato in poche parole: «Una parte significativa della spesa sanitaria – si legge nel report “Tackling Wasteful Speding on Health” del 2017 – è spreco, o peggio danneggia la nostra salute».
Dall'analisi emerge il classico bicchiere tutt'altro che mezzo pieno e mezzo vuoto. Perché se è vero in sanità ci sono stati “progressi” nel tentativo di combattere la corruzione, è altrettanto (e più) vero che la strada per farcela, è ancora lunga. Molto lunga. E servirà investire a fondo su ricerca, formazione e nuove tecnologie. Perché le rilevazioni sul campo e la percezione diffusa è che la mala erba sia sempre lì, attaccata all'abbeveratoio della spesa pubblica.

Perché la percezione del fenomeno presentato dal rapporto “Curiamo la corruzione”, non lascia spazio a dubbi. Nel 25,7% delle aziende sanitarie si sarebbe verificato almeno un caso di corruzione negli ultimi dodici mesi, mentre per il 65% dei responsabili anti-corruzione il fenomeno è dato come “stabile”: nulla sarebbe cambiato, insomma. Con i rischi più alti che vengono attribuiti ai settori degli acquisti e delle forniture, dunque al buco nero degli appalti, ma anche alla gestione delle liste d'attesa negli ospedali e perfino alle assunzioni, quando avvengono, peraltro.
Se è vero che asl e ospedali hanno l'obbligo di dotarsi di strumenti adeguati di anti-corruzione, è anche vero però, secondo un'analisi sul campo, che più della metà - il 51,7% - non lo ha fatto ancora. E così le liste d'attesa sono una rete con troppi strappi, le stesse imprese funebri non raramente sono avvoltoi pronti a piombare sulla preda con tanto di mance e mancette al personale, nella libera professione i favoritismi sarebbe all'ordine del giorno, dietro le ricette di farmaci si nasconde la sponsorizzazione delle ditte. Ovvero, i reati di corruzione, con spreco annesso a danno della cosa pubblica. E della salute degli onesti , di chi le tasse le paga e di chi davvero ha bisogno.


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