Dal governo

Def 2017, profondo rosso per la Sanità pubblica

di Fondazione Gimbe

Prende oggi il via in Commissione Igiene e Sanità del Senato l'esame del Documento di Economia e Finanza (Def) 2017, secondo il quale nel triennio 2018-2020 il Pil nominale dovrebbe crescere in media del 2,9% per anno, mentre l'incremento della spesa sanitaria dovrebbe attestarsi su tasso medio annuo dell'1,3%. In termini finanziari per la sanità pubblica significherebbe passare dai € 114,138 miliardi stimati per il 2017 a € 115,068 miliardi nel 2018, a € 116,105 nel 2019 e € 118,570 nel 2020.
«Sulle cifre assolute – puntualizza Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – è meglio non farsi troppe illusioni, perché negli ultimi anni la sanità ha sempre ricevuto molto meno di quanto previsto dal Def. Clamoroso l'esempio del 2016: i € 117,6 miliardi stimati dal DEF 2013 si sono ridotti a € 116,1 con il DEF 2014, quindi a € 113,4 con il DEF 2015, per arrivare con la Legge di Stabilità 2016 a un finanziamento reale di € 111 miliardi, comprensivi di € 800 milioni da destinare ai nuovi Lea».
Se le stime del Def 2017 su aumento del Pil e spesa sanitaria fossero corrette - al di là delle rassicurazioni dall'inconfondibile sapore pre-elettorale - esiste una sola chiave di lettura: crescendo meno del Pil nominale, la spesa sanitaria non coprirà nemmeno l'aumento dei prezzi. In altre parole, nel prossimo triennio la sanità pubblica potrà disporre delle stesse risorse in termini di potere di acquisto solo se la ripresa economica del Paese sarà in linea con previsioni più che ottimistiche, visto che la crescita stimata del Pil è del 2,2% nel 2017 e del 2,9% nel 2018 e nel 2019.
«Il dato più preoccupante per la salute delle persone – continua Cartabellotta – è che secondo il DEF 2017 il rapporto tra spesa sanitaria e PIL diminuirà dal 6,7% del 2017 al 6,5% nel 2018 per precipitare al 6,4% dal 2019, una percentuale mai raggiunta in passato. Varcheremo dunque la temuta soglia di allarme fissata dall'Organizzazione mondiale della Sanità, secondo cui sotto il 6,5%, oltre la qualità dell'assistenza e l'accesso alle cure, si riduce anche l'aspettativa di vita delle persone».
Peraltro nel confronto con gli altri Paesi, i dati OCSE 2016 dimostrano che in Italia la sanità continua inesorabilmente a perdere terreno: la spesa totale pro capite è inferiore alla media OCSE (3.272 vs 3.814 dollari), in Europa siamo primi solo tra i paesi (poveri) che spendono meno (Spagna, Slovenia, Portogallo, Repubblica Ceca, Grecia, Slovacchia, Ungheria, Estonia e Lettonia), mentre tra i paesi (ricchi) del G7 siamo fanalino di coda per spesa totale e per spesa pubblica, ma secondi per spesa a carico dei cittadini.
«Anche per questo dato – precisa Cartabellotta –la chiave di lettura non può che essere univoca: negli ultimi 10 anni la politica si è progressivamente sbarazzata di una consistente quota della spesa pubblica destinata alla sanità senza essere capace di rinforzare la spesa privata intermediata, con la conseguenza che la spesa a carico dei cittadini nel 2016 ha sfiorato i € 35 miliardi».
«Il Def 2017 – conclude Cartabellotta – conferma ulteriormente le perplessità già espresse dalla Fondazione GIMBE sulla sostenibilità dei nuovi LEA, che da grande traguardo politico rischiano di trasformarsi in illusione collettiva con gravi effetti collaterali: allungamento delle liste d'attesa, aumento della spesa out-of-pocket, sino alla rinuncia alle cure. Infatti, la necessità di estendere oltre ogni limite il consenso ha generato un inaccettabile paradosso figlio di contraddizioni politiche e di una programmazione sanitaria sganciata da quella finanziaria: sulla carta oggi i cittadini dispongono del “paniere LEA” più ricco d'Europa, ma al tempo stesso il DEF 2017 conferma che la sanità italiana è agli ultimi posti per la spesa pubblica».


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