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Enpapi chiude il bilancio in attivo: pochi infermieri in pensione e tanti in maternità

di Ernesto Diffidenti

Altro che paese di vecchi. In Italia c’è una categoria giovane ed efficiente che non aggrava i già disastrati saldi previdenziali. Parliamo degli infermieri che hanno il loro istituto di previdenza dal 1998 e che, secondo la Corte dei conti, che ha spulciato e approvato i conti del 2016, avrà il bilancio in regola addirittura per i prossimi cinquant’anni. L’Ente nazionale di previdenza e assistenza della professione infermierista (Enpapi è l’acronimo), dunque, racchiude in sé tutti i vantaggi di essere poco più che maggiorenne: più iscritti (oltre 43mila) che pensionati (2.609 assegni erogati) e, soprattutto, professionisti in fertile età e desiderosi di prole tanto che il valore delle pensioni di vecchiaia equivale all’incirca a quello delle prestazioni di maternità (3 milioni contro 2,5). L’unica pecca è la crescita esponenziale dei crediti verso gli iscritti (252 milioni, in crescita del 22,3% rispetto al 2015) che rischiano di diventare la palla al piede delle prestazioni future tanto che la Corte raccomanda di provvedere al più presto e in maniera incisiva ai controlli e al recupero.

I risultati contabili più significativi che emergono dal bilancio dell’anno 2016, dimostrano come l’utile netto di esercizio, pari a 15,9 milioni di euro, sia più che raddoppiato rispetto al 2015 e il patrimonio netto si attesti su un valore pari a 60.9 milioni (+26,9%). La significativa crescita che si registra nel risultato di esercizio dell’anno 2016 è da attribuire, in buona sostanza, al maggior incremento registrato dai ricavi (+21,1%) rispetto ai costi (+14,6).

Dai dati di consuntivo emerge inoltre che le entrate contributive sono in continua crescita. Sono passate dai 91,5 milioni di euro del 2015 ai 106,1 milioni del 2016 (+16%). Per la Corte il risultato «è da attribuire alla crescita degli iscritti (43.826 nel 2016) ma anche agli effetti delle riforme a carattere strutturale dell’Ente, con le quali sono state rimodulate, in aumento, tutte le tipologie di contributi». In crescita, ma di gran lunga inferiori, le spese per prestazioni (in totale 2.609) pari a poco più di 9 milioni di euro (7,8 milioni nel 2015) .

«Le maggiori risorse finanziarie - scrive la Corte - sono state destinate ad aumentare gli investimenti in attività finanziarie (dai 468 milioni del 2015 ai 543 milioni del 2016). Tali investimenti hanno generato rendimenti netti oscillanti negli anni. Dopo la contrazione registrata nel 2015, in cui si erano attestati al 3,11 per cento, nel 2016 flettono ulteriormente, risultando pari al 2,67 per cento».

Nel bilancio tecnico, infine, con le proiezioni dal 2017 al 2066, il saldo previdenziale delle gestioni presenta una flessione dall’anno 2036 «mantenendosi comunque sempre positivo»; allo stesso modo il saldo totale non assume mai un valore negativo e il patrimonio complessivo dell’Ente mostra una crescita regolare per tutto il periodo.


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