Dal governo

Rientro cervelli dall’estero: l’agevolazione non sempre è dovuta

di Alberto Santi

Niente bonus “impatriati” per le attività assistenziali svolte presso le aziende ospedaliero-universitarie. Lo ha chiarito l'Agenzia delle entrate con la risoluzione 29 novembre 2017, n. 146/E, in risposta a un interpello proposto da un'università, che chiedeva di conoscere se l'agevolazione fiscale prevista dall'art. 44 del Dl n. 78/2010 spettasse a un professore ordinario di cardiologia che svolge anche attività assistenziale, non separata da quella di docente e ricercatore universitario.

Il quesito
La norma sopra richiamata riconosce un importante beneficio fiscale a docenti e ricercatori in possesso di titolo di studio universitario o equiparato che abbiano svolto una comprovata attività di ricerca o docenza all'estero e decidano di trasferire la residenza fiscale nel nostro Paese (cosiddetti “impatriati”). In particolare, è prevista la detassazione del 90% degli emolumenti percepiti in relazione allo svolgimento dell'attività di docenza e ricerca, per un periodo massimo di quattro periodi di imposta, e l'esclusione degli stessi alla formazione del valore della produzione netta ai fini dell'Irap.
Con l'istanza di interpello che ha determinato la Risoluzione in rassegna, un'università ha chiesto se i redditi prodotti da un docente universitario – residente nel Regno Unito sino al 2016 - nello svolgimento dell'attività assistenziale prestata, anche in regime libero professionale, nel quadro della convenzione tra l'università stessa e l'azienda ospedaliero–universitaria, possano rientrare tra quelli derivanti da attività di docenza e ricerca, al fine di beneficiare del regime fiscale favorevole descritto.
L'istante ha evidenziato che, in base alla normativa vigente (Dlgs 517/1999), le aziende ospedaliero–universitarie richiedono alle università di individuare il docente o il ricercatore in materie cliniche, con il quale poi stipulano un contratto per lo svolgimento delle prestazioni assistenziali. Per queste ultime attività, i professori e ricercatori ricevono un trattamento economico aggiuntivo.

La risposta dell’Agenzia
L'Agenzia delle entrate, alla luce della normativa di riferimento, ha ritenuto che i trattamenti economici aggiuntivi previsti per lo svolgimento delle attività assistenziali presso le aziende ospedaliero-universitarie (come, ad esempio, l'esercizio di attività assistenziale intramuraria), non possono essere considerati come redditi derivanti da rapporti aventi ad oggetto attività di docenza e ricerca. Di conseguenza, essi non possono fruire della tassazione agevolata prevista dall'art. 44 del Dl 78/2010.
Tuttavia, per completezza, l'Agenzia ricorda che il soggetto con esperienza di docenza o ricerca all'estero che faccia rientro in Italia per svolgere una qualunque attività di lavoro dipendente o autonomo, può applicare il diverso regime speciale per lavoratori “impatriati”, disciplinato dall'art. 16 del Dlgs 147/2015. In tale eventualità sarebbe tassato ai fini Irpef solo il 50% del reddito complessivo del lavoratore, a prescindere dall'attività svolta, ivi inclusi i trattamenti economici aggiuntivi previsti per lo svolgimento delle attività assistenziali presso le aziende ospedaliero-universitarie.


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