Dal governo

Piano nazionale Cronicità, insediata la Cabina di regia. Urbani: «Banco di prova della governance di domani»

di Barbara Gobbi

Il decreto di nomina è arrivato con qualche ritardo, ma finalmente ci siamo: la Cabina di regia prevista dal Piano nazionale cronicità si è insediata oggi, dopo il decreto ministeriale di nomina che ne dettaglia l’articolata composizione e ne riassume i compiti. Ministero, Istituto superiore di sanità, Agenas, Istituto nazionale di statistica e Conferenza delle Regioni: questi gli attori istituzionali previsti. Mentre per le società scientifiche partecipano Fism, Fnomceo e Fnopi, Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (ex Ipasvi, dopo l’approvazione del Ddl Lorenzin). Per le Associazioni per la tutela dei malati partecipa il Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici di Cittadinanzattiva.
La Cabina di regia - che oggi lavorerà alla stesura del cronoprogramma - dovrà provvedere al monitoraggio di “secondo livello”, cioè nazionale, dell’attuazione del Piano. Mentre a livello locale ogni Regione è chiamata a sua volta a mettere in piedi dei sistemi di verifica. Tra i compiti della Cabina, presieduta dal Dg Programmazione sanitaria, Andrea Urbani, vi è quindi quello di coordinare a livello centrale l’implementazione del Piano e di monitorarne applicazione ed efficacia; di guidare e gestire gli interventi previsti definendo una tempistuca per realizzare gli obiettivi prioritari; di coordinare le attività per il raggiungimento dei singoli obiettivi; di monitorare la realizzazione dei risultati; di promuovere l0analisi, la valutazione e il confronto delle esperienze regionali e locali di attivazione di nuovi modelli di gestione della cronicità; di diffondere le best practice; di valutare sistemi innovativi di remunerazione dell’assistenza ai malati cronici e formulare proposte; di produrre una Relazione periodica e di proporre l’aggiornamento del Piano; di ampliare la seconda parte del Piano stesso, proponendo se ritenuto opportuno di inserire altre patologie.

Per la Direzione Programmazione, che sta lavorando a livello complessivo alla ridefinizione della governance sanitaria , l’attuazione del Piano nazionale cronicità è un vero e proprio banco di prova: «Già ora - afferma il Dg Urbani - stiamo lavorando a stretto contatto con le Regioni, dalla Lombardia al veneto e dall’Emilia Romagna alla Toscana, che hanno messo in campo azione di attuazione anche parziale del Piano. Crediamo molto nell’utilità dello scambio di best practice e di modelli che si dimostrino efficaci. Anche perché è ora che tutte le Regioni entrino nel vivo. L’obiettivo, a regime, è in parte sovrapponibile a quello che ci stiamo proponendo a livello nazionale: identificazione della popolazione per gradi di complessità della patologia con stratificazione del rischio, la clusterizzazione per patologia in vista di un’ottimizzazione della presa in carico. Avere chiaro il fabbisogno di salute della popolazione, cronica ma anche generale, ci consentirà una ottimale allocazione delle risorse e di priceder finalmente con una prevenzione mirata».

A ricordare che il Piano è “isorisorse” e che gli infermieri, attore cruciale nel provvedimento, sono merce rara rispetto ai bisogni di salute del territorio, è Beatrice Mazzoleni, segretario della Fnopi. «Per soddisfare tutte le richieste di assistenza, che si declinano tra percorsi di case management e infermieri di famiglia, oltre agli studi di libera professione, servirebbero oltre 30mila unità di personale. Una cifra ben lontana dalla realtà, stando ai risultati del lavoro che abbiamo prodotto nell’ambito della Joint Action europea “Health Workforce Planning and Forecasting”». Un programma sperimentale durato 16 mesi, al quale hanno partecipato i tecnici della Salute e Agenas, le Regioni, gli Ordini e le Federazioni di medici, infermieri, dentisti, farmacisti e ostetriche. «L’assistenza territoriale - prosegue Mazzoleni - vede come centrale la figura dell’infermiere, per garantire continuità delle cure, diventando parte attiva del passaggio dalla cosiddetta medicina d'attesa a quella di iniziativa».

Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei malati cronici di Cittadinanzattiva, spiega invece che «il nostro impegno sarà innanzitutto volto a contrastare le profonde disuguaglianze che caratterizzano l’assistenza sanitaria nel Paese, lavorando per la sostanziale applicazione del Piano in tutte le Regioni, visto il ritardo di molte di queste ad oltre un anno dalla sua approvazione. Porteremo sul tavolo della Cabina di regia le informazioni, le evidenze e le esperienze che singoli cittadini e Associazioni di pazienti ci sottopongono continuamente. Saremo pungolo per le istituzioni affinché si mettano in campo azioni, condivise con le Organizzazioni civiche, volte a superare i tanti e grandi problemi che le persone con malattia cronica e loro familiari sono costretti a vivere ogni giorno come ad esempio i costi privati da sostenere per sopperire alla carenza dei servizi sanitari e sociali, i ritardi diagnostici, la frammentazione dei percorsi, le iniquità e i ritardi nell'accesso alle terapie innovative, i viaggi della speranza dentro e al di fuori dei confini nazionali, il peso schiacciante della burocrazia, oltre che l’eccessiva medicina di attesa e la scarsa medicina d’iniziativa».


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