Dal governo

Tumore al seno, infarto e punti nascita: ecco il cruscotto del ministero per monitorare le performance fino al singolo reparto

di Barbara Gobbi

In Italia ben l’84% dei centri che operano tumori alla mammella non soddisfa lo standard dei 150 interventi l’anno; quasi la metà (il 48%) delle strutture che intervengono sugli infarti con angioplastica coronarica (Ptca) non rispetta gli standard dei 250 interventi l’anno. E ben il 22,4% dei punti nascita è sotto la soglia dei 500 parti l’anno, fissata come necessaria per tutelare la sicurezza di madre e nascituro. Parte da questi dati (anno 2016, ma a breve sarà disponibile il 2017), la messa a punto da parte del ministero della Salute di un cruscotto di monitoraggio pensato per consentire alle Regioni di intervenire “chirurgicamente” sulle anomalie - fino al livello del singolo reparto - elaborando un cronoprogramma che entro dodici mesi dovrebbe farle rientrare nei ranghi. Sullo sfondo, gli standard fissati dal Dm 70/2015, ancora in buona parte lontanissimi. E il problema non attiene alla tradizionale spaccatura Nord-Sud, ma a performance inadeguate che si riscontrano trasversalmente in tutte le Regioni. Tanto che nessuna di esse - neanche le “migliori” - può essere considerata adempiente.

A presentare il cruscotto, a Roma, la ministra della Salute Beatrice Lorenzin e il Dg della Programmazione sanitaria, Andrea Urbani. «Questo cruscotto entra a pieno titolo nel Nsis, il Nuovo sistema informativo nazionale del ministero, che in questi anni abbiamo molto arricchito - penso ad esempio al fascicolo sanitario elettronico e alla cartella sanitaria elettronica - ed è uno strumento in più che lascerò a chi mi succederà», ha premesso Lorenzin. «Il federalismo sanitario ha creato ventuno modelli, che rendono molto difficile intervenire sulle anomalie, e a mio avviso lo strumento del commissariamento si è rivelato fallimentare, se si pensa che ci vogliono in media dieci anni per risanare una Regione. Molto meglio metterle a disposizione strumenti come questo, che consentono di correggere le singole disfunzioni. Poi, certo, se anche questo modello non funziona io sono per il commissariamento della singola Asl. È la mia proposta. Solo così potremo tutelare appieno e in modo omonegeneo la salute dei cittadini, mantenendo standard qualitativi e quantitativi elevati», ha concluso la ministra.

A parlare di «governance amichevole» è il Dg Urbani: «Il nostro è un piano di monitoraggio moderno, basato sui flussi informativi, che punta a ottimizzare l’assistenza e l’allocazione delle risorse grazie a una rete ospedaliera più razionale ed efficiente. Oggi siamo ancora lontani da questi obiettivi: basti pensare che alcuni reparti lavorano al 60%, altri al 120% e ciò vuol dire che sono costretti a “esportare” i ricoveri in aree limitrofe, ma non appropriate. Per questo abbiamo spedito ventuno lettere, una per Regione, in cui - sulla base dei dati che loro stesse ci avevano inviato - evidenziamo le anomalie cui chiediamo di porre riparo. I dati sono stati vagliati sulla base di criteri oggettivi validati dalla comunità scientifica, prendendo in considerazione anche le specificità del territorio e della popolazione del bacino di riferimento».


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