Dal governo

Cartabellotta (Gimbe): «Sanità integrativa, regole da rifare»

di Rosanna Magnano (da Il Sole 24 Ore di domenica 4 febbraio)

«Il prossimo governo dovrà avviare una riforma della sanità integrativa, perché la normativa è frammentata e non più in linea con le esigenze del servizio sanitario. E questo rende il sistema più iniquo». A parlare è Nino Cartabellotta - presidente della Fondazione Gimbe - think tank indipendente della sanità di respiro internazionale che cura il Rapporto sulla sostenibilità del servizio sanitario nazionale.

Il Ssn è a corto di ossigeno e la spesa privata, intermediata e non, cresce. Come si interpreta questo trend?
Mi convince poco l'assioma, sostenuto da chi vuole incrementare la quota di spesa intermediata, che la spesa privata serva a coprire le minori tutele pubbliche. Questo è vero solo in parte. Per due fatti. Buona parte della spesa out of pocket (33,9 mld) è fatta di consumismo sanitario: ci sono 2,7 miliardi di integratori, un miliardo di ticket pagato dai cittadini come differenziale di prezzo sui farmaci brand, preferiti ai generici. E una serie di prestazioni dal basso valore. Un secondo fatto è che la spesa privata pro capite out of pocket è molto più elevata nelle regioni più ricche.

Su cronicità e non autosufficienza l'assistenza pubblica deve ancora trovare il giusto assetto per vincere la sfida dell'invecchiamento della popolazione. Fondi e assicurazioni possono rappresentare una parte della soluzione?
Sì certo. Ma il problema è definire cosa esce dai Lea, separando nettamente le prestazioni a carico del finanziamento pubblico da quelle sostenute dalla sanità integrativa. Oggi invece, con una certa schizofrenia, l'ultima revisione dei Lea ha notevolmente ampliato il “paniere” senza un aumento adeguato del Fondo sanitario nazionale. Così la sanità integrativa, assicurazioni in particolare, rischia di diventare sostitutiva, aumentando le diseguaglianze.
Un nuovo mercato però c'è. Come conciliare libertà di scelta del cittadino ed equità?
La normativa è estremamente frammentata, sia dal punto di vista delle prestazioni coperte sia sotto il profilo delle agevolazioni fiscali. I fondi sanitari integrativi legati ai contratti di lavoro godono di una deducibilità dei contributi fino a 3615,20 euro. Una quota quasi doppia al finanziamento pubblico pro capite. Tale defiscalizzazione è sostenuta con le tasse di tutti i cittadini, ma ne beneficiano solo quelli iscritti ai fondi sanitari integrativi. Per le polizze individuali, che contrariamente ai fondi possono coprire anche prestazioni incluse nei Lea, gli assicurati possono beneficiare delle detrazioni al 19% anche per le spese rimborsate dalle compagnie di assicurazione. C'è una notevole differenza e il mondo assicurativo sta spingendo per un allineamento. Ma questi soldi per le agevolazioni da dove vengono? Dal salvadanaio comune del Pase. Che senso ha se contemporaneamente si definanzia il Sistema pubblico? Quindi per garantire l'equità bisogna escludere dai Lea le prestazioni con un value medio basso e affidarle alla sanità integrativa. Serve un riordino, dopo lo sfoltimento dei Lea. Ovvio che le prestazioni non più nei Lea, per non finire nel modello Usa, dovrebbero continuare a essere garantite dal pubblico solo per i redditi bassi, con un adeguato e serio sistema di controlli. Insomma serve un ragionamento politico con il coinvolgimento di tutti gli stakeholder.

Da tempo le industrie italiane hanno inserito il welfare aziendale nella contrattazione. Quali riflessi può avere sulle cure pubbliche?
Questi benefit possono coprire solo cure odontoiatriche e in parte di riabilitazione, quindi prestazioni fuori dai Lea. Così si tratta di un meccanismo sano realmente integrativo. Il problema è l'impatto sulla finanza pubblica della defiscalizzazione, che viene pagata da tutti, anche i cittadini di reddito basso, a beneficio di pochi. Il meccanismo va reso più equo.

In America entrano vistosamente nuovi giganti nel mondo della sanità. Potrebbe accadere anche in Italia?
Certo che può accadere. Però questo processo va governato. Perché con la normativa attuale chiunque entri rischia di creare pericolosi corto circuiti della sanità pubblica.

Tre priorità per la sanità da proporre al prossimo governo?
Invertire la rotta del definanziamento del Sistema sanitario nazionale e riprendere gradualmente gli investimenti in sanità. Rimodulare il perimetro dei Lea su criteri basati sulle evidenze e sulla costo-efficacia. Una riforma seria della sanità integrativa sia sul fronte delle prestazioni coperte, sia su quello delle agevolazioni fiscali.


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