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Verso la manovra/ Dal check Mef-Salute risparmi miliardari su B&S sanitari

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

L'aggregato "beni e servizi" per la sanità vale 29,5 miliardi di euro sul 2017: oltre il 25% del Fondo sanitario nazionale. Ed è su questo fronte che al ministero della Salute ci si sta concentrando, nell'ottica di efficientamento e riqualificazione della spesa, annunciata dalla ministra Giulia Grillo. Una scelta quantomai attuale, ora che il difficile confezionamento della legge di Bilancio ha spinto il collega di partito M5S e vicepremier, Luigi di Maio, ad annunciare un ulteriore "taglio dei rami secchi". A pochi giorni dalla deadline per la presentazione della manovra, il percorso è ancora tutto in salita e il pressing sul ministro dell'Economia Giovanni Tria, così come sui ministeri più "sensibili" va aumentando di ora in ora. Reddito di cittadinanza, revisione della legge Fornero e flat tax sono le promesse elettorali cui il Governo Conte continua a promettere che manterrà fede. Ma serviranno miliardi e il titolare del Mef è intenzionato, malgrado i forti malumori di Lega e M5S, a tenere la barra dritta sull'indebitamento netto intorno all'1,6-1,8% e sul rispetto dei vincoli europei. La "spending" è quindi tornata in piena ribalta, all'insegna non più dei tagli lineari - su cui i Pentastellati per primi avevano dato battaglia quando erano all'opposizione - ma di una lotta agli sprechi necessaria e sacrosanta, che dovrebbe non solo lasciare indenni i cittadini, ma anzi migliorarne la vita quotidiana.

La lotta agli sprechi a Lungotevere Ripa. Se la parola d'ordine del Governo per rispettare le promesse elettorali è risparmiare dove si può, a Lungotevere Ripa si lavora già da un po' alla lotta agli sprechi. La priorità è ri-orientare le risorse su temi strategici, come l'eliminazione del superticket e una rimodulazione della compartecipazione a vantaggio delle fasce più fragili della società. Non a caso i tecnici del ministero guidano tutti i gruppi di lavoro del tavolo "soggetti aggregatori" presso il Mef, dove l'80% delle categorie merceologiche riguarda la sanità.

Le voci "farmaci e vaccini", "dispositivi medici" e "servizi appaltati" valgono nel complesso 15,6 miliardi: si lavora non solo per capire se si acquista bene, cioè se i prezzi praticati siano concorrenziali, ma anche per verificare il mix di acquisto, cioè se la complessità acquistata è coerente con l'utilizzo che se ne deve fare. Classico esempio è la ristorazione ospedaliera: si verifica che le giornate alimentari siano pagate il giusto prezzo, ma anche che se ne comprino in numero proporzionato ai pazienti in degenza. Idem per i dispositivi, per cui oggi si spendono 5,8 miliardi, con uno sforamento di un miliardo rispetto al tetto del 4,4% fissato nel 2015, in piena epoca di "tagli lineari", le cui norme per altro sono tutt'ora vigenti. Anche sui dispositivi, razionalizzare si può: le prime evidenze su stent coronarici e protesi d'anca mostrano margini di efficientamento tra il 20 e il 33%. Per le altre categorie merceologiche, i margini di recupero variano dal 15 al 25%. Notevole il gap tra Regioni, ma anche tra aziende, all'interno di una stessa Regione, e tra Nord e Sud del Paese. Ad un Dpcm atteso per fine anno spetterà porre fine al far west, grazie a linee guida da consegnare ai soggetti aggregatori per efficientare la spesa.

Ma è sui farmaci che i lavori presso il Mef sono a uno stadio più avanzato: i sottogruppi hanno già concluso il loro lavoro, che darà l'indirizzo alle gare regionali. Non solo: le evidenze uscite dal tavolo soggetti aggregatori presso il Mef si intersecano con l'attività del tavolo su governance farmaceutica e i dispositivi medici, che la ministra Grillo ha insediato il 1° agosto scorso. Dovrà - come noto - rivedere il prontuario e riscrivere le regole, a partire dai tetti di spesa e dal payback.


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