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Sblocca-assunzioni, le Regioni: «L'intesa funzionerà ma resta il gap di specialisti»

di Barbara Gobbi (da Il Sole-24Ore di oggi)

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Lo chiamano “sblocca-assunzioni” ma molte delle Regioni che hanno potuto, per disponibilità finanziaria, avevano già provveduto ad allentare il laccio alla spesa sul personale. Come l’Emilia Romagna, che è incappata nel monito della Corte dei conti pur di ridare ossigeno alle corsie. A raccontarlo è l’assessore alla Salute, Sergio Venturi: «Nel 2017 ci siamo decisi a sfondare il tetto, diventato inutile e dannoso soprattutto in una Regione come la nostra, con i conti in ordine e in attivo. Nell’ultimo anno siamo riusciti ad assumere tredici/quattordici infermieri ogni dieci che uscivano dal servizio sanitario. Ed era necessario: sono professionisti fondamentali anche sul territorio e oggi possiamo dire di aver colmato il gap. Mentre per i medici il discorso è diverso: di camici bianchi c’è penuria e i concorsi vanno deserti per i pediatri, che preferiscono il territorio, e gli anestesisti». L’addio al tetto del 2004 rischia insomma di essere un provvedimento ad effetto parziale: resta il nodo del gap di specialisti. Ma di ricadute concrete se ne registreranno in ogni caso: in Emilia Romagna, stima Venturi, il +5% previsto sull’incremento della quota regionale di Fondo sanitario nazionale si tradurrà in 4,5 milioni di euro aggiuntivi da destinare alle assunzioni, pari a un arruolamento di 150 infermieri o (perché gli stipendi sono più alti) della metà dei medici. Questo solo per il primo anno, considerando che l’incremento complessivo del Fondo sanitario nazionale (Fsn) per il 2019 è pari a un miliardo. Mentre dai 2 miliardi in più previsti con l’incremento del Fsn nel 2020 il personale da poter assumere lieviterebbe.
Sono ipotesi, va detto, visto che il trend della spesa sanitaria pubblica è strettamente correlato all’andamento del Pil nazionale. Ma in via generale il meccanismo funzionerà, in casi come l’Emilia Romagna. O come la Lombardia: «Siamo molto soddisfatti: finalmente ci lasciamo alle spalle una norma penalizzante che aveva messo in ginocchio anche le Regioni virtuose – commenta l’assessore al Welfare Giulio Gallera, che è stato in prima linea nella stesura delle nuove regole, insieme al vice ministro all’Economia Massimo Garavaglia e al presidente delle Regioni Stefano Bonaccini. «Ora – precisa però Gallera - speriamo con il progetto di Autonomia di avere mano libera nella gestione del Fondo sanitario regionale».
Chi l’autonomia l’ha chiesta ed è in dirittura d’arrivo, insomma, ha tutta l’intenzione di spingere al massimo le scelte indipendenti sul personale. Idem per il Piemonte: l’assessore Antonio Saitta, che è anche coordinatore della Sanità per le Regioni, non usa mezzi termini: «Questa nuova norma – che nel complesso giudichiamo positivamente - deve necessariamente accompagnarsi a un aumento delle risorse per la formazione degli specialisti, in termini di borse messe a bando. Altrimenti l’unica strada è perseguire l’autonomia, che ci consentirà di gestire la formazione e i contratti, con accordi diretti con le Università e senza aspettare la programmazione nazionale». E qui torna il tema dell’imbuto formativo e della programmazione sballata dei fabbisogni, denunciato dall’ultimo studio Anaao: sono diecimila i giovani medici che aspettano un contratto, l’unica via che oggi può dare concretezza in tutte le Regioni allo sblocco del tetto del 2004. Anche su questo fronte il ministero della Salute promette di lavorare e cerca la sintonia con Miur ed Economia. «Senza l’incremento delle borse di specializzazione – avvisa ancora Saitta – continueremo a indire concorsi a cui non si presenta nessuno. In Regioni come il Piemonte, che fino al 2017 è stata in Piano di rientro e dove l’Anaao denuncia un ammanco di 2.004 medici, l'Intesa Stato-Regioni sul personale consentirà di raggiungere appena, a fine 2019, il livello di personale che avevamo nel 2013».
E le Regioni del Sud? Qui gli effetti dell’aggiornamento dei vincoli di spesa sono tutti da calcolare. Basti pensare che il solo Lazio sarebbe “sotto” del 6% sul personale. Ma l’Intesa, che nella proposta iniziale premiava soltanto le Regioni “best practice”, abbraccia nella sua versione finale tutta l’Italia: un dato incoraggiante, da cui ogni amministrazione dovrà saper trarre il meglio.


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