C'è bocconiano e bocconiano

di Elio Borgonovi, Sda Bocconi

Dopo i fuochi di artificio delle polemiche suscitate a fine novembre dalla dichiarazione del premier Monti sul «rischio che il sistema sanitario possa in futuro non essere sostenibile», il Natale ha portato la "buona novella", si fa per dire, di alcuni illustri colleghi secondo i quali nell'ambito della politica di riduzione della spesa pubblica, posizione del tutto legittima e che è supportata da alcune evidenze empiriche nella storia delle politiche economiche, il sistema di tutela pubblico dovrebbe coprire solo i "non ricchi", come oggi si usa dire per edulcorare i concetti (Giavazzi e Alesina, Corriere della Sera del 27 dicembre 2012).

Sicuramente il tema della ridefinizione dei confini tra Stato e privato è un tema cruciale che partiti e politici, sindacati, economisti, sociologi e opinionisti di varia estrazione devono porsi e deve essere rispettata la posizione di chi ritiene che si debba ridurre lo Stato per ampliare lo spazio del privato, inteso come spazio per il mercato dove operano imprese for profit, per l'azione delle istituzioni private non profit e per le altre forme di organizzazione della società. Tuttavia, occorre mettere in guardia da una forma di "populismo" che viene sempre alimentato con la proposta di ricette semplici per problemi complessi.

Occupandomi da oltre quarant'anni di ricerca e formazione manageriale per chi opera nell'ambito di sistemi di tutela della salute, non posso sottrarmi all'imperativo scientifico, ma anche morale, di far conoscere al largo pubblico che in Bocconi è presente una cultura diversa da quella espressa da colleghi che hanno spesso l'onore di comparire sulle prime pagine di uno dei maggiori quotidiani italiani e non di rado anche di una certa stampa straniera.

In primo luogo, si ricorda che la copertura universale, modello di welfare beveredgiano, non significa garantire tutto a tutti, come si usa dire, ma garantire a tutti livelli di servizi - nel caso specifico di tutela della salute - considerati espressivi di un certo livello di civiltà nel quale certi bisogni sono considerati diritti della persona in quanto tale.

In secondo luogo, la copertura universale ha anche una ragione economica sostanziale e molto forte, in quanto persegue l'obiettivo di evitare la moltiplicazione delle strutture dedicate alla tutela della salute. Escludere i "ricchi" dal Ssn significa creare due circuiti di finanziamento, ma inevitabilmente anche due circuiti di offerta. Dove questo sistema è applicato, Usa, Paesi del Centro e Sud America, Stati balcanici, India, la stessa Cina e molti altri, si hanno effetti che rappresentano una "evidenza empirica indiscutibile" che i ricercatori devono tenere presente se non vogliono diventare "ideologici". La moltiplicazione delle strutture di offerta nei paesi "ricchi" determina un aumento della spesa totale destinata alla tutela della salute (si veda il 17,5% del Pil degli Usa) e nei paesi economicamente meno progrediti causa un basso livello di assistenza, non solo per le classi povere della popolazione ma anche per i ceti medi, che vengono in questo modo schiacciati verso il basso.

Non a caso la Cina, dopo aver introdotto all'inizio del nuovo secolo una riforma sul modello del doppio circuito, dal 2010 ha iniziato a guardare con un elevato interesse ai sistemi sanitari nazionali di tipo europeo che sembrano maggiormente sostenibili sul piano del rapporto tra spesa totale (pubblica e privata) e su qualità dell'assistenza.

In terzo luogo, fa sorridere la tesi secondo cui l'esclusione dei "ricchi" dal Ssn «è un sistema che incoraggerebbe anche il lavoro: se anziché essere tassato con un'aliquota del 50% dovessi pagare un premio assicurativo a una compagnia privata, lavorerei di più per non rischiare di mancare le rate». Non bisogna essere fini economisti per dubitare del fatto che chi guadagna oltre 200-250.000 euro (questa sarebbe anche in Italia una soglia minima per escludere le persone dalla copertura del Ssn) sia indotto a lavorare di più perché deve pagare un'assicurazione anche di 8-10.000 euro. Quasi sicuramente questi livelli di reddito non dipendono dalla quantità di lavoro ma dalla professionalità (a es. professionisti e manager di alto livello, imprenditori di successo), dal tipo di attività (a es. investimenti finanziari, attività di trading in tutti i settori) e dalla motivazione di carattere generale, quindi il presunto effetto positivo non esisterebbe. È appena il caso di ricordare che agli inizi degli anni Ottanta alcune assicurazioni si lanciarono nello sviluppo di policy sanitarie partendo dal presupposto che la bassa qualità del Ssn avrebbe spinto molte imprese e molti professionisti a sottoscriverle, ma fecero un "bagno di sangue".

Come di fronte alla stessa sintomatologia le ricette devono essere diverse per persone differenti, anche le ricette economiche dovrebbero tenere conto delle specificità di questo settore.