Più povertà, più disuguaglianze: ecco l'Italia del 2013. Donne e giovani: uno spreco di risorse

di Manuela Perrone

Dalle macerie della crisi emerge un Paese segnato dalle disuguaglianze sociali, dalle differenze territoriali e dall'immobilità sociale. Un Paese in cui i poveri aumentano al ritmo di 4 punti percentuali l'anno. Un Paese in cui le reti sociali sono deboli e la fiducia verso gli altri, quelli esterni alla ristretta cerchia familiare e amicale, è bassissima. Un Paese che impiega poco e male le sue donne e i suoi giovani.

L'identikit arriva dal primo rapporto sul Benessere equo e sostenibile , realizzato dal Consiglio nazionale dell'economia del lavoro e dall'Istat in linea con le esperienze più avanzate che stanno prendendo forma in tutto il mondo, basate sulla convinzione che «ben essere» è molto più del reddito è molto più della mera fotografia sanitaria. Sono state perciò valutate dodici diverse dimensioni che contribuiscono a determinare il benessere dell'Italia e degli italiani: salute, istruzione, lavoro e conciliazione, bessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi.

Salute: non fermarsi alle apparenze. Il rapporto sfata molti miti. A partire dallo storico presunto vantaggio delle donne in termini di longevità, che peraltro si va riducendo (84,5 anni contro 79,4). Perché è vero che le italiane vivono più degli uomini, ma vivono peggio: in media passano un terzo della vita (il 33,3%) in condizioni non buone, contro il 25,4% degli uomini. Con quelle del Sud doppiamente penalizzate: hanno una vita media più breve e la prospettiva di più anni di disabilità (le over 65 meridionali possono contare di vivere ancora 7,3 anni senza limitazioni nelle attività quotidiane, contro i 10,4 delle coetanee settentrionali).

Allarme anche sugli stili di vita: il 45% della popolazione maggiorenne è obesa o in sovrappeso, circa il 40% non svolge alcuna attività fisica, tra i giovani l'abitudine al fumo non accenna a diminuire e aumenta l'abuso di alcol. Minacce per l'oggi ma ancora di più per il futuro.

Male la ricerca, ma le imprese spingono. L'Italia resta la cenerentola della ricerca, per cui spende solo l'1,3% del Pil a fronte di una media europea del 2% e un obiettivo del 3 per cento. Più della metà della spesa è sostenuta dalle imprese, ma l'obiettivo europeo che prevede un significativo impegno dei privati è ancora distante. Il numero di brevetti è fermo a 73,3 per milione di abitanti, contro la media europea di 108,6. Sotto la media anche il numero di occupati nei settori ad alta tecnologia (3,3% contro 3,8%) e i lavoratori della conoscenza (13,3% contro 18,8%).

Ma le imprese spingono. Nel triennio 2008-2010 hanno introdotto innovazioni di prodotto, di processo, organizzative e di marketing nel 54% dei casi, cinque punti sopra la media europea.

Resta invece forte il divario sull'utilizzo di internet, appannaggio del 54% della popolazione a fronte del 70% della media europea. Sfavoriti sono il Sud, gli anziani, le donne e le persone meno istruite.

Servizi a luci e ombre. La piaga delle liste d'attesa continua a minare l'accessibilità del Servizio sanitario nazionale e la qualità dell'assistenza sociale non sempre è garantita. Ma Cnel e Istat segnalano sensibili miglioramenti su altri fronti: negli ultimi anni è raddoppiata la quota di anziani assistiti in Adi (assistenza domiciliare integrata) e molti più bambini sono stati accolti negli asili nido, anche se il Mezzogiorno resta indietro.

La raccolta differenziata dei rifiuti ha fatto enormi passi avanti, arrivando al 35,3%, ma siamo lontani dagli standard dei migliori Paesi europei: ancora quasi la metà dei rifiuti finisce in discarica. Migliora anche l'erogazione dei servizi di pubblica utilità (gas, luce, acqua).

Istruzione condizionata dalla classe sociale e dalla residenza. Altro che diritto all'istruzione: le competenze che i giovani italiani riescono a raggiungere dipendono in larga misura dall'estrazione sociale, dal contesto socioeconomico e dal territorio. Dimmi dove nasci e ti dirò cosa diventerai. I figli di genitori con al massimo la scuola dell'obbligo hanno un tasso di abbandono scolastico del 27,7% che si riduce al 2,9% tra i figli di genitori laureati.

Il ritardo con l'Europa è disarmante. I laureati sono il 20,3% dei 30-34enni italiani contro il 34,6% dell'Unione europea a 27. La qualità del sistema educativo è fortemente differente tra Nord e Sud.

Lavoro: donne e giovani dimenticati. La crisi ha fatto peggiorare il tasso di disoccupazione (sceso dal 63% del 2008 al 61,2% del 2011 nella classe 20-64 anni) e quello di mancata partecipazione al lavoro (aumentato dal 15,6% al 17,9%), già tra i più critici in Europa.

Le disuguaglianze nell'accesso al lavoro si sono accentuate. Nonostante la recessione abbia colpito maggiormente le occupazioni maschili nell'edilizia e nel manifatturiero, il divario di genere nel tasso di occupazione resta elevatissimo (nella fascia d'età 20-64 anni quello maschile è del 72,6%, quello femminile del 49,9%). Parallelamente, il lavoro familiare continua a gravare sulle donne: il 39,2% ha un sovraccarico di ore di lavoro, il rapporto tra il tasso di occupazione delle donne con figli in età prescolare e quello delle donne senza figli resta inchiodato al 72 per cento.

L'Italia è inoltre il Paese europeo, dopo la Spagna, con la più forte esclusione dal lavoro dei giovani e l'unico dove un'intera macroregione - il Sud - assicura bassissime opportunità di occupazione regolare.