Salute globale: all'Assemblea Oms il punto sugli scenari post 2015 e il rebus della «copertura sanitaria universale»

di Nicoletta Dentico *


Si è appena conclusa a Ginevra la 66ma Assemblea dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) . Mentre scriviamo, sono ancora in corso le ultime battute del Consiglio Esecutivo che, come sempre, fa da coda all'Assemblea per tirarne le fila e definire le priorità di lavoro più pressanti. Come ha esordito Margaret Chan nel suo discorso di apertura, dieci anni fa l'assemblea apriva i battenti sotto «una nuvola di ansia», cioè l'allerta globale provocata dalla Sars: una sfida che ha scosso il mondo ma che ha aperto squarci di collaborazione mai visti prima nella comunità internazionale, capace di recidere in meno di quattro mesi il rischio della trasmissione del virus.

Oggi nuove date incalzano e condizionano il dibattito che ha portato 194 Stati membri al consueto appuntamento ginevrino. Prima fra tutte, la scadenza del 2015 fissata per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio (Mdg, Millennium Development Goals) che ha segnato in più occasioni la discussione intergovernativa della settimana scorsa, un'eco dell'intervento del presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim, volto noto all'Oms sin dai tempi del programma 3by5 contro l'Hiv/Aids.

Da almeno un anno ormai l'approssimarsi della data del 2015 istiga i decisori politici alla competizione tematica e alla definizione di un nuovo quadro strategico che non solo dia seguito ai risultati conseguiti con gli obiettivi del millennio, ma anche permetta di colmare alcune delle evidenti lacune concettuali e operative che ne spiegano la assai parziale riuscita all'interno di singoli Paesi o su obiettivi specifici (a esempio, quello sulla salute materno-infantile).

Il dibattito dell'Oms ha rinnovato l'analisi delle problematicità dell'approccio Mdg, soprattutto (ma non solo) per voce del continente latinoamericano. Il coordinamento Unasur, a nome di tutti i Paesi della regione del Sudamerica, ha parlato di frammentazione tematica degli obiettivi, di una visuale sui diritti umani del tutto assente, della insufficiente attenzione alla prevenzione, criticando a più riprese l'approccio prevalentemente quantitativo nella misurazione dei risultati, a scapito dell'analisi sulle ragioni profonde, socioeconomiche e politiche, del cattivo stato di salute dei più.

Del resto, il collegamento con i determinanti sociali della salute è stato evocato da un buon numero di delegati. Alla domanda di alcuni Governi di includere le malattie croniche nello scenario post 2015 sic et simpliciter, nel riconoscimento del cambiamento epidemiologico in atto, molti hanno risposto con la richiesta di un aggiustamento di strategia più ambizioso. L'approccio deve essere sistemico, includere le forme della governance sanitaria nazionale, i livelli di finanziamento della salute.

Il senso di marcia ormai prevalente nel dibattito internazionale per il dopo 2015 conduce alla visione della copertura sanitaria universale (Uhc, Universal Health Coverage), territorio semantico oggi assai mobilitante - ripreso costantemente nel corso della settimana di negoziati intergovernativi all'Oms - che pur nasconde a sua volta alcune ambiguità.
Le organizzazioni della società civile intervenute nel dibattito su Uhc, ma anche alcuni Governi più velatamente, hanno messo in guardia rispetto all'uso di escamotage verbali che più volte, nella storia degli ultimi decenni, hanno ammantato scelte politiche sanitarie discutibili. Perché si parla di copertura universale (coverage) e non più di assistenza universale (care)? Dall'inizio degli anni 90 la Banca mondiale ha promosso la stratificazione dei servizi sanitari con un sistema di assistenza per i poveri e un sistema assicurativo per le classi più abbienti, favorendo un ruolo sempre più decisivo al settore privato, profit e non-profit, in questo passaggio.

Sezionata com'è in tanti pacchetti di servizi sanitari distribuiti secondo la capacità di contribuzione fiscale delle persone e le possibilità di copertura assicurativa, la salute resta un terreno di misurazione fondamentale delle disuguaglianze in moltissimi Paesi del mondo. In maniera crescente anche nell'Europa del welfare state. Se un disoccupato, un impiegato nel settore informale ha un tumore, o un'altra patologia cronica, i problemi di assistenza sono molto seri anche in un Paese a sistema sanitario unico come il Brasile, che fa la voce grossa sul diritto alla salute nei negoziati internazionali; la malattia viene diagnosticata tutt'al più, ma la cura implica terapie troppo care per una persona che non ha un'occupazione stabile, magari è indigente, coperta da una pacchetto di protezione essenziale.

Su questo serve fare chiarezza, si insiste a Ginevra: che cosa vuol dire "health package", pacchetto sanitario? Che cos'è, questa copertura? Come garantire che i contributi dei pazienti (users' fees), oggi tardivamente stigmatizzati dall'Oms, non siano sostituiti da contributi informali altrettanto vessatori e meno monitorabili? Che il tema sia priorità assoluta nell'agenda della salute globale ne dà indicazione il discorso di Jim Yong Kim, ma anche il riconoscimento da parte dell'Oms di avviare un lavoro più capillare e tecnico con i Governi sulle implicazioni della copertura sanitaria universale nei Paesi, a partire dalle pratiche avviate in realtà come la Tailandia o il Messico.

Un risultato storico della 66ma assemblea viene dall'approvazione del primo Piano d'azione globale sulla salute mentale , una questione sanitaria sempre più sfidante e trasversale tra i Paesi, a cominciare dai suicidi. Date le implicazioni per la salute pubblica, diversi delegati hanno lamentato l'esclusione della salute mentale dall'agenda delle malattie croniche (NCDs, Non Communicable Diseases), tema che si è finalmente meritato la riconoscibilità nel dibattito internazionale, pur fra molte contraddizioni e tensioni in termini di approccio e di interessi in gioco - la lotta senza quartiere dell'Oms contro l'industria del fumo (celebrata il 31 maggio la Giornata mondiale contro il tabacco) non ha corrispettivi in altre aree di rilevanza economica che sulla salute producono un impatto molto serio.

Infine, l'approvazione del bilancio biennale e del 12mo programma di lavoro con nuove procedure molto più rapide e partecipate, insieme alla accettazione unanime della proposta di financing dialogue per tentare un'uscita dall'impasse finanziario dell'Organizzazione, hanno dato almeno un segno preliminare che la riforma in corso (e ancora in alto mare), della quale si è discusso anche in sede di Consiglio esecutivo, qualche frutto potrebbe anche produrlo.

* Presidente
Osservatorio Salute globale (Oisg)