Interruzione volontaria di gravidanza: «La legge ha funzionato». Bilancio Iss

di Manuela Perrone (da Il Sole-24 Ore Sanità)

Il grande spauracchio agitato dai detrattori della legge 194 era che la legalizzazione avrebbe provocato un aumento degli aborti. Trentacinque anni dopo i dati smentiscono spietatamente quell'assunto: le interruzioni volontarie di gravidanza sono nettamente diminuite. E, rispetto all'abortività stimata prima del 1978, «sono stati evitati 3 milioni e 300mila aborti, di cui un milione clandestini». Una vittoria della «procreazione consapevole».

A tracciare un bilancio più che positivo dell'applicazione della legge, ora insidiata dal dilagare dell'obiezione di coscienza tra medici e operatori, sono Michele Grandolfo, epidemiologo e già dirigente di ricerca presso l'Istituto superiore di Sanità, e Angela Spinelli, direttrice del reparto Salute della donna e dell'età evolutiva del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Iss. Nel rapporto "Epidemiologia dell'aborto e promozione della salute - bilancio di 35 anni di applicazione della legge 194/1978" i due esperti illustrano, numeri alla mano, gli effetti della legalizzazione. E ricordano come il fenomeno dell'aborto vada ricollegato alla questione più generale della promozione della salute e alla filosofia ispiratrice del Ssn, istituito con la legge 833/1978.

La domanda di partenza era una: la legalizzazione ha favorito l'aumento dell'aborto oppure ha promosso una maggiore diffusione dei metodi per la procreazione consapevole determinando la riduzione del rischio di gravidanze indesiderate? Gli autori del report non hanno dubbi: ha accresciuto l'empowerment delle donne. Non lo dimostra soltanto il calo dell'abortività (nel 2011 le Ivg sono state 109.538, il 54,6% in meno rispetto al 1982), ma anche altri due dati chiave. Il primo è la più rapida diminuzione dei tassi di abortività nelle donne sposate, occupate e più istruite, «condizioni - spiega Grandolfo - che favoriscono maggiori opportunità di acquisire competenze tali da accedere ai metodi per la procreazione consapevole». Lo stesso si evince dall'andamento degli aborti ripetuti: se la legalizzazione avesse facilitato il ricorso alle Ivg, la quota di aborti da parte di donne che già avevano abortito sarebbe dovuta aumentare rispetto a quella attesa. Invece è stata di gran lunga inferiore.

Certamente non sono tutte rose: le donne straniere hanno un tasso di abortività almeno tre volte più alto delle italiane, segno di un coinvolgimento ancora scarso della popolazione immigrata nel counselling per la procreazione consapevole. E il calo dell'abortività è stato minore al Sud, con la sola eccezione della Puglia, dove si è registrata la maggiore riduzione in assoluto.

Ma gli aborti clandestini si sono drasticamente ridotti: sono passati dai circa 100mila del 1982 ai 15mila del 2010 (-85%). Grandolfo respinge la tesi secondo cui l'aumento delle dimissioni per aborto spontaneo (erano 56.157 nel 1982, sono diventate 73.565 nel 2011) nasconda una quota rilevante di interventi clandestini. «Analizzando il rischio di abortività spontanea specifico per classe di età - spiega Grandolfo - si vede che l'aumento riguarda le classi di età più avanzate, come è da attendersi in seguito alla tendenza delle donne di fare figli a un'età più avanzata, quando il rischio di aborto spontaneo aumenta considerevolmente, mentre diminuisce tra le più giovani».

In ogni caso a riportare le donne nella clandestinità non sarebbe certo la legge, semmai la sua disapplicazione. Perché la 194, di per sé, ha funzionato. E potrebbe funzionare ancora meglio, per Grandolfo e Spinelli, se si cominciasse a espandere l'impiego dell'aborto medico e a usare l'anestesia locale invece di quella generale. Grandolfo ne è convinto: «Dimezzerebbe il peso dell'obiezione (quella degli anestesisti) e favorirebbe sia una notevole riduzione dei tempi di esecuzione e di impiego di risorse, sia una maggiore salvaguardia della salute delle donne (e un risparmio di almeno 150 milioni)».

L'esperto non ha comunque dubbi: «La 194 è stato il più grande successo italiano di Sanità pubblica». Il problema è che nessuno sembra accorgersene. Tanto che i consultori, simbolo di quel modello fondato sulla scelta consapevole della donna e della coppia, sono vittime - si legge nel rapporto - «di un processo di svilimento e di impoverimento». Tanto che l'obiezione di coscienza si insinua ovunque, anche dove non potrebbe. «Va ribadito - scrivono Grandolfo e Spinelli - che chi svolge una funzione di Sanità pubblica, dal medico di medicina generale a tutte le altre figure mediche impegnate direttamente o su base convenzionale nel Ssn, ha l'obbligo di indirizzare efficacemente la donna perché possa tempestivamente percorrere l'iter previsto dalla legge». E la legge, precisano, «indica chiaramente che la Regione è responsabile dell'assicurazione del servizio».

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