L'infezione da HIV oggi: caratteristiche e problemi della cronicizzazione della malattia

di Andrea Antinori, Direttore Sanitario, Istituto Nazionale per le Malattie Infettive L. Spallanzani IRCCS, Roma.

I dati di sorveglianza delle nuove infezioni da Hiv in Italia, aggiornati dall'Istituto Superiore di Sanità al dicembre 2011, che raccolgono le segnalazioni di nuove diagnosi di infezione da Hiv sull'intero territorio nazionale, indicano che, nel 2011, sono stati diagnosticati 5,8 nuovi casi ogni 100.000 residenti. Da oltre 10 anni, il numero delle nuove diagnosi di infezione da Hiv non diminuisce, con circa 4.000 persone diagnosticate ogni anno. Si tratta per lo più di maschi (il rapporto maschi/femmine è 3:1) e la modalità di trasmissione più frequente è di gran lunga il rapporto sessuale non protetto (nella popolazione italiana per il 40% circa dei casi eterosessuale, per il 36% omosessuale). Purtroppo circa la metà delle persone con diagnosi recente scopre l'infezione a uno stadio avanzato, quando il virus ha già prodotto danni consistenti al sistema immunitario, e il numero assoluto dei linfociti CD4+ è inferiore a 350 cellule/mm3.

Il ritardo della diagnosi è in rapporto con il cosiddetto "sommerso", stimato oggi tra il 15% e il 25% di tutta la popolazione Hiv positiva vivente in Italia, rappresentato dai soggetti inconsapevoli del proprio stato d'infezione, che ritardano o non eseguono il test. E' la conseguenza della bassa percezione del rischio di infezione, tratto oggi peculiare dell'epidemia da Hiv nella popolazione sessualmente attiva di molti paesi europei. Il ritardo di diagnosi ha diverse conseguenze: riduce l'efficacia della terapia; aumenta la probabilità di una progressione clinica; aumenta la probabilità di trasmissione, visto che i soggetti inconsapevoli del proprio stato di infezione sono anche i principali soggetti fonte della trasmissione dell'infezione.
La disponibilità di una terapia efficace è ormai un dato consolidato. Più di 20 farmaci antiretrovirali sono oggi disponibili in commercio, e altri sono in fase avanzata di registrazione o sperimentazione, e i dati più recenti dagli studi clinici, documentano che tra l'85% e il 90% dei pazienti che iniziano la terapia hanno una risposta efficace al trattamento. L'impatto della terapia antiretrovirale combinata (cART) ha progressivamente trasformato la storia naturale della malattia da Hiv da una patologia rapidamente progressiva, a una malattia cronica. Esistono però alcuni fattori che possono limitare potenzialmente gli effetti a breve e a lungo termine della cART. Un primo fattore è costituito dal ritardo nella diagnosi: la terapia è infatti tanto più efficace quanto più è iniziata precocemente. La sopravvivenza dei pazienti Hiv è molto aumentata negli ultimi anni, avvicinandosi in modo consistente a quella della popolazione sieronegativa. In un soggetto giovane che inizia la cART in buone condizioni immunitarie, l'attesa di vita è stimata essere oltre 50 anni. I fattori principali che ancora generano uno scostamento della mortalità dalla mortalità generale, sono l'età, lo stato di immunodeficienza alla diagnosi, e alcune caratteristiche epidemiologiche. Requisito essenziale per ottenere una reale cronicizzazione della malattia, oltre alla terapia condotta precocemente, è che la terapia sia condotta efficacemente per tutta la durata della vita del paziente. Gli effetti collaterali a lungo termine delle terapie, ancora motivo frequente di interruzione o cambio della terapia nei primi anni di trattamento, rappresentano ancora un fattore potenzialmente limitante l'efficacia.
Un accesso precoce alla diagnosi e alla terapia costituisce oggi la principale sfida globale all'epidemia di Hiv/Aids. Modelli matematici applicati a diverse realtà epidemiologiche e geografiche nel pianeta suggeriscono che favorire un accesso allargato e capillare al test e trattare precocemente i pazienti, non comporta solo benefici clinici (maggiore efficacia, migliore recupero immunologico, minore morbosità, ridotta mortalità), ma anche benefici epidemiologici (ridotto numero di nuove infezioni, ridotta prevalenza di Hiv nella popolazione), ed economici (ridotti costi di trattamento, ridotti costi generali della malattia).
Un altro aspetto è che i soggetti Hiv, specie se anziani, hanno più frequenti patologie concomitanti, cardiache, neurologiche, metaboliche, renali, epatiche, oncologiche. Queste patologie, che rappresentano la principale causa di morte correlata all'Hiv, sono il risultato di complessi meccanismi patogenetici, legati alla disfunzione immunologica e allo stato persistente di immuno-attivazione e infiammazione cronica che caratterizza ancora la storia naturale della malattia dei soggetti in trattamento.

Sono coinvolti nella patogenesi delle co-morbosità non infettive sia una più precoce immunosenescenza, sia gli effetti tossici a medio e lungo termine delle terapie, che, seppure molto meglio tollerate dei farmaci antiretrovirali di prima generazione, conservano un potenziale di effetti collaterali che viene amplificato dalla durata prolungata del trattamento. I nuovi connotati della storia naturale sono alla base delle modifiche della qualità di vita dei pazienti in trattamento, migliorata negli anni per effetto della terapia, ma con nuovi problemi e nuove sfide, legati alla cronicizzazione e ai cambiamenti della malattia. E ultima sfida, quella dell'eradicazione dell'infezione, ritenuta impossibile fino a qualche anno fa, ma oggi tornata prepotentemente di attualità sia per le nuove acquisizioni sui serbatoi naturali del virus, sia per i casi sporadici di cura funzionale, riportati negli ultimi anni. Il nuovo orizzonte sperimentale della terapia è oggi concentrato sui protocolli di cura funzionale, basato sullo svuotamento dei serbatoi cellulari e sul controllo spontaneo della replicazione virale.
Di tutto questo e di altro legato all'Hiv e alle sue innumerevoli sfaccettature, si parlerà a Roma, tra il 27 e il 30 Giugno, in occasione dell'Evento Sociale Spazio Rosso, in programma La Pelanda-Centro di Produzione Culturale (ex Mattatoio di Testaccio). Nel corso delle quattro giornate di fiera sociale e comunicazione dedicate alla malattia, a supporto dei programmi di prevenzione e ricerca gestiti dall'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani e da Anlaids Lazio, si discuterà, insieme ad esperti nell'ambito di workshop dedicati, sui vari temi più attuali della malattia da Hiv.