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Dal Ssn alla bioetica: Davide Faraone (Welfare Pd) «a tutto campo» su sanità e salute

Insistere nella lotta agli sprechi e puntare sulla qualità, individuando, da un lato, «nuove forme di finanziamento» come i fondi integrativi, dall'altro pensando «a delineare una diversa politica di tutela della salute, che sappia garantire di più a chi più ha bisogno e richiedere una partecipazione contributiva differenziata: chi più ha, più deve pagare».
Il nuovo responsabile Welfare del Pd Davide Faraone va a tutto campo nell'illustrare le prospettive per il Servizio sanitario: in un'intervista rilasciata all'Adnkronos Salute parla della necessità di «avviare una vera e propria rivoluzione copernicana che sposti sul territorio l'asse principale della strategia di tutela della salute».

«La grave situazione economica che si è venuta a creare nel Paese e la conseguente drastica riduzione delle risorse finanziarie disponibili - sottolinea Faraone - impongono concrete economie che, intanto, possono essere immediatamente conseguite attraverso il perseguimento di un'efficienza del sistema, tanto più possibile quanto più sapremo impegnarci nel portare avanti interventi e azioni capaci di razionalizzare la spesa, riposizionando le risorse presenti».Da qui il corollario di «non poter più garantire, a esempio, un ospedale in ogni comunità» e l'esigenza di potenziare la medicina sul territorio, realizzare la riconversione dei presìdi, promuovere la salute d'iniziativa e l'associazionismo dei medici, decongestionando i pronto soccorso, che non possono più continuare a rappresentare «l'unica risposta immediata di una sanità malata».

La lotta agli sprechi e la razionalizzazione sono l'altra faccia della medaglia: «spendere meno, spendere meglio», è il motto. Ma non basta: a cambiare dovranno essere le politiche per la salute che pongano fine al criterio del "tutto a tutti": e qui entrano in campo i fondi integrativi che, sottolinea Faraone, «lungi da suggestioni di tipo speculativo, debbono intervenire a copertura di quelle prestazioni che non rientrano tra i Lea, continuando a rappresentare il Servizio sanitario nazionale il pilastro fondamentale per la tutela della salute dei cittadini. Determinante, sotto questo aspetto, l'azione di controllo che dovrà essere esercitata dal ministero della Salute, cui compete la tenuta dell'anagrafe dei fondi integrativi e il loro monitoraggio».

La bioetica. Dal Servizio sanitario ai più pressanti tempi di bioetica, «su cui, nei prossimi mesi, il Pd non potrà sottrarsi al confronto». Sul testamento biologico, spiega innanzitutto Faraone ricordando la vicenda Englaro, «il nostro Paese necessita di una legge che, come in altri Stati europei, tuteli concretamente il diritto dei cittadini di disporre della propria esistenza, garantendo loro, in particolare, l'autodeterminazione in materia di consenso informato e di dichiarazione anticipata di accettazione di trattamenti terapeutici nel caso di una successiva intervenuta impossibilità di scegliere in libertà». Ma è chiaro che «si tratta di un tema di estrema delicatezza che va affrontato nel rispetto delle diverse sensibilità e culture presenti nel nostro Paese».
Da rivedere è poi la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, che «presenta alcune gravi criticità che, se non risolte tempestivamente, rischiano di esporre l'Italia a un procedimento di infrazione europeo per mancato rispetto degli obblighi comunitari». Tra i punti da modificare, il divieto di diagnosi pre impianto, il no assoluto alla eterologa e il nodo dell'accreditamento dei centri abilitati alla Pma.
Il caso Stamina, infine: se per Faraone va affrontato con cautela «facendo tesoro delle esperienze passate come nel caso della terapia Di Bella e del siero Bonifacio, che tante speranze hanno alimentato e tante risorse hanno bruciato, a fronte degli scarsi, quanto contraddittori risultati raggiunti», l'intera vicenda «altamente complessa» induce a una riflessione «sullo stato di salute della ricerca in Italia, sulla scarsità e selettività delle risorse investite e, ancora, sui tanti lacci e lacciuoli burocratici che la imbrigliano, impedendo lo sviluppo di sperimentazioni. La vicenda Stamina - conclude Faraone - ci pone alcuni quesiti che necessitano di scelte chiare e inequivocabili. Al di là di un necessario impegno ad aumentare gli investimenti, dobbiamo chiederci, in particolare, se sia giusto continuare a concentrarli in poche istituzioni di ricerca e, ancora, specie in sanità, quale ricerca sia maggiormente congeniale e capace di rispondere ai bisogni reali della popolazione. Speriamo che, presto, queste domande possano trovare una risposta, a conferma del fatto che i riflettori accesi su Stamina possano indicare, per la ricerca in Italia, un percorso certamente definito, fortemente incentrato sulla concreta innovazione».