Dibattiti-e-Idee

«La salute declinata al femminile»

di Chiara Benedetto (Presidentessa European Board&College of Obstetrics&inecology e Direttrice Scdu Ginecologia e Ostetricia Ospedale S.Anna di Torino)

La medicina di genere è una scienza multidisciplinare che, attraverso la ricerca, si propone di identificare e studiare le differenze di genere, cioè fra uomo e donna, sia nel modo e nella frequenza con cui si manifestano le malattie sia nella risposta alle terapie. Una volta identificate tali differenze, si dovrebbero impostare dei percorsi preventivi, diagnostici, terapeutici e assistenziali specifici per ciascuno dei due sessi.

L'approccio di genere in medicina. L'idea della medicina di genere è relativamente recente e risale agli anni '80. Fino a quel momento la medicina occidentale considerava gli individui dei due sessi come esseri sostanzialmente uguali, fatte salve alcune evidenti differenze anatomiche.
Nel corso dei secoli il modello di riferimento per le ricerche mediche è stato il corpo maschile, in particolare quello di un uomo di circa 35 anni, di 70 kg e di origine caucasica.
Sicuramente l'organismo femminile è più complesso di quello maschile: basti pensare alla variabilità dell'assetto ormonale (ciclo mestruale, gravidanza, menopausa) che rende il corpo della donna un modello di studio più problematico.
A partire dagli anni '80, negli Usa, alcuni ricercatori cominciano a studiare l'impatto che le differenze di genere comportano rispetto al modo in cui le patologie si manifestano, si sviluppano, vengono curate: si prende consapevolezza che uomini e donne differiscono non solo per caratteri sessuali, ma anche per peso, percentuale di grasso corporeo, funzionalità del fegato, assetto ormonale e aspetti ambientali, socio-culturali e psicologici.
Si incomincia a capire che, proprio a causa delle differenze di genere, il decorso delle malattie e la risposta alle cure farmacologiche variano sensibilmente tra uomini e donne: la diversa appartenenza di genere determina sintomi, progressione e decorso delle malattie molto diversi tra loro.

Le tappe storiche della medicina di genere
• Nel 1985 i National Institutes of Health statunitensi rendono pubblico il primo rapporto sulla salute delle donne stilato sulla base delle differenze di genere, puntando il dito sul ritardo conoscitivo della medicina su questo importante aspetto.
• Nel 1991 la cardiologa Bernardine Healy, Direttore dell'Istituto Nazionale di Salute Pubblica statunitense, pubblica un articolo intitolato ‘The Yentl Syndrome', dal nome dell'eroina di un racconto di Isaac B. Singer, costretta a travestirsi da uomo per accedere allo studio del Talmud. L'articolo commenta i risultati di due studi di confronto fra donne e uomini affetti da coronaropatia ed evidenzia un atteggiamento discriminatorio dei medici cardiologi nei confronti delle donne che, a differenza degli uomini, subiscono un numero maggiore di errori diagnostici, ricevono meno cure e sono sottoposte a interventi chirurgici non risolutivi.
La Healy commenta: «Come Yentl anche le donne sono state costrette a trasformarsi in "piccoli uomini" per rientrare nei canoni della medicina classica…speriamo che la sindrome di Yentl diventi un curioso ricordo della storia».
• Nel 1992 la cardiologa Marianne J. Legato fonda la Partnership for Women's Health alla Columbia University di New York dando inizio ai primi studi su gruppi di donne.
• Nel 2000 l'Oms inserisce la Medicina di Genere nell'Equity Act, a testimonianza che il principio di equità implica che la cura sia appropriata e consona al singolo genere.
• Nel 2002 viene istituito il primo corso di Medicina di Genere alla Columbia University di New York.
• Nel 2004 viene organizzato presso il ministero della Salute il primo importante evento in Italia sulla salute delle donne: «La salute della donna: differenze, specificità e opportunità».
• Nel 2006 la Commissione Europea ribadisce la necessità di promuovere una politica in difesa della salute tenendo conto della diversità di genere e il Consiglio dell'Unione Europea sollecita un maggiore approfondimento scientifico da parte degli operatori sanitari per affrontare le diversità di genere.
• Nel 2007 l'Oms si propone gli obiettivi di: sostenere e promuovere la ricerca e la formazione di genere in tutte le sedi istituzionali nazionali e internazionali; includere l'analisi di genere in tutti i campi della ricerca compreso quello epidemiologico e statistico; favorire lo sviluppo di farmaci e di nuovi approcci terapeutici mirati al genere favorendo la ricerca anche mediante l'uso di incentivi.
• A febbraio del 2009 viene organizzato il primo congresso italiano nazionale sulla medicina di genere.
• Nel 2010 viene avanzata a livello del Parlamento Europeo una proposta di legge, analoga a quella americana, che rende obbligatoria in Europa un'equa rappresentanza femminile (50%) negli studi sulle patologie cardiovascolari (prime cause di mortalità femminile).

Le differenze tra uomo e donna
La differenza sessuale e somatica è l'evidenza più immediata attraverso la quale siamo abituati a individuare e a separare uomini e donne. Ma se facessimo un viaggio all'interno del corpo umano e potessimo osservarne 'dal vivo' funzionamento e reazioni, le differenze di genere ci apparirebbero in tutta la loro evidenza. Partiamo dall'organo vitale per eccellenza: il cuore. Dal punto di vista del suo peso, quello delle donne è mediamente più leggero di quello degli uomini, può avere una diversa composizione proteica e un differente funzionamento delle arterie. Solo nel cuore delle donne, con l'invecchiamento, solitamente si forma un tipo di tessuto chiamato connettivo, che prende il posto di quello contrattile, rendendolo più 'rigido' di quello degli uomini. Di conseguenza, anche gli effetti di un aumento della pressione sanguigna possono differire: in alcuni casi il cuore degli uomini si dilata, mentre spesso quello delle donne rimane della medesima misura, ma sviluppa un ispessimento delle pareti, a testimonianza della complessità e diversità dell'intera biologia del cuore femminile.
Inoltre, le arterie coronariche del cuore femminile entrano in spasmo più facilmente di quelle degli uomini, una donna che provi uno shock emozionale particolarmente intenso ha maggiori probabilità, rispetto agli uomini, di sviluppare nell'arco di uno o due giorni un attacco cardiaco. Inoltre, il pregiudizio che le donne siano meno colpite rispetto agli uomini da patologie cardiovascolari ha comportato una sottovalutazione dei sintomi e ritardi nella diagnosi. Un esempio tipico è rappresentato dall'angina pectoris, che si presenta in modo diverso nei due sessi.
Nei manuali di medicina viene descritta la sintomatologia tipica del maschio: dolore toracico a livello dello sterno, oppressivo e costrittivo, di breve durata, che può irradiarsi al braccio sinistro.
Nella donna, invece, secondo lo studio Wise (Women Ischemic Syndrome Evaluation), i primi sintomi sono rappresentati da: dolore irradiato alle spalle, al dorso, al collo, mancanza di fiato, nausea persistente, sudori freddi, vomito, spossatezza, ansia e debolezza.
Gli operatori non consapevoli di queste differenze possono non riconoscere questi sintomi o ricondurli a un'influenza o a problemi gastrici. Di conseguenza il ricovero, nelle donne, avviene troppo tardi, o non viene effettuato in terapia intensiva coronarica, rendendo meno efficaci le terapie.
Se dal cuore passiamo al cervello, le differenze sono ancora evidenti. Il cervello maschile, o meglio, la sua 'materia grigia', è circa un 10% più grande di quello femminile, ma nelle donne la cosiddetta 'materia bianca' che è rappresentata dalle strutture di connessione tra le cellule neuronali, è maggiore: questa differenza fa sì che le donne siano più in grado di svolgere diverse mansioni contemporaneamente rispetto agli uomini.
Dal punto di vista della percezione del dolore, durante il ciclo mestruale la donna diviene molto più sensibile, come conseguenza della riduzione dei livelli di estrogeni. Durante la gravidanza, il cervello della donna produce una grande quantità di neurosteroidi che diminuiscono l'ansia e hanno anche un effetto ipnotico. Negli uomini invece, è la diminuzione del livello di testosterone a indurre una maggiore sensibilità al dolore e una maggiore predisposizione a dimostrarlo.

La risposta alle terapie e ai farmaci. Il genere condiziona non solo la patologia, ma anche la risposta alle terapie. Infatti la farmacocinetica, cioè il modo con cui i farmaci vengono assorbiti ed eliminati dall'organismo, è influenzata da alcune importanti differenze fisiologiche legate al genere.
Donne e uomini rispondono anche in modo diverso ad alcuni tipi di farmaci. Ad esempio, nell'ambito del trattamento dell'ipertensione, i farmaci calcio-antagonisti sembrano più efficaci nelle donne nel ridurre la pressione arteriosa e gli ACE-inibitori sembrano in grado di ridurre significativamente la mortalità tra gli uomini, ma non tra le donne.
Nella terapia della depressione, le donne sembrano rispondere meglio agli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI), mentre gli uomini trarrebbero maggiori benefici con gli antidepressivi triclici (TCA).
Nonostante la differente risposta alle terapie farmacologiche e sebbene le donne consumino circa il 40% di farmaci in più rispetto agli uomini, fino a un recente passato gran parte dei nuovi farmaci venivano testati solo sugli uomini e molti principi attivi non sono mai stati sperimentati sulla popolazione femminile.
Molto spesso questa scelta è legata a un atteggiamento di 'prudenza: la ragione principale dell'esclusione delle donne dai trial clinici è infatti rappresentata dal timore che una molecola in sperimentazione possa costituire un rischio per una donna in età fertile.
C'è poi il problema della fluttuazione dei livelli ormonali dovuta al ciclo mestruale, che si ritiene possa influenzare i risultati della sperimentazione.
Ma la mancanza di studi specifici sulle donne, soprattutto nelle fasi precoci della ricerca,
produce due importanti conseguenze: non consente di misurare la reale efficacia dei farmaci rispetto ai diversi generi e può limitare la scoperta di farmaci specifici per le donne.

Quali patologie colpiscono di più le donne
Le donne vivono più a lungo, ma si ammalano di più ed usano di più i servizi sanitari. È il cosiddetto "paradosso donna": le donne, sebbene vivano più a lungo degli uomini, hanno l'onere di un maggior numero di anni di vita in cattiva salute.
La società americana per la salute della donna riporta le seguenti differenze tra uomo e donna:
1. Malattie cardiache: tasso di mortalità per cardiopatia ischemica lievemente superiore nelle donne rispetto agli uomini. Le donne hanno maggiori probabilità degli uomini di avere un secondo infarto entro un anno dal primo.
2. Depressione: le donne hanno una probabilità 2-3 volte superiore a quella degli uomini di essere colpite da depressione, anche a causa dei minori livelli di serotonina nel cervello.
3. Osteoporosi: le donne rappresentano l'80% della popolazione colpita da questa malattia.
4. Cancro al polmone: a parità di esposizione al fumo, le donne hanno maggiori probabilità di sviluppare tumore al polmone rispetto agli uomini. Il sesso femminile è, infatti, più sensibile alle sostanze cancerogene presenti nelle sigarette.
5. Malattie sessualmente trasmesse: rispetto agli uomini, le donne hanno una probabilità doppia di contrarre una malattia sessualmente trasmessa e dieci volte superiore di contrarre l'HIV a causa di rapporti sessuali non protetti.
6. Reazioni ai farmaci: le reazioni avverse ai farmaci sono 1,7 volte maggiori nelle donne rispetto agli uomini, tanto che il 60% dei ricoveri delle donne (Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna) è conseguenza di reazioni indesiderata a qualche medicinale.
7. Malattie autoimmuni: tra il sesso femminile il 75% delle persone che soffrono di malattie del sistema immunitario, come la sclerosi multipla, l'artrite reumatoide e il lupus.
9. Alcool: le donne producono una minore quantità dell'enzima gastrico che metabolizza l'etanolo. A parità di consumo, dunque, le donne presentano una maggiore concentrazione di alcool nel sangue rispetto agli uomini, anche tenendo conto delle differenze di peso.

La percezione della salute
Secondo i dati dell'Istat l'8,3 per cento delle donne italiane denuncia un cattivo stato di salute contro il 5,3 per cento degli uomini. Le malattie per le quali le donne presentano una maggiore prevalenza rispetto agli uomini sono le allergie (+8 per cento), il diabete (+9 per cento), la cataratta (+80 per cento), l'ipertensione arteriosa (+30 per cento), alcune malattie cardiache (+5 per cento), della tiroide (+500 per cento), artrosi e artrite (+49 per cento), osteoporosi (+736 per cento), calcolosi (+31 per cento), cefalea ed emicrania (+123 per cento), depressione e ansia (+138 per cento), malattia di Alzheimer (+100 per cento). La disabilità è più diffusa tra le donne (6,1 per cento, contro 3,3 per cento degli uomini). In tema di fruizione dei servizi sanitari, sempre l'ISTAT attesta che il 18% delle donne contro il 14% degli uomini si sottopone a visite generiche; il 16% a visite specialistiche contro il 12.4% degli uomini e che ben il 50.7% delle donne consuma farmaci contro una percentuale maschile del 39.5%.

Approcci di cura mirati e differenziati
E' sicuramente importante avere percorsi di cura mirati e differenziati per genere in modo da ottimizzare le cure in un'ottica di equità.
Sono state individuate 3 importanti strategie di intervento:
1. specifiche analisi di genere non solo in campo clinico, ma anche nelle scienze di base e sociali, nell'epidemiologia clinica, nei servizi sanitari e negli esiti della ricerca;
2. applicazione di indicatori di qualità stratificati per valutare eventuali disparità di genere nelle prestazioni cliniche;
3. ricerche che individuino i meccanismi che determinano le disparità e che valutino l'efficacia di interventi mirati a ottenere l'equità in tema di salute e assistenza sanitaria.
Per quanto riguarda la prevenzione
• raccomandare fortemente l'astensione dal fumo, fattore di rischio che si è dimostrato più dannoso specificamente per le donne in relazione sia alle patologie cardiovascolari, sia alle patologie dell'apparato respiratorio
• raccomandare fortemente le pratiche preventive necessarie alle donne diabetiche che tendono a sviluppare un maggior numero di eventi cardiovascolari rispetto agli uomini
• ricercare strategie di stimolazione degli stili di vita preventivi (fumo/attività fisica/dieta) specifici per le donne: infatti, le motivazioni per cui esse fumano, non praticano sport, mangiano troppo o bevono, sono diverse da quelle degli uomini. Per esempio, ben il 47% delle donne non pratica alcuna forma di attività fisica e solo il 16% dichiara di fare sport con continuità a causa degli impegni familiari (principalmente la cura dei figli e della casa)
• monitorare le pratiche vaccinali in particolare nelle bambine (HPV/rosolia) e nelle donne fertili sia per verificarne la copertura, sia per somministrare gli eventuali vaccini necessari in piena sicurezza
• consigliare l'uso di acido folico alle donne in periodo fertile che non usino contraccettivi.
• valutare l'utilità della supplementazione di iodio nelle donne gravide
• incentivare la consapevolezza della propria fertilità attraverso l'informazione sull'anatomia e la fisiologia dell'apparato riproduttivo in modo da prevenire le gravidanze indesiderate (e quindi l'interruzione volontaria di gravidanza), e da programmare le gravidanze sottolineando i possibili rischi connessi all'età.
• mantenere elevata l'attenzione alla contraccezione di barriera per prevenire le malattie a trasmissione sessuale (nelle donne maggiore prevalenza e sintomatologia più accentuata)
• monitorare l'uso dei farmaci nelle donne fertili che non usano contraccezione sicura ed evitare l'uso di farmaci potenzialmente embriotossici
• monitorare l'utilizzo di indagini diagnostiche (Rx) embriotossiche
• incentivare la pratica degli screening (pap test e mammografia) con particolare riguardo alle donne immigrate che molto spesso non ne sono a conoscenza e necessitano di spiegazioni a riguardo

I segni della violenza
Per quanto riguarda la violenza nelle donne
• ricordare che esiste e che la percentuale si aggira attorno al 10-14% delle donne: va posta maggior attenzione ai segnali diretti e indiretti che ci possono permettere di individuarla
• ricordare che spesso sintomi cronici privi di evidenze organiche (colon irritabile, cistiti recidivanti abatteriche, dolori addominali sine causa, disturbi della sessualità ecc.) possono essere una manifestazione indiretta di violenza subita

Vademecum sui farmaci
• monitorare l'uso di farmaci in corso di terapia contraccettiva ormonale
•monitorare l'uso di farmaci in gravidanza
• monitorare gli effetti collaterali dei farmaci (maggiore frequenza nelle donne)
• valutare l'uso di alcuni farmaci in prevenzione primaria in relazione al rapporto rischio/beneficio (ad es. aspirina)

Vademecum sulle patologie cardiovascolari
•mantenere alta l'attenzione ai sintomi atipici (ansia, dispnea, affaticabilità ecc.) di cardiopatia ischemica, causa di frequente ritardo diagnostico.