Dibattiti-e-Idee
Avastin-Lucentis: montano le critiche sul parere del Css
di Sara Todaro
La scelta del Consiglio superiore di Sanità di utilizzare una definizione di equivalenza basata sull'assenza di prove di diversità e non sulla dimostrazione scientifica della stessa nel parere del 15 aprile sull'uso ospedaliero off-label di Avastin per la degenerazione maculare senile finisce nel mirino di un gruppo di esperti del settore che hanno avviato una raccolta di firme su un documento che ne segnala tutte le criticità.
Al documento - stilato da Mauro De Rosa (Docente a contratto di Politiche Farmaceutiche, Università Piemonte Orientale), Andrea Messori (dirigente farmacista, dell'Unità di Hta dell'Area Vasta Toscana Centro) e Giuseppe Mancia (Professore Emerito di Medicina all'Università di Milano Bicocca) - hanno già dato la loro adesione: Paolo Bianco (Dipartimento di Medicina Molecolare, Università la Sapienza di Roma); Elena Cattaneo (Department of Biosciences, Università di Milano) e Michele De Luca (Centro di Medicina Rigenerativa -Stefano Ferrari, Università di Modena e Reggio Emilia). Obiettivo dell'iniziativa, raccogliere entro domenica 1 giugno (all'indirizzo controversia.avastin.css@gmail.com) da 20 a 40 adesioni autorevoli per esperienza, competenze e indipendenza di giudizio in vista della decisione sulla riammissione alla rimborsabilità da oparte della Commissione tecnica scientifica del'Aifa, proprio a valere sul parere espresso dalla Cts, attesa nella seconda metà di giugno
Nel mirino degli esperti il metodo che il Css ha adottato nell'esaminare le evidenze di efficacia e di sicurezza per bevacizumab off-label e Lucentis. «Il Css ha utilizzato una definizione di equivalenza basata sul concetto di
«Nel nostro sistema sanitario così come nella comunità scientifica sia internazionale che nazionale - prosegue il documento - è largamente condivisa una impostazione per cui i dati di efficacia e di sicurezza (ossia le evidenze) guidano le decisioni. E non viceversa». «Un principio - aggiungono - che va salvaguardato in un contesto in cui questi "dati" evolvono con estrema rapidità, soprattutto nel campo della farmacoterapia». Di qui i due "vincoli" - il primo di natura evidenziale il secondo di natura organizzativo-farmaceutica - cui gli esperti chiedono di condizionare la riammissione del bevacizumab intravitereale nella lista dei trattamenti gestiti ai sensi della Legge 648/96 (uso off label):
1. Reale «disponibilità di prove le prove della non differenza tra bevacizumab e ranibizumab, meglio se derivanti da trial prospettici controllati». Assumere una decisione diversa adesso , sottolinea il documento «significherebbe esporre i pazienti italiani ad un presunto o reale rischio di effetti avversi», poiché «ci sembra che i dati oggi parlino contro la sicurezza di bevacizumab».
2. Creazione da parte di Aifa di una Nota e un Registro che circoscrivano l'uso di questo trattamento off-label all'interno delle strutture pubbliche del Ssn e più precisamente all'interno dei reparti ospedalieri (escludendo gli ambulatori extraospedalieri); assegnazione della preparazione «esclusivamente alle farmacie ospedaliere dotate di cappa a flusso laminare vertical; verifica sistematica da parte di Aifa su scheda e follow up ben definiti.
Il tutto per realizzare quel «quadro di attento monitoraggio peraltro già prefigurato dal Css».
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