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Avastin-Lucentis: critiche su parere Css alla Lorenzin

di Sara Todaro

E pronto per essere spedito al ministro Lorenzin il documento sottoscritto da 16 esperti in cui si segnalano le criticità del parere con cui il Consiglio superiore di sanità, il 15 aprile scorso, ha aperto all'uso ospedaliero off label di Avastin (Novartis) per la degenerazione maculare senile: nel mirino l'utilizzo di una definizione di equivalenza basata sull'assenza di prove di diversità e non sulla dimostrazione scientifica della stessa.

Il documento - stilato da Mauro De Rosa (Docente a contratto di Politiche Farmaceutiche, Università Piemonte Orientale), Andrea Messori (dirigente farmacista, dell'Unità di Hta dell'Area Vasta Toscana Centro) e Giuseppe Mancia (Professore Emerito di Medicina all'Università di Milano Bicocca) - è stato sottoposto ad una raccolta di firme conclusasi domenica primo giugno (controversia.avastin.css@gmail.com).

In vista della decisione sulla riammissione di Avastin alla rimborsabilità da parte della Commissione tecnica scientifica del'Aifa, attesa nella seconda metà di giugno, i firmatari i firnmatari contestano il metodo utilizzato dall'organo di consulenza della Salute nell'esaminare le evidenze di efficacia e di sicurezza per bevacizumab off-label e Lucentis. «Il Css ha utilizzato una definizione di equivalenza basata sul concetto di "no proof of difference"piuttosto che su quello (metodologicamente più accreditato) della "proof of no difference"» - scrivono. - «È noto che il primo rappresenta una mancanza di prove mentre il secondo corrisponde all'avvenuta dimostrazione di equivalenza. È indiscutibile che dimostrare la "proof of no difference" è assai più difficile che ricercare una "no proof of difference"; ciò nonostante, adottare questo approccio ai fini dell'approvazione di un intervento terapeutico così controverso appare, a nostro avviso, una scelta da approfondire e da riconsiderare, soprattutto se applicata ad un trattamento off-label come l'Avastin intravitreale e se riferita ad una questione di sicurezza vs. costo del trattamento».

«Nel nostro sistema sanitario così come nella comunità scientifica sia internazionale che nazionale - prosegue il documento - è largamente condivisa una impostazione per cui i dati di efficacia e di sicurezza (ossia le evidenze) guidano le decisioni. E non viceversa». «Un principio - aggiungono - che va salvaguardato in un contesto in cui questi "dati" evolvono con estrema rapidità, soprattutto nel campo della farmacoterapia». Di qui i due "vincoli" - il primo di natura evidenziale il secondo di natura organizzativo-farmaceutica - cui gli esperti chiedono di condizionare la riammissione del bevacizumab intravitereale nella lista dei trattamenti gestiti ai sensi della Legge 648/96 (uso off label):

1. Reale «disponibilità di prove le prove della non differenza tra bevacizumab e ranibizumab, meglio se derivanti da trial prospettici controllati». Assumere una decisione diversa adesso , sottolinea il documento «significherebbe esporre i pazienti italiani ad un presunto o reale rischio di effetti avversi», poiché «ci sembra che i dati oggi parlino contro la sicurezza di bevacizumab».

2. Creazione da parte di Aifa di una Nota e un Registro che circoscrivano l'uso di questo trattamento off-label all'interno delle strutture pubbliche del Ssn e più precisamente all'interno dei reparti ospedalieri (escludendo gli ambulatori extraospedalieri); assegnazione della preparazione «esclusivamente alle farmacie ospedaliere dotate di cappa a flusso laminare verticale; verifica sistematica da parte di Aifa su scheda e follow up ben definiti.

Il tutto per realizzare quel «quadro di attento monitoraggio peraltro già prefigurato dal Css».

Al documento hanno dato la loro adesione: Paolo Bianco (Dipartimento di Medicina Molecolare, Università la Sapienza di Roma); Elena Cattaneo (Department of Biosciences, Università di Milano); Michele De Luca (Centro di Medicina Rigenerativa -Stefano Ferrari, Università di Modena e Reggio Emilia); Achille Caputi (Farmacologia, Università di Messina);
Alberico Luigi Catapano (Farmacologia, Università di Milano); Gilberto Corbellini (Medicina Molecolare, Università La Sapienza, Roma); Armando D'Angelo (Coagulazione e Centro Emostasi e Trombosi, Irccs Ospedale San Raffaele, Milano); Filippo Drago (Farmacologia, Università di Catania); Francesco Locatelli (Nefrologia, Ospedale Alessandro Manzoni, Lecco); Franco Patti (Neurologia, Università di Catania);
Paolo Sbraccia (Medicina dei Sistemi, Università Tor Vergata, Roma);
Federico Spandonaro (Economia Sanitaria, Università Tor Vergata, Roma); Elena Tremoli (Scienze Farmacologiche e Biomolecolari, Università di Milano.