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Storia della medicina: Michelagelo insegnò anatomia

di Donatella Lippi, Storia della medicinaUniversità di Firenze

«Fece per la chiesa di Santo Spirito della città di Firenze un crocifisso in legno... a compiacenza del priore il quale gli diede comodità di stanze, dove molte volte scorticando corpi morti per studiare le cose di notomia, cominciò a dare perfezione al gran disegno ch'egli ebbe».

Così scrive Giorgio Vasari nella vita di Michelangelo (1475-1564).
Testimone di eventi storici e religiosi epocali, Michelangelo ebbe, coi i suoi mecenati e committenti, rapporti di peculiare e controversa intimità: dall'esperienza di Firenze repubblicana negli anni 1494-1512 e del 1527, alla ricostituzione della signoria medicea, Michelangelo conobbe il pontificato di Giulio II Della Rovere (1503-13), quello dei Medici Leone X (1513-21) e Clemente VII (1523-34), quello di Paolo III Farnese (1534-49), Giulio III Del Monte (1550-55), Paolo IV Carafa (1555-59), Pio IV Medici di Marignano (1559-65).

Respirando la ricca atmosfera religiosa, letteraria, filosofica dell'ambiente fiorentino e romano, dal neoplatonismo della corte medicea al profetismo savonaroliano, ai movimenti preriformatori e riformatori, ebbe come fonti la Bibbia, Dante e i suoi commentatori, Petrarca, certamente sfumate e intessute coi simboli più specificamente figurativi, nell'elaborazione della sua opera artistica.

E nella Firenze del tardo Cinquecento, dopo che Papa Sisto IV, nel 1472, aveva definito l'Anatomia disciplina «utile alla pratica medica e artistica» e dopo che un altro pontefice, Papa Clemente VII, ne aveva autorizzato l'insegnamento, Michelangelo poté indagare il corpo, alla ricerca delle sue leggi e dei suoi segreti.

Da questa competenza anatomica, nascono i suoi capolavori, che sposano la perfezione del corpo alla sua profonda adesione agli ideali civili ed etici della repubblica fiorentina.

Le possenti forme del David non riescono, però, a celare l'asimmetria dello sguardo, così come agli occhi dei critici non è sfuggita la sua possibile, mancata circoncisione (Ciaglia, 1971), considerata, del resto, inopportuna nell'arte del Rinascimento…

Allo stesso modo, il seno sinistro dell'Aurora, che insiste sul sepolcro di Giuliano de' Medici, Duca di Nemours, sembra celare un difetto, suggestivo di una neoplasia (Stark, 2000): cosce imponenti, braccia troppo muscolose. La presunta omosessualità di Michelangelo pare trovare una conferma nei volumi possenti ed erculei dell'Aurora, ispirati, probabilmente, a un soggetto maschile, su cui l'artista avrebbe aggiunto il seno (Wise, 1991).

«Per quello che giudicano i medici, dicono che io ho il male della pietra»: così scriveva a suo nipote, Leonardo, confessando che questo incomodo era stato causato dalle tante fatiche e dai tanti disagi, sopportati con eroica costanza (Eknoyan, 2000).

Forse, per questo, Michelangelo approfondì la conoscenza anatomica del rene (Condivi, 1976).
Il suo medico era Realdo Colombo (1510ca-1559), con cui Michelangelo avrebbe voluto scrivere un testo di anatomia: Realdo Colombo, allievo di Vesalio e dal 1548 chiamato da Paolo III a Roma, vicino a Michelangelo al punto - come scrive al duca Cosimo I - di vagheggiare di comporre un nuovo trattato di anatomia poiché «la fortuna mi apresentava il primo pittor del mondo a servirmi in questo».

Abbandonato a balia a Settignano, in una famiglia di scalpellini, dove succhiò con il latte anche l'arte di scolpire («... così come anche tirai dal latte della mia balia gli scarpegli e "I mazzuolo con che io fo le figure"»), Michelangelo lasciò le tracce di questa sua sofferenza emotiva nell'affresco della Cappella Sistina, la cosiddetta "Creazione di Adamo", là dove, nel mantello di Dio, è stata vista una placenta, come osservata all'interno di un utero gravido, aperto in sezione sagittale dal lato destro.
Il coro degli angeli assomiglia fortemente alla placenta: la distribuzione delle teste e il colore rosso sangue scuro ricordano quello dei cotiledoni della superficie materna della placenta e le due braccia che si intrecciano - la mano destra di Dio e il braccio sinistro di Adamo - ricordano, nella forma e nei colori, il cordone ombelicale, con la torsione delle braccia che riproduce la torsione delle arterie sulla vena ombelicale.

Il tocco di Dio non sta dando la vita, ma è una presa che viene ad allentarsi. La nascita è nel momento della recisione del cordone ombelicale: Dio non tocca Adamo, ma lo lascia e Adamo ha l'espressione triste di chi viene abbandonato sulla Terra.

Diversamente, una spiegazione persuasiva e delle più affascinanti individua, nella forma del manto, una sezione del cervello umano. Secondo questa interpretazione, il logos divino regala all'uomo la libertà di raziocinio, la capacità di scelta.

Sono ben visibili, nel mantello di Dio, il contorno della volta del cervello e della base; l'arco del braccio sinistro di Dio delinea il giro del cingolo, il panneggiamento verde alla base descrive il corso dell'arteria vertebrale; la schiena dell'angelo che sorregge Dio corrisponde al ponte di Varolio, mentre le sue gambe si prolungano a costituire il midollo spinale, là dove il dettaglio della struttura bilobata dell'ipofisi è riprodotto fedelmente nel piede apparentemente bifido di un angelo, mentre la sua coscia si staglia in corrispondenza del chiasma ottico (Meshbergher, 1990).

Anche ne "La separazione della luce dalle tenebre" (Suk e Tamargo, 2010), Dio, avvolto in un fluente drappeggio rosso, è visto dal basso e offre il collo allo spettatore. Proprio i solchi del muscoloso collo di Dio nasconderebbero i contorni di un tronco encefalico umano, comprese alcune porzioni di midollo spinale, del ponte, del lobo temporale e altre strutture subcorticali, se non un gozzo multinodulare (Bondeson e Bondeson, 2003).

Si chiamano criptoimmagini queste figurazioni nascoste, a cui l'artista ha affidato il suo messaggio, un linguaggio segreto, costruito col potere dello sguardo e con la forza dello spirito.
E il mito di Marsia rivive nel martirio di San Bartolomeo, prototipo di ogni scorticato, che si identifica nell'Io-pelle (Anzieu, 1985): da Michelangelo a Vesalio, dallo Spagnoletto a Gunther von Hagen.

È noto quanto Pietro Aretino abbia infierito nei confronti di Michelangelo, con le sue calunnie crudeli e laceranti.
Ed è proprio qui che l'artista «sapendosi dilaniato dalla perfida lingua dell'Aretino, lo ritrasse col coltello in atto di aver scorticato lui»: l'autoritratto anamorfico di Michelangelo, cadente nel suo involucro terreno, è deformato dalla sofferenza e Michelangelo firma la sua denuncia, davanti al gesto implacabile di un Dio erculeo che scaglia la morte eterna.