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Giornata internazionale contro la tortura, ancora in stand-by il Centro per le patologie post traumatiche del «San Giovanni» di Roma

di Barbara Gobbi

Dal 2002 al 2011, primo centro in Italia, ha assistito circa 1.200 rifugiati. Che nel 2011, un anno prima che la Giunta Polverini ne decidesse la chiusura «motivandola» con il venir meno dei 30mila euro di risorse erogate annualmente dal ministero dell'Interno - che però erano state stanziate soltanto a partire dal 2007, a riprova della loro non indispensabilità, e peraltro erano indirizzate unicamente all'attività di formazione - aveva visto più che raddoppiare la propria utenza. Perché il problema dell'assistenza psichiatrica di alta specializzazione ai rifugiati vittime di torture è andato aumentando e non è certo lì lì per venir meno, se è vero che nel solo 2013 l'Italia ha visto arrivare 30mila rifugiati - di cui il 20-30% vittime di tortura - e che nei primi sei mesi di questo 2014, secondo le stime dell'Unhcr, ne sono già approdati altrettanti.

Oggi, Giornata internazionale contro la tortura e 30° anniversario della Convenzione Onu contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, è l'occasione per rilanciare quel centro per le patologie post traumatiche dell'Ospedale San Giovanni di Roma, che fungeva da coordinamento nazionale della rete Nirast, Network italiano per i rifugiati sopravvissuti a tortura, costituita di dieci ambulatori ospedalieri esclusivamente pubblici dislocati in varie regioni d'Italia.
Una rete d'eccellenza, con la quale una volta tanto l'Italia anticipava quanto previsto a livello comunitario: le nuove direttive europee del 2013 in materia di accoglienza stabiliscono infatti che ogni paese è obbligato a garantire alle vittime di tortura e abusi, cure in centri specializzati adeguati e con personale esperto in formazione continua. Alla scadenza del 20 luglio 2015, rispetto alla quale aveva già abbondantemente adempiuto, l'Italia rischia ora di presentarsi nuovamente in posizione arretrata. Perché il centro del San Giovanni era la testa di ponte di tutta la rete italiana e malgrado le assicurazioni arrivate dalla Giunta Zingaretti, la nuova manager dell'ospedale Ilde Coiro non ne ha ancora deciso la riapertura.

«Quello che vorrei sottolineare - spiega Massimo Germani, psichiatra coordinatore del centro e internista presso l'ospedale romano - è che la nostra struttura è stata l'unica a occuparsi per anni, in maniera esclusiva, delle vittime di tortura, stupri e violenze estreme, con riconoscimenti nazionali e internazionali, assistendo e offrendo terapie all'avanguardia a rifugiati provenienti da ogni parte del mondo, affetti da gravi patologie post-traumatiche. Il centro è stato riconosciuto anche dall'UNHCR come Centro di eccellenza sia italiano che europeo nel trattamento e nella riabilitazione delle vittime di tortura, stupri e altre violenze estreme. Ha collaborato intensamente con il Consiglio italiano per i rifugiati, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, con la Commissione Nazionale per il Diritto d'Asilo del Ministero dell'Interno, con l'assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Roma e con numerose altre istituzioni pubbliche e del privato sociale».

Nel 2007 assieme all'UNHCR, al CIR e al Ministero dell'Interno ha contribuito alla creazione della rete Nirast. Da ultimo, nel marzo 2014 a Copenaghen al Congresso europeo della Società della dissociazione post-traumatica, Germani ha presentato i risultati finali di due ricerche svolte nell'ambito di un progetto europeo transnazionale con il Consiglio Italiano per i Rifugiati, assieme a partner del Camerun e del Ciad, in una delle quali è stata illustrata la validazione definitiva di un nuovo strumento per l'identificazione precoce dei richiedenti asilo ad alta vulnerabilità, l'«Extreme Trauma an Torture Survivors Identification Interview» o «ETSI Interview». Progetti rilanciati oggi al Sioi di Roma, in occasione di un Convegno organizzato dal Consiglio italiano per i rifugiati.