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Fertilità: le nuove frontiere del «Social Egg Freezing»

di Maria Giuseppina Picconeri (responsabile del Centro Nike Medical Center di Roma) e Antonino Guglielmino (Responsabile dell'Istituto di medicina e biologia della riproduzione Umr/Hera di Catania).

Negli Stati Uniti due colossi come Facebook e Apple hanno già annunciato, non senza polemiche, che sosterranno le spese necessarie per ricorrere alla procedura di prevenzione della sterilità con la crioconservazione degli ovuli alle dipendenti che desiderano rinviare la maternità per concentrarsi sulla carriera. Anche in Italia si comincia a percepire la necessità di prevenire la sterilità legata all'età della donna e ad agire con iniziative efficaci a preservare la capacità riproduttiva delle donne fertili che, in piena autonomia, decidono di porre il loro progetto genitoriale di maternità in un momento successivo.

Ripercorriamone la storia: innanzitutto, la crioconservazione consiste nel raffreddamento, congelamento e stoccaggio di cellule, (in questo caso ovociti) tessuti o organi, a temperature molto basse, per arrestare i movimenti molecolari e mantenerne così intatta la vitalità. Già nel ‘700 veniva usata per la prima volta la neve per preservare il liquido seminale dei soldati, ma la crioconservazione degli ovociti, anche se relativamente recente, è quotidianamente applicata nella maggioranza dei Centri di Riproduzione Assistita di tutto il mondo con risultati che si sovrappongono agli ovociti freschi.

I primi tentativi di crioconservazione degli ovociti risalgono al 1986 e la prima gravidanza si è ottenuta in Italia nel 1999. La crioconservazione degli ovociti in questi ultimi decenni ha subito una grande evoluzione, il primo metodo noto come "slow freezing" (congelamento lento) ha dato risultati deludenti, in quanto i tassi di sopravvivenza degli ovociti al momento dello scongelamento erano piuttosto ridotti.

L'ovocita per la sua struttura e complessa organizzazione cellulare, risulta molto sensibile all'abbassamento lento della temperatura, nonostante l'utilizzo di crioprotettori. La legge 40 del 2004, sulla riproduzione assistita, ha limitato a 3, fino al Maggio 2009 (anno in cui la Consulta ha dichiarato incostituzionale il limite posto all'uso degli ovociti, in quanto lesivo del diritto alla salute della donna) il numero di ovociti che potevano essere utilizzati in un ciclo riproduttivo assistito. Questo limite, dei tre ovociti, rendeva sovrannumerari la gran parte degli ovociti prodotti dalle donne Italiane e di conseguenza la crioconservazione ovocitaria da semplice possibilità è diventata, per i Centri di Riproduzione Assistita, una necessità.

Di conseguenza è stata messa a punto una nuova tecnica denominata Vitrificazione, che grazie a un sottile equilibrio tra la velocità di raffreddamento e la concentrazione dei crioprotettori si è rivelata molto più efficace, ottenendo un elevato tasso di sopravvivenza dei gameti femminili al momento dello scongelamento (superiore al 90% per le donne tra i 25 e i 35 anni) e dei tassi di gravidanza sovrapponibili all'uso di gameti non trattati (freschi).

La vitrificazione, equiparando i risultati ottenuti con la PMA utilizzando ovociti vitrificati, a quelli ottenuti con le tecniche a fresco, ha rivoluzionato i protocolli terapeutici della riproduzione assistita e ha allargato le possibilità di applicazione della crioconservazione agli ovociti. Questa tecnica viene da tempo impiegata per la preservazione della fertilità nelle pazienti che, sottoposte a determinate terapie (ad es.antitumorali) o a causa di gravi patologie rischiano di vedere compromessa la propria capacità riproduttiva.

Attualmente, sembra sia arrivato il momento di aggiungere a questa indicazione la prevenzione della sterilità per le donne che decidono di posticipare l'età di ricerca della gravidanza (oggi è l'età della donna il fattore principe nella difficoltà delle coppie ad avere figli). Gli ultimi dati Istat (Giugno 2014) dicono che la fecondità nel nostro Paese è costantemente in calo con 1,27 figli/donna, determinando per il V° anno consecutivo una diminuzione della popolazione Italiana.

Siamo lontani dai tassi di fecondità di paesi come la Francia e il trend tende a non invertirsi; forse anche per colpa della crisi? A causa della mancanza di politiche sociali volte al sostegno delle giovani famiglie? Per le nuove aspettative della popolazione femminile che oltre al raggiungimento della genitorialità, guarda, legittimamente, al raggiungimento di altri obiettivi per la propria realizzazione?

Probabilmente le cause sono molteplici, ma ciò che molte donne sembrano ancora non sapere è che il periodo di maggiore fertilità è dato da una finestra anagrafica-temporale piuttosto ridotta (tra i 25 e i 35 anni).
Dai dati Istat del 2013 l'età media delle donne alla prima gravidanza è oramai scivolata intorno ai 32/33 anni, mentre dai dati del Registro Nazionale della PMA dell'Istituto Superiore di sanità, risulta che la media dell'età in cui le donne si rivolgono ad un centro di riproduzione assistita per le terapie dell'infertilità si è alzata a 36-37 anni. Questa situazione sta creando un conflitto tra i costumi e la biologia riducendo le possibilità riproduttive (ricordiamo che il numero degli ovociti a disposizione è limitato e la riserva ovarica ha dei limiti che non possono essere superati neanche dalle tecniche di PMA).

La crioconservazione degli ovociti potrebbe consentire alle donne di prevenire la sterilità da riduzione del patrimonio ovocitario, conservando gli ovociti prelevati nel momento di maggiore fertilità. Questi ovociti crioconservati potranno essere successivamente utilizzati, quando gli impedimenti cosiddetti "sociali" saranno rimossi, ecco perché oggi si parla di Social Egg Freezing. Nel nostro Paese questa tecnica è consentita ed è una scelta autonoma dell'individuo preservare i propri gameti. Sarebbe auspicabile che lo Stato intervenisse con politiche sociali alla rimozione delle cause che sono alla base della ridotta fecondità e natalità delle coppie Italiane (che nei prossimi anni creerà problemi economici e previdenziali).

Il Dovere di uno Stato moderno, è di sviluppare politiche strategiche atte a prevenire in tutti i modi il fenomeno della sterilità determinata dall'età. Diverse appaiono le soluzioni possibili, nelle politiche del lavoro femminile e nelle agevolazioni sociali a sostegno delle giovani coppie all'interno delle quali le donne decidono di voler affrontare contemporaneamente il progetto di genitorialità e la propria formazione e le legittime ambizioni professionali, ma le decisioni in merito non competono a noi esperti della riproduzione. Noi stiamo assolvendo al nostro ruolo, mettendo a disposizione del problema fecondità le conoscenze e le pratiche che la medicina della riproduzione applica, già con successo, per la prevenzione e la preservazione della fertilità, allargando le indicazioni alle donne che decidono responsabilmente di posticipare la propria maternità.