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Agire nelle aree terapeutiche con maggiori bisogni insoddisfatti. Così la ricerca farmacologica segue indirizzi sempre più mirati

di Francesco Rossi (presidente Sif - Società italiana di Farmacologia)

Un fattore chiave per lo sviluppo dell'innovazione scientifica oggi consiste nella stretta collaborazione tra ricerca farmacologica e aziende farmaceutiche con l'intento di individuare le aree terapeutiche dove i trattamenti sono ancora limitati e, quindi, indirizzare le attività di sviluppo dei farmaci là dove sono maggiori le necessità.
Il ruolo delle società scientifiche nella ricerca di nuove opzioni terapeutiche dovrebbe essere quello di agevolare questo processo; in particolare per Sif-Società italiana di Farmacologia, istituita nel 1939, che rappresenta uno dei primi attori nazionali a guidare la ricerca farmacologica in Italia.
E', pertanto, auspicabile che l'attenzione comune verso il mondo del farmaco e la sempre maggiore necessità di nuove soluzioni che presentino un giusto equilibrio tra efficacia e costo e un ottimo profilo rischio/beneficio, possano dare vita ad un confronto continuo non solo tra ricercatori, aziende farmaceutiche, clinici, società scientifiche ma anche Enti regolatori e ministero della Salute, per far sì che da questa sinergia la ricerca possa essere rilanciata.

Due ambiti di ricerca dove questa necessità è molto forte sono rappresentati dalle neuroscienze e dalle malattie rare: aree che mostrano ampi spazi di miglioramento nell'individuazione di terapie adeguate. L'area delle neuroscienze, in particolare, è sempre stata il ‘fiore all'occhiello' della ricerca farmacologica italiana e la stessa Società Italiana di Farmacologia ha deciso di investire molto in questa direzione puntando su giovani ricercatori: è recente, infatti, la consegna di quattro premi a ricercatori al di sotto dei 38 anni per attività di ricerca nell'ambito del Sistema Nervoso Centrale.

Dati della Federazione Europea di Neuroscienze (FENS) mostrano come i disturbi legati alla funzionalità cerebrale rappresentino la maggior emergenza di sanità pubblica in Europa, prima delle malattie cardiovascolari ed oncologiche, a causa soprattutto delle disabilità di maggiore durata che ne derivano. Si tratta di patologie che riguardano circa 179 milioni di europei, con costi sanitari correlati che ammontano a quasi 800 miliardi di euro l'anno. Secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, più del 25% delle persone sviluppa almeno un disturbo mentale nel corso della propria vita e tre di questi (depressione, schizofrenia e disturbo bipolare) sono tra le 10 cause maggiori di disabilità nella popolazione generale compresa tra i 15 e i 44 anni.

Nonostante la cronica assenza di fondi, si può serenamente affermare che la ricerca scientifica italiana è già in grado di produrre ricerche di primissimo livello finalizzate a comprendere i meccanismi del cervello. Ma, come di recente ha sottolineato la Professoressa Monica Di Luca, Consigliere SIF e Presidente eletto della FENS, è fondamentale che la ricerca nell'ambito del Sistema nervoso centrale diventi una priorità nell'agenda politica non soltanto italiana, ma anche europea: solo con un network scientifico di alta qualità sarà possibile disinnescare la ‘bomba sociale' che queste patologie rappresentano.

Dall'altro lato esistono malattie che, pur non rappresentando una vera e propria emergenza sociale, sono altrettanto gravi e invalidanti: mi riferisco alle malattie "rare" (ovvero malattie con una prevalenza pari a 5 casi su 10.000 persone), così definite per la loro bassa incidenza. Questo porta come conseguenza il fatto che, nella maggior parte dei casi, siano poco considerate, poco studiate e, purtroppo, spesso mal curate. E' importante considerare, inoltre, che in quest'ambito, proprio per il numero esiguo di pazienti, diventa fondamentale l'esistenza di un network di centri specializzati e di appositi registri che permettano di migliorare la conoscenza di una determinata patologia, favorendo una condivisione delle problematiche comuni. Attività che dovrebbero agevolare la ricerca e la definizione di schemi terapeutici appropriati. I registri possono, inoltre, servire per ottenere dati oggettivi di supporto a decisioni regolatorie o anche a fornire informazioni di post marketing in seguito all'utilizzo di farmaci specifici. Se è vero che per molte malattie rare non sono ancora disponibili trattamenti efficaci, per alcune di esse, tra cui anche quelle nefrologiche, si stanno facendo strada certezze terapeutiche, frutto di intensa attività di ricerca clinica e farmacologica.
Alla luce di queste considerazioni, individuare le aree della medicina con maggiori bisogni terapeutici insoddisfatti e indirizzare la ricerca in quella precisa direzione è quindi un obiettivo importantissimo, che dovrà vedere l'impegno di tutti gli attori coinvolti: dalla comunità medico scientifica, alle istituzioni, alle Società Scientifiche e alle aziende farmaceutiche.