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Manovra/ epatite C e farmaci innovativi, Dirindin (Pd): «Così non va»

di Nerina Dirindin, senatrice Partito Democratico

L'emendamento presentato sabato scorso dal Governo sui farmaci innovati costituisce una prima risposta ai tanti pazienti in attesa dei nuovi farmaci in grado di curare patologie importanti come l'epatite C. Un provvedimento molto atteso anche dalle Regioni, che più volte hanno inutilmente sollecitato il Governo (la prima lettera della Conferenza delle Regioni è del marzo 2014) a istituire un tavolo tecnico e a predisporre linee guida per pianificare l'introduzione delle nuove terapie. Un intervento apprezzabile quindi, anche se si limita ad affrontare l'emergenza, mentre sarebbe stato più opportuno avviare una revisione organica della disciplina sui farmaci innovativi, in vista dei tanti farmaci innovativi che nei prossimi anni saranno immessi in commercio con effetti dirompenti sulla spesa farmaceutica.

Fondo necessario, ma scelte discutibili. L'emendamento del Governo prevede la costituzione di un fondo presso il ministero della Salute destinato a concorrere al rimborso alle Regioni delle spese sostenute per i farmaci innovativi. Un fondo a destinazione vincolata quindi, gestito direttamente dal ministero e in gran parte alimentato da risorse del Fondo sanitario nazionale, ovvero di risorse già destinate alle Regioni per l'erogazione dei livelli di assistenza.
A parte la scelta assolutamente condivisibile di costituire un fondo per tutti i farmaci innovativi (abbandonando l'idea di un fondo solo per il superfarmaco per l'epatite C), la proposta del Governo appare discutibile sotto tre profili. Primo perché ripropone fondi a destinazione vincolata nonostante la normativa vigente preveda che le Regioni debbano essere vincolate al raggiungimento di obiettivi di assistenza e non a obiettivi di spesa. Secondo perché centralizza fondi destinati alle Regioni, riservando così al livello centrale il potere decisionale su una materia che richiede uniformità nella garanzia dell'assistenza e non nella disponibilità di fondi. Terzo perché istituisce il fondo sottraendo (per 400 milioni nel 2015 e per 500 nel 2016) risorse destinate ad altre finalità, riducendo così ulteriormente i finanziamenti disponibili per tutti gli altri interventi assistenziali e imponendo nuove restrizioni alla sanità pubblica. Un precedente molto preoccupante, anche in relazione alle dimensioni che in futuro potrebbe assumere la spesa per i farmaci innovativi. Su tali aspetti il dibattito parlamentare potrà migliorare la proposta.
Le dimensioni del fondo (500 milioni per il 2015) potrebbero essere considerate relativamente adeguate tenuto conto dei tempi di attivazione dei percorsi terapeutici, anche se la relazione tecnica del Governo parla di una stima dell'Aifa di un fabbisogno di 750 milioni all'anno. Se così fosse le Regioni spenderebbero 750 milioni ma se ne vedrebbero rimborsare dal ministero solo 500. Dovrebbe quindi scattare il meccanismo del pay back, con le modalità già in vigore, al quale si dovrebbe aggiungere il nuovo ripiano richiesto alle aziende che producono farmaci innovativi. Il condizionale è d'obbligo perché la norma non è lineare come dovrebbe essere trattando una materia complessa e onerosa, ma soprattutto perché non è chiaro se il Ministero si attende realisticamente una spesa superiore e inferiore ai 500 milioni del fondo.
La congruità del fondo rispetto al fabbisogno annuale è d'altro canto difficilmente valutabile, posto che gli esiti della negoziazione effettuata dall'Aifa con l'azienda che produce il nuovo farmaco per l'epatite C (il primo dei farmaci innovativi che sarà utilizzato nel nostro paese) è stata segretata. Una scelta apparentemente giustificata dalla opportunità di non interferire con le negoziazioni in corso in altri paesi europei ma che di fatto urta contro la diffusa richiesta di trasparenza nell'operato della pubblica amministrazione. Si può rinunciare alla trasparenza in cambio di (presunti o reali) vantaggi per il mercato interno? Si può rinunciare alla leale collaborazione fra paesi (tutti i paesi dovrebbero essere interessati a negoziare i farmaci condividendo le informazioni e i volumi) di fronte a un unico produttore monopolista? La disponibilità di farmaci importanti come quelli innovativi in grado di salvare vite umane può dipendere dalla capacità di negoziazione e dalle informazioni possedute dal singolo paese?