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Manovra, Assobiomedica: ulteriori tagli non garantirebbero la sostenibilità del nostro Ssn

Le imprese biomedicali lanciano l'allarme sui tagli al Ssn. «Altri 4 miliardi di tagli alla Sanità - ha dichiarato Stefano Rimondi, Presidente di Assobiomedica, in occasione della VII Conferenza Nazionale sui Dispositivi Medici, che si svolgerà oggi e domani a Roma - segnerebbero la fine dell'universalismo del nostro Servizio sanitario. Se la Legge di Stabilità darà incarico alle regioni di risparmiare questa cifra non si riuscirà a garantire servizi e prestazioni di qualità ai cittadini».

«Già le spending review degli anni passati - continua Rimondi - hanno portato a un progressivo impoverimento del nostro Servizio sanitario in termini di qualità e sicurezza delle prestazioni. Lo dimostrano anche i dati sconfortanti che Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato ha pubblicato recentemente e presenterà domani alla Conferenza Nazionale sui Dispositivi Medici. È ancor più scoraggiante constatare poi che poco è stato fatto per eliminare sprechi e inefficienze sia a livello nazionale che regionale. Si tratta di sacche da cui si potrebbero recuperare risorse da reinvestire nell'innovazione tecnologica, nella qualità delle prestazioni e in una crescita sostenibile».

«Si pensa invece a ridurre il budget per la Sanità in modo lineare, ridimensionando gli investimenti in servizi e apparecchiature mediche innovative, quando la spesa in dispositivi medici rappresenta solo il 5,1% del Fondo sanitario nazionale. Questo non significa tagliare gli sprechi con politiche mirate, ma limitare ai cittadini l'accesso a cure di qualità. I nostri ospedali - ha concluso Rimondi - si stanno impoverendo a causa di politiche di acquisto orientate principalmente al risparmio, che valutano prevalentemente il prezzo più basso nella scelta dei dispositivi medici. Questo atteggiamento ha portato nel 2013 a un calo della domanda, registrato dalle nostre imprese, di circa il 4% sia dal pubblico (-3%) che dal privato (-5,8%) e del 11% negli ultimi quattro anni. Si tratta di un dato poco incoraggiante che dimostra come il Servizio sanitario nazionale stia progressivamente rinunciando a investire in moderne tecnologie, impoverendo di conseguenza il livello delle prestazioni diagnostiche e terapeutiche erogate ai cittadini».