Dibattiti-e-Idee

Trasporto neonatale: alta formazione, ricerca e umanità in campo

di Luca A. Ramenghi (MD PhD Direttore Patologia e Terapia intensiva neonatale) e Carlo Bellini (Responsabile Trasporto neonatale Irccs - Istituto Giannina Gaslini Genova)

L'evoluzione nella attenzione al momento del parto e nella attenzione alle modalità del parto hanno accompagnato in tempi recentissimi i grandi progressi della medicina perinatale. Fino agli anni 60 si partoriva quasi sempre in casa, con una elevatissima mortalità, solo a partire dagli anni '70 i pediatri hanno cominciato a occuparsi dei neonati, solo alla fine degli anni '70 nascevano le terapie intensive neonatali, e cosi la figura del neonatologo, un po' pediatra ed un po' rianimatore. Soltanto negli anni '90 però si è cominciato a trasportare, in modo organizzato, i neonati da un ospedale a un altro, dando vita a quel concetto di centralizzazione delle cure, così attuale ed in costante sviluppo.

I temi scientifici di alta specializzazione, le tecnologie più sofisticate, atte a proteggere anche le funzioni di certe apparecchiature sotto le tante sollecitazioni di un trasporto in ambulanza, in elicottero o in aereo, si sono intervallati - durante tutto il congresso internazionale "Transport of high risk neonates. Excellence in perinatal medicine: when skill makes the difference", organizzato a Genova a fine gennaio - ad aspetti di grande professionalità ed umanità. E' stata un'esperienza di confronto unica per i tanti partecipanti, e i docenti, di ventuno diverse nazionalità. Si sono potute contrappore esperienze di stridente diversità, pensate a quella australiana, ove l'équipe medica e infermieristica, a causa delle grandi distanze si prepara anche a trascorrere una notte prima di ripartire dal luogo ove si è andati a prelevare il nuovo nato, oppure a quella svedese ove alcune università hanno addirittura un jet privato di proprietà dell'ospedale stesso dedicato al trasporto del neonato critico, ed ancora a quella così toccante dell'indonesia, ove spesso, per la mancanza di efficienti incubatori da trasporto adatti all'indispensabile elicottero (si pensi alle grandi distanze), si utilizza il torace e l'addome del papà (la mamma ha appena partorito e non è trasportabile) come marsupio, come succedaneo del lettino o incubatore da trasporto, mentre un medico ed una infermiera lo connettono al ventilatore.

Bravissimi colleghi dello UTAH, in US, hanno condiviso i tanti problemi del trasporto in alta quota, grazie alla loro più che decennale esperienza. In caso di trasporto in elicottero, infatti, i problemi aumentano, in quanto oltre alle basse temperature (i neonati sono così esposti a questo problema) è difficile mantenere quella minima pressurizzazione, possibile invece in aereo, ove, comunque, anche in condizioni ideali è come se si vivesse ad una altitudine di circa 1800 metri. La saturazione dell'ossigeno si abbassa, un eventuale pneumotorace (una patologica raccolta di aria all'interno del polmone che minaccia la compressione del polmone e dei grandi vasi e la vita stessa del piccolo paziente) aumenta di dimensioni per un gioco di pressioni esterne che diminuiscono cosi significativamente in altitudine e un tubo endotracheale si allarga anche di un po' nel suo diametro maggiore. Durante il congresso è stato un vero piacere ascoltare l'entusiasmo e le capacità professionali di tutti noi, non si può dimenticare quella di Hubert Messner di Bolzano, che ha saputo coniugare la esperienza e cultura di vita personale di scalatore di montagne, con quella di neonatologo esperto di trasporto neonatale, spiegando come sia possibile che l'organismo si possa adattare a così basse concentrazioni di ossigeno, proprio perché alcuni organelli intracellulari, come i mitocondri, sono in grado di resistere a questi stress da basso ossigeno.

E' stato possibile soffermarsi sulle problematiche di stabilità della emodinamica, cioè dei flussi ematici dei grandi vasi e del cervello stesso, stabilità fortemente insidiata dalla accelerazione durante la partenza ed il viaggio in elicottero, che specie per i neonati pretermine più piccolini, a rischio di emorragia cerebrale intraventricolare, ne aumenta la possibilità di insorgenza, così elevata nei primi momenti di vita. Per questo si è discusso anche della ricerca della posizione ideale da trasporto del piccolo paziente, longitudinalmente o trasversalmente, lungo la direzione del viaggio stesso.

La parola ricerca, in questo congresso e in questo settore particolare della medicina perinatale (non si dimentichi il trasporto in utero ,del quale si è anche parlato), merita una considerazione particolare. La medicina moderna non può prescindere in alcun modo dall'applicazione della ricerca. L'esperienza direi quasi pioneristica di questo primo congresso si è concentrata proprio sul confronto delle diverse esperienze professionali, di molti di noi che lavorano in attrezzatissimi ospedali pediatrici, ove è presente anche l'Ecmo (Extra Corporeal Membrane Oxygention), peraltro possibile anche nel trasporto. Queste esperienze sono vere e proprie "ricerche" della soluzione di urgenti problemi clinici, problemi spesso inaspettati, e non sempre facilmente confrontabili perché così diversi nelle diverse aeree geografiche (più o meno popolate), diverse negli ambienti, nei mezzi a disposizione, diverse nelle culture professionali e che per la prima volta hanno riunito in un unico contesto tutte le relative specifiche pubblicazioni scientifiche.

Il mestiere di medico che trasporta un neonato, è bellissimo se pur pieno di insidie, devi essere in grado di far tutto, spesso in solitudine, spesso dovendo risolvere un inaspettato problema, senza poter prescindere da quella capacità di improvvisazione, che nella cultura anglosassone viene brillantemente definita come "thinking out of box". Nel congresso si è ampiamente parlato anche di questo, come della necessità di essere diplomatici e molto comprensivi, specie con i colleghi che si vanno ad aiutare nei posti più disparati, in quanto non si può avere una equipe di neonatologi, rianimatori in ogni luogo ove nasca un bambino. Lo sguardo anche riconoscente dei genitori di questi bimbi, così come quello dei colleghi con i quali si interagisce non solo aiuta l'amor proprio del medico, ma fa ricordare in ogni momento la responsabilità che ti viene consegnata e che ti assumi.

Dopo questo entusiasmante congresso tenutosi al Gaslini di Genova, che ha celebrato anche la nostra esperienza ventennale del trasporto neonatale d'emergenza al Gaslini ed in Liguria, servizio nato con il dottor Carlo Bellini co-organizzatore dell'evento, speriamo di rendere visibile nel nostro futuro logo del secondo congresso che si terrà nell'ospedale pediatrico di Copenaghen a settembre 2016, un qualcosa che ricordi un luogo di studio, una scrivania, per sottolineare la necessità di meglio organizzare la formazione di noi neonatologi dediti al trasporto del neonato critico, con l'auspicio di superare quel percorso di "training" dei neonatologi in europa, e soprattutto in italia, spesso lasciata alla buona volontà localistica delle diverse scuole di specializzazione di pediatria. Quando un neonatologo e la infermiera che lo accompagna sentono di essere in grado di svolgere bene, con sicurezza, il gesto umano e professionale del trasporto di un neonato critico, così vulnerabile, spesso intubato, ventilato artificialmente, posizionando in lui diversi cateteri nei vasi venosi ed arteriosi, vuol dire che è si diventati professionisti maturi, affidabili ed esperti di questo settore apparentemente così particolare, ma del quale ci sarà sempre maggior bisogno per l'imprescindibile necessità assistenziale di centralizzazione delle cure.