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Tagli, Fondazione Gimbe: «Le istituzioni facciano chiarezza sul futuro della sanità pubblica»

Il Patto per la salute resta un'incompiuta e il decollo dei nuovi Lea si blocca suI nascere. Sono queste le conseguenze del l taglio di oltre due miliardi di euro sancito dall'intesa Stato-Regioni. Anche perché «non si intravede alcuna volontà politica condivisa per ridurre sprechi e inefficienze, preservare la Sanità pubblica e garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute». E' l'allarme lanciato dalla Fondazione Gimbe in una nota. «La salute degli italiani - sottolinea la fondazione - è ostaggio di un bancomat al portatore: le Istituzioni si pronuncino all'unisono».

La Conferenza Stato-Regioni, dopo aver rinunciato all'incremento di 2 mld del fondo sanitario nazionale previsto dal Patto per la Salute, ha convenuto sull'importo di 2,35 mld da tagliare alla Sanità, ai quali si aggiungono 285 mln tolti all'edilizia sanitaria. Al momento, l'unica strategia definita per recuperare risorse è "l'attuazione del Regolamento sugli standard ospedalieri", anche se "Regioni e Province Autonome potranno conseguire il raggiungimento dell'obiettivo finanziario intervenendo su altre aree della spesa sanitaria" che saranno rese note entro il prossimo 15 marzo.

«La preoccupazione maggiore per i cittadini italiani – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – è rappresentata non solo dall'ennesimo taglio lineare, edulcorato come "mancato incremento del fondo sanitario nazionale", ma soprattutto dal quadro inquietante i cui contenuti appaiono sempre più netti: il Governo si sbarazza progressivamente di una quota della spesa pubblica destinata alla Sanità, le Regioni sono incapaci di formulare proposte unitarie per ridurre inefficienze e sprechi, la Repubblica, quale garante del diritto costituzionale alla tutela della salute, ha un ruolo sempre più sfumato, ormai quasi evanescente».

«Le contraddizioni tra tutela dei diritti costituzionali, finanziamento pubblico della Sanità e programmazione-organizzazione dei servizi sanitari e sociali – continua il Presidente – dimostrano che i ruoli e le responsabilità istituzionali finiscono per diluirsi e svanire nelle stesse pieghe normative che oggi alimentano il conflitto istituzionale tra Stato e Regioni, indeboliscono il ruolo della Repubblica quale garante dell'articolo 32 della Costituzione ed erodono progressivamente i diritti dei cittadini».

Peraltro, se la Legge di Stabilità ha ribadito quanto concordato da Stato e Regioni nel Patto per la Salute, ovvero che "i risparmi derivanti dall'applicazione delle misure contenute nel Patto rimangono nella disponibilità delle singole Regioni per finalità sanitarie", perché le Regioni, contestualmente alla rinuncia ai 2 mld, volevano rinunciare a questa opportunità, chiedendo l'abrogazione del comma 557, dell'articolo 1?

«Appare evidente - precisa Cartabellotta– che le Regioni, oltre a dimostrarsi incapaci di attuare un virtuoso processo di disinvestimento e riallocazione, hanno l'ambizione di gestire in totale autonomia le risorse assegnate dallo Stato per finalità sanitarie, così da poterle "spostare" verso altri settori. Una richiesta che stride con la garanzia del diritto alla tutela della salute, affidato dalla Costituzione alla Repubblica, ma di fatto attuato da Stato e Regioni».

Tutto questo a dispetto di quanto affermato dal Presidente Sergio Mattarella che, in occasione del discorso di insediamento al Quirinale, ha pronunciato parole rassicuranti, affermando di essere "il garante della Costituzione", che "la garanzia più forte della nostra Costituzione consiste nella sua applicazione" e che "garantire la Costituzione significa garantire i diritti dei malati".

«Se è vero che, richiamando Carlo Levi, le "parole sono pietre" - conclude Cartabellotta - la Fondazione Gimbe chiede a tutte le Istituzioni di fare chiarezza all'unisono sul futuro della Sanità pubblica, perché oggi le inderogabili necessità imposte al Governo da esigenze di finanza pubblica, invece che tagliare sprechi e inefficienze, stanno ridimensionando il diritto costituzionale alla tutela della salute».