Europa e mondo

Emergenza cronicità: la sfida mondiale alle demenze

di Valentina Mantua (psichiatra, dirigente medico, Agenzia Italiana del Farmaco)

La sanità è una materia complessa, eppure tutti gli stakeholder (pazienti, esperti, operatori, policy maker e industria) condividono la medesima analisi; la sfida della sostenibilità per i Sistemi sanitari nazionali europei dipende da due fattori: l'invecchiamento progressivo della popolazione, con il conseguente aumento delle patologie croniche, e il costo delle nuove tecnologie, a partire dai farmaci.
Le demenze rappresentano anche per questo motivo il campo nel quale testare le strategie economiche, amministrativo-gestionali e politiche, in risposta a tale sfida e quindi, per i tutti i Governi che ancora investono in un sistema di welfare e salute a tutela della popolazione, dovrebbero essere una priorità assoluta.
Per il Governo britannico certamente è così e dopo aver ospitato nel dicembre 2013 a Londra il primo G8 delle demenze, ha istituito, presso il proprio ministero della Salute, il programma «UK Dementia Integrated Development», un’iniziativa volta ad allineare le posizioni delle più influenti Agenzie regolatorie mondiali per definire un percorso integrato e innovativo verso lo sviluppo di trattamenti antidemenza. Dopo il primo incontro nel novembre 2014 a Ginevra, l'Italia ha ospitato il secondo meeting mondiale lo scorso 9 e 10 giugno a Roma presso la sede dall'Agenzia Italiana del Farmaco.
Le demenze sono un gruppo di patologie a genesi complessa e multifattoriale, genetica e ambientale (stili di vita, fattori metabolici), ma la ricerca si è finora concentrata soprattutto sull'Alzheimer, la forma più comune di demenza il cui fattore di rischio principale è rappresentato proprio dall'invecchiamento.
Si stima che nel 2013 fossero 44,4 milioni le persone affette da demenza a livello mondiale. Secondo le previsioni, questo numero aumenterà a 75,6 e 135,5 milioni rispettivamente nel 2030 e 2050. Il costo totale della demenza a livello mondiale è risultato pari a 604 miliardi di dollari nel 2010. Le stime che riguardano i Paesi europei vengono dall’associazione Alzheimer Europe, alla quale risulta che nel 2012 le persone affette da demenza in Germania fossero 1.572.104, in Italia 1.272.317, in Danimarca 85.562 e nei Paesi Bassi 245.560. Sarebbero 850mila le persone affette da demenza nel Regno Unito e si prevede che entro il 2051 questa patologia colpirà oltre 2 milioni di persone in questo Paese. Alzheimer Europe stima inoltre che il costo per la cura della demenza nei Paesi ad alto reddito sarà pari all'1,25% del Pil.
Allo stato attuale esistono solamente trattamenti sintomatici che tuttavia non sono in grado di rallentare o modificare il processo patogenetico alla base della malattia. Il 2014 però è stato un anno importante per la ricerca, anche se in assenza di risultati definitivi relativi alle nuove terapie in sperimentazione; l'analisi degli studi clinici in corso ha contribuito sostanzialmente ad aumentare la conoscenza della malattia e a migliorale la metodologia di ricerca.
L'anticorpo monoclonale bapinezumab non ha dimostrato efficacia sui sintomi cognitivi; tuttavia ha confermato la possibilità di ridurre l'accumulo placche beta-amiloidi in un piccolo sottogruppo di pazienti. Solanezumab, un anticorpo che lega la amiloide solubile, ha mostrato benefici sui sintomi cognitivi solo in alcune misure di esito secondarie e solo nei pazienti con stadio di malattia meno avanzato, suggerendo la possibilità di ottenere migliori risultati trattando i pazienti il prima possibile.
Altre terapie potenzialmente in grado di modificare il processo patogenetico della demenza includono gli inibitori degli enzimi BACE (che impediscono alla beta amiloide di accumularsi), oltre alle terapie che inibiscono la formazione di aggregati di proteina Tau. Molti prodotti sono in fase di sperimentazione clinica avanzata, ma è molto probabile che i migliori risultati si otterranno se i pazienti verranno trattati prima che il processo neurodegenerativo abbia provocato danni irreparabili.

Si è aperta quindi la sfida della diagnosi precoce che coinvolge sia la ricerca sia i sistemi assistenziali. La ricerca è impegnata a identificare biomarcatori affidabili che consentano di identificare i pazienti quando il processo di malattia è già in atto ma prima che i sintomi iniziali si manifestino. I sistemi assistenziali, dal loro lato, devono sviluppare una rete territoriale in grado di far pervenire i pazienti in sospetto diagnostico il prima possibile ai centri specializzati. È inoltre necessario ridurre l'eterogeneità delle popolazioni, cercando di stratificare i pazienti che più probabilmente risponderanno a una terapia piuttosto che a un'altra.
Di questi argomenti si è discusso tra esperti universitari e rappresentanti delle maggiori Agenzie regolatorie mondiali durante l'incontro a Roma. Erano presenti rappresentanti dell'FDA per gli Stati Uniti, dell'Agenzia Health Canada, di PMDA per il Giappone e dell'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), oltre che delegati da Germania, Regno Unito e Svizzera. L'industria ha investito oltre 30 miliardi di dollari nel campo delle demenze, ma la “probabilità di successo” di un programma di sviluppo per un singolo prodotto in questa area è inferiore (7,27%) rispetto ad altre aree terapeutiche (15-19%) e persino rispetto al cancro (13,2%), notoriamente un'area terapeutica in cui per decenni è stato difficile scoprire farmaci davvero efficaci.
Il modello di malattia delle demenze è invece ancora largamente sconosciuto, nonostante gli incredibili progressi degli ultimi anni; perciò durante il meeting si è discusso di come colmare le lacune nella conoscenza scientifica di alcuni processi biologici ed epidemiologici attraverso l'uso di modelli di estrapolazione. L'Italia è stata scelta quale leader mondiale del progetto Modelling and Extrapolation.
Certamente la parola d'ordine per ridurre l'incertezza e con essa i tempi e i costi dei programmi di sviluppo è condivisione. La messa in comune di database, progetti, dati clinici su pazienti trattati e con placebo e la costruzione di piattaforme globali è senza dubbio il futuro della ricerca. Oltre alla presente Dementia Integrated Development Initiative e al World Dementia Council, che sono consorzi globali di esperti e policy maker, sono già avviate iniziative multidisciplinari di sviluppo in Europa (IMI-EPAD, EMIF) e negli Stati Uniti (ADNI, API, DIAN) e sono stati istituiti fondi di venture capital come il UK Dementia Discovery Fund (Regno Unito) o il NIH Advanced Medicine Program (Stati Uniti).
La possibilità da parte delle Agenzie regolatorie di partecipare a queste iniziative internazionali consente di costruire scenari e trend globali per guidare le proprie policy. In questo senso il campo delle demenze e in generale delle patologie croniche ad alto impatto epidemiologico rappresenta un'occasione per rinunciare a politiche sanitarie localistiche che producono incertezza e scarsa numerosità dei dati e, di conseguenza, aumento dei costi. Dobbiamo invece abbracciare un approccio globale che permetta di usufruire di banche dati, esperienze e risorse internazionali al fine di ridurre i tempi con i quali l'innovazione si rende disponibile nel nostro Paese.


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