Europa e mondo

L’accoglienza in mare oltre le difficoltà

di Mariateresa Labanca

La salvezza, all'improvviso, in mezzo a quel mare che ha inghiottito migliaia di vite e speranze. Arriva a bordo di una nave. Ha il volto dei pochi – se paragonati alle moltitudini di migranti ammassati sui barconi, in fuga da guerra e violenza – ma grandi uomini. Sono medici, ostetriche e infermieri. Volontari. Sono lì per prestare loro le prime indispensabili cure. Ne hanno soccorso più di 100mila da quando, nel 2013, la fondazione Francesca Rava è scesa in campo in prima linea, accanto alla Marina militare italiana, per offrire il proprio contributo. Competenza nella gestione delle emergenze e soprattutto voglia di aiutare. È questa la base solida della collaborazione nata nel 2010 dopo il tragico terremoto di Haiti, dove la fondazione, che in tutto il mondo aiuta l'infanzia in condizioni di disagio, porta avanti numerosi progetti. Da tre anni l'impegno dei circa 150 volontari specializzati in urgenza e materno infantile si è approdato nel canale di Sicilia. Sono i primi a intervenire prestando cure e assistenza. A migliaia di uomini, ma soprattutto a donne e bambini.
Qualche volta non rimane che arrendersi alla morte. Com'è accaduto per il barcone soccorso a ferragosto di un anno fa, dove viaggiavano nella stiva 49 uomini, già cadaveri, uccisi dai gas di scarico sprigionati dell'imbarcazione. Ma le vite salvate sono tante. A partire da quelle che nascono tra le braccia dei ginecologi e delle ostetriche che operano a bordo della nave che li trasporta verso la terraferma. Come la piccola Francesca. Quando è venuta alla luce non respirava. Poi, finalmente, il primo pianto dopo il ripetuto massaggio praticato dall'ostetrica. Il momento più bello di una missione difficile, che mette a contatto con il dolore ma anche con la grande riconoscenza. La madre della bimba ha voluto per lei il nome Francesca, in onore della fondatrice della onlus. La donna a cui è stata appena effettuata una ecografia non può fare a meno di lasciarsi andare a un abbraccio spontaneo.
La vita e la morte, la disperazione ma anche la gioia della salvezza si alternano in pochi attimi davanti agli stessi occhi, come raccontano le testimonianze dei tanti volontari , raccolte sul sito della Fondazione (vai al sito ).

Uno dei ginecologi volontari in mare, Alberto Zanini, compare anche nell'ultimo film documentario di Gianfranco Rosi, “Fuocoammare”, con cui ha vinto l'Orso d'oro di Berlino.
Sono loro la prima risposta alle emergenze che quasi quotidianamente si presentano in mare. I medici della Fondazione intervengono anche per cercare di stabilizzare i casi più gravi, prima del trasporto nelle strutture sanitarie a terra. Ci sono volute più di nove ore per rianimare un ragazzo eritreo, successivamente ricoverato nell'ospedale di Agrigento. I volontari si occupano anche di individuare, isolare e prestare le prime cure a chi è affetto da malattie infettive, per la tutela delle popolazioni a terra. Pronto intervento che, oltre a fronteggiare grandi emergenze sanitarie, contribuisce a ridurre le spese a carico del sistema sanitario nazionale. La Fondazione Rava onlus rappresenta in Italia l'organizzazione umanitaria internazionale Nph e opera attraverso il contributo dei donatori. Per la causa dell'infanzia, anche nelle acque che solo un anno fa hanno consegnato alla spiaggia di Bodrum il corpicino di un bimbo di tre anni senza vita.


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