Focus Diabete

I criteri di sostenibilità e di appropriatezza

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24 Esclusivo per Sanità24

Gli aspetti farmacoeconomici relativi alla patologia diabetica rispecchiano il generale scenario della spesa farmaceutica.
Esistono due evidenti forze contrapposte: la crescente domanda di assistenza farmacologica, legata anche a molecole più mirate ed efficaci, e quindi più costose; e per contro una stringente esigenza di contenimento dei costi. Due forze evidentemente contrapposte e di non facile conciliazione.
Il numero totale dei diabetici è in aumento, soprattutto in ragione dei prolungati periodi di cronicizzazione fino a età molto avanzate. Esiste un armamentario terapeutico storico, di costo relativamente basso, destinato a una notevole quantità di pazienti.
Il discorso di economicità non riguarda ovviamente le insuline, ma tende a non riguardare più, almeno per specifiche fasce di pazienti, il trattamento orale, alla luce di una maggiore intensificazione degli obiettivi terapeutici, con una giustificata maggiore pretesa di benessere e quindi un'attesa più ambiziosa di outcome.
Inoltre aumenta la disponibilità di farmaci di ultima generazione con nuove evidenze di efficacia, a prezzi inevitabilmente maggiori rispetto ai prodotti esistenti.

Dall'altro lato esiste una serie di condizioni di aperta contrapposizione con le evoluzioni prima descritte:
• la possibilità di offerta di prestazioni è sempre più limitata (il tetto di spesa attuale per la spesa sanitaria destinata ai farmaci è pari al 14.85%, ed è destinata a ulteriore decurtazione);
• il calcolo di questo tetto di spesa è effettuato su base storica, ossia sulla base dell'armamentario farmaceutico precedente, che non tiene quindi conto delle innovazioni. Con un aspetto paradossale: se una regione riuscisse a contenere le spese al di sotto del budget, l'anno successivo verrebbe chiamata a un risparmio ancora maggiore:
• sono sempre più stretti i vincoli operativi: le aziende sanitarie sono tenute al risultato economico di gestione sull'anno, pari all'obbligo di pareggio; esiste inoltre il principio della remunerazione per funzione;
• la valutazione del bilancio costo/opportunità si presta a diversi dubbi: esistono infatti scarse possibilità di negoziazione sui prezzi, la misurazione degli esiti è spesso difficoltosa, e ancora di più lo è la verifica dell'appropriatezza (si pensi all'esempio paradigmatico degli inibitori di pompa protonica, in buona misura fuori dalle regole di appropriatezza: la prescrizione dei PPI è pari a 73,6 Ddd/1.000 abitanti/die, contro il 39,6 di tutti gli antidia- betici orali).
In altri termini, esistono numerose aree carenti per quanto riguarda i principi di appropriatezza prescrittiva, il che richiede maggiori meccanismi di verifica.

L'appropriatezza prescrittiva

Dal punto di vista dell'appropriatezza prescrittiva, è fondamentale porre attenzione ad alcuni criteri fondamentali:
• garantire la migliore adeguatezza dei farmaci prescritti alle indicazioni;
• assicurare una ideale aderenza terapeutica: la non-aderenza risulta infatti deleteria tanto sui costi farmaceutici (i farmaci vengono comunque prescritti anche se assunti in modo imperfetto, rappresentando il costo di una prescrizione non efficace), quanto sull'aumento del numero di accessi ospedalieri (grafico 13);
• evitare i casi di sovrauso dei farmaci, come nell'esempio già citato dei Ppi, facendo ovviamente riferimento all'utilizzo improprio, non certo ai casi in cui tali medicamenti sono indicati. In questo ambito rientra anche il diffuso utilizzo di farmaci brand, evitando gli equivalenti;
• evitare però anche i casi di sottouso del farmaci: si calcola che su cento casi per i quali esiste una corretta indicazione Aifa all'impego dei DDP-4, circa due terzi non utilizzano questi farmaci (Fonte: L'uso dei farmaci in Italia. Rapporto nazionale, anno 2015).

Un esempio di adeguata prescrizione farmaceutica in ambito diabetologica è quello descritto da Iannazzo (2017).
La sostituzione di un antidiabetico orale economico (sulfanilurea) con un farmaco di nuova generazione, quindi necessariamente più costoso (empaglifozin), determina un primo immediato aumento dei costi farmaceutici; ma determina anche una riduzione dei costi dell'automonitoraggio della glicemia, di gestione degli eventi ipoglicemici e degli eventi cardiovascolari, con un risultato finale favorevole dal punto di vista economico (grafico 14).

Il concetto di costo/efficacia di un trattamento

I pazienti affetti da ipertensione, colesterolemia e diabete, se correttamente trattati nel tempo, ottengono un miglioramento della prognosi sotto forma di minore rischio di ricoveri. Ciò implica anche un beneficio economico: infatti quanto più si riescono a garantire buoni livelli di controllo della malattia con un utilizzo appropriato delle terapie, tanto più si ottiene un beneficio clinico esprimibile anche in termini di minori costi.
Questo assioma fa riferimento al noto studio di Sokol (2005) sui costi della prevenzione cardiovascolare, ed è esemplificativo del concetto di costo/efficacia di un trattamento, diverso dal concetto tradizionale di efficacia clinica e di particolare rilevanza in sede di pianificazione economica di spesa sanitaria.
Questo studio è considerato giustamente uno dei riferimenti più autorevoli e significativi sulla valutazione economica di un trattamento. Lo studio è autorevole anche per la popolazione studiata, oltre 130 mila persone di età inferiore a 65 anni, affette dalle quattro maggiori condizioni patologiche croniche: diabete, cardiopatia ischemica, ipertensione e ipercolesterolemia.
In sintesi, lo studio ha dimostrato che alti livelli di aderenza alla terapia sono associati con una significativa riduzione dei costi sanitari considerati globalmente. Nei pazienti diabetici si è osservata una riduzione significativa dei ricoveri per qualsiasi causa, ben sapendo che la maggior parte delle ospedalizzazioni in questi pazienti è dovuta alle complicanze, quindi innanzitutto fra tutte quelle cardiovascolari.
Ovviamente, come ben segnalato dallo studio, la migliore qualità della terapia (includendo pertanto anche molecole più avanzate), associata alla più assidua aderenza, comportava un aumento dei costi. Ma tale costo veniva ampiamente compensato da una riduzione dei costi legati soprattutto ai ricoveri, dovuti alla mancata o impropria terapia.
Il corrispettivo di tale osservazione nel diabete è dato dallo studio di Iannazzo del 2016: se in un orizzonte triennale sostituissimo la terapia standard con gliflozine, avremo un incremento del costo della spesa farmaceutica, ma un decremento dei costi per il monitoraggio glicemico, per eventi ipoglicemici e per gli eventi cardiovascolari.
Pertanto molecole dotate di efficacia sulla riduzione degli esiti sono costo/efficacia, giacché il costo sanitario degli esiti è molto rilevante.

Un'altra importante implicazione dello studio di Iannazzo riguarda la riduzione dei costi per prestazioni di monitoraggio della glicemia (strisce).
Questa osservazione va considerata nell'ambito del concetto della "budget silo mentality".
Il nostro servizio sanitario non remunera i costi per patologia, ma per singoli blocchi. Quindi il manager decisionale spesso si trova senza la possibilità di ottenere delle compensazioni quando riduce terze voci di costo. Dal punto di vista economico, quindi, la riduzione dei costi di ricovero rimane virtuale.
In altri termini non viene incoraggiata una differente gestione dei costi farmaceutici - che pure possa implicarne un incremento - destinato a comportare una riduzione finale di tutti i costi sanitari, per esempio con il contenimento delle spese di ricovero.
L'abbattimento dei costi per l'automonitoraggio è invece meno virtuale, dal momento che si tratta di costi variabili e con evidenza di risultato a breve termine.
Una ulteriore complicazione viene data dalla legge di bilancio, che fissa il tetto di spesa farmaceutica totale (ospedaliera e territoriale) per il 2017 nella percentuale del 14.85% rispetto alla spesa sani taria complessiva. Questo vale per tutte le regioni.
Ciò implica che la disponibilità di una nuova molecola, con prospettive cliniche molto rilevanti in termini di salute e prevenzione di eventi clinici, rimane un valore dal punto di vista clinico ma uno svantaggio in termini di previsione economica. Non viene richiesta infatti una riduzione di spesa per la gestione del diabete, ma semplicemente una riduzione del costo dei farmaci.
È essenziale la valutazione dell'impatto di una terapia sugli esiti, proprio perché si traduce in un minore impatto economico complessivo.

Gli sprechi

Un impegno doveroso, in termini di valutazione generale economica della spesa sanitaria, dovrebbe essere pertanto quella di verificare le maggiori aree di spreco farmaceutico contenute nell'ambito di questo tetto di spesa del 14.85%, vale a dire le aree di costo elevato non corrisposte da una appropriatezza terapeutica adeguata e da un corrispettivo di efficacia clinico valido.
Un esempio per tutti: i farmaci antidiabetici appartengono alla stessa categoria Atc (apparato gastroenterico) che include gli inibitori di pompa protonica.
Tali molecole rendono conto di una spesa lorda pro capite annua di 14,85 euro, ossia quasi la metà di tutta la spesa di questo comparto dei farmaci gastrointestinali che include anche insulina e antidiabetici. Il costo annuo per i Ppi è di un miliardo di euro. Il 23 per cento della popolazione maggiorenne riceve almeno un Ppi all'anno (tabella 6).
Questo è un possibile esempio di area di risparmio farmaceutico: non si tratta di sopprimere prescrizioni utili, ma di rendere appropriate le prescrizioni: circa la metà delle prescrizioni di Ppi sarebbero fuori nota 1 o 48 (rapporto Osmed).
Un altro esempio: esistono sette sartani nell'armamentario farmaceutico dell'ipertensione arteriosa.
Curiosamente, circa un quarto delle prescrizioni sono concentrate sull'unica molecola non ancora disponibile come equivalente generico. Analogamente, le scelte terapeutiche, dopo le scadenze di brevetto, tendono a spostarsi su associazioni fisse.

* Il focus è frutto di incontri a cui hanno partecipato esperti del settore


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