Sentenze

Calabria e Sardegna sotto la scure della Consulta

di Flavia Landolfi

Pollice verso della Corte costituzionale nei confronti di due leggi regionali (Calabria e Sardegna) in materia sanitaria. Si tratta della norma calabrese che ha conferito dignità di soggetto di diritto pubblico alla Fondazione per la ricerca e la cura dei tumori "Tommaso Campanella" e alla legge sarda per il reclutamento dei precari del servizio sanitario.

Con le sentenze 212 e 214 depositate il 18 luglio ma rese pubbliche soltanto oggi i gudici costituzionali hanno innanzitutto stabilito un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato ex art.117 della Carta in materia di coordinamento della finanza pubblica di competenza statale. Nella fattispecie l'articolo 10 della legge regionale n.16/2011 stabilisce la stabilizzazione del personale non dirigenziale addetto al servizio sanitario di urgenza ed emergenza che abbia lavorato per almeno trenta mesi negli ultimi cinque anni: la stabilizzazione si perfezionasu semplice domanda degli interessati per coloro il cui rapporto di lavoro sia stato instaurato «almeno in parte» sulla base di «procedure selettive di natura concorsuale». Ma per la Consulta «così disponendo, l'art. 10 della legge reg. Sardegna n. 16 del 2011 confligge con la disciplina dettata dall'art. 17, commi da 10 a 13, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 3 agosto 2009, n. 102. Questa prevede, tra l'altro, che le amministrazioni possano attribuire rilevanza al pregresso svolgimento di attività lavorativa in esecuzione di rapporti precari mediante la previsione di una riserva di posti (pari al 40 per cento dei posti messi a concorso, quota innalzabile al 50 per cento in alcuni casi) nei concorsi banditi per le nuove assunzioni, ovvero mediante valorizzazione, per il tramite del riconoscimento di apposito punteggio sempre nell'àmbito di concorsi pubblici banditi per le nuove assunzioni, dell'esperienza professionale maturata in virtù dei predetti rapporti». Di qui la violazione dell'articolo 117 della Costituzione «poichè la mezionata normativa statale detta principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica (sentenze n.30 del 2012 e n.69 del 2011)».
Ma la norma sarda scivola anche su un altro articolo della Carta costituzionale, l'articolo 97, che al comma 4 prevede l'accesso nella Pa solo attraverso procedure concorsuali di evidenza pubbblica.

Semaforo rosso anche per la legge Calabria che ha conferito natura giuridica pubblica alla Fondazione per la ricerca e cura dei tumori Tommaso Campanella. La Consulta, con la sentenza 214, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale «degli articoli 5 e 9, comma 1, quanto a quest'ultimo nel testo introdotto dall'art.3 della legge della Regione Calabria 28 dicembre 2011 n.50 (norme di integrazione alla legge regionale 28 settembre 2011 n.35), della legge della Regione Calabria 28 settembre 2011 n.35 (riconoscimento ex articolo 54, comma 3, della legge regionale 19 ottobre 2004, n. 25, della Fondazione per la ricerca e la Cura dei tumori 'Tommaso Campanellà centro oncologico d'eccellenzà come ente di diritto pubblico». La Corte ha anche dichiarato in via conseguenziale l'illegittimità costituzionale dell'intero testo delle leggi della Regione Calabria n.35 del 2011 e n.50 del 2011. Nel ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri si evidenziava che «la Regione Calabria si è vincolata il 17 dicembre 2009 all'osservanza di un Piano di rientro dal deficit della sanità e che, a causa dell'inadempimento in cui è incorsa, il consiglio dei ministri, ha nominato un commissario ad acta. Per questa ragione il riconoscimento della Fondazione quale ente di diritto pubblico determinerebbe una interferenza con le attribuzioni del commissario, con cui lo si è incaricato di disporre il riassetto della rete ospedaliera regionale, sospendendo l'apertura di nuove strutture sanitarie pubbliche». Si fa poi riferimento all'articolo 9 che consentiva l'assunzione di «nuovo personale in deroga ai limiti previsti dal punto 4 della già citata delibera di giunta n. 845 del 2009. Questi lederebbe gli articoli 3 e 9 della Costituzione, consentendo di accedere ad un pubblico ufficio senza procedura concorsuale e in violazione dei principi di uguaglianza e buon andamento della pubblica amministrazione». I giudici della Corte Costituzionale nella loro sentenza ritengono che le questioni poste dalla Presidenza del Consiglio siano fondate. «Non è dubbio - scrivono - che entrambe le leggi impugnate siano generatrici di spesa pubblica. Va parimenti rilevato che la spesa determinata dal riconoscimento della Fondazione quale ente pubblico ha i caratteri della novità»