Sentenze

Fiaso su pignorabilità Asl e Ao: «A rischio la salute dei cittadini»

«Pignorare i beni di aziende sanitarie e ospedaliere significa rischiare di rendere indisponibili apparecchiature e servizi sanitari indispensabili proprio alla tutela della salute». Valerio Fabio Alberti, presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), commenta così la sentenza con cui la Consulta ha dichiarato l'«illegittimità costituzionale» dell'impignorabilità delle aziende sanitarie, in vigore fino a dicembre 2013. Una disposizione che secondo i giudici sarebbe «in contrasto con l'articolo 111 della Costituzione», che regola il giusto processo, poiché altera «le condizioni di parità tra i litiganti, ponendo la parte pubblica in una posizione di ingiustificato privilegio incidendo, altresì, sulla ragionevole durata del processo».

Ma «Asl e Ao non possono essere considerate alla stregua di qualsiasi altra azienda», rispondono da Fiaso, proprio perché la loro attività e i loro beni sono al servizio di un interesse squisitamente pubblico, cioè la salute dei cittadini. Tanto più che le aziende sanitarie pubbliche stanno già facendo la loro parte. Impegnate come sono, è l'argomentazione della Federazione, a profondere «il loro impegno per rispettare il diritto al pagamento dei debiti verso i fornitori, diritto che giudichiamo inalienabile. Il recente decreto sul saldo dei debiti della P.a. - spiega ancora Alberti - va giustamente incontro ai diritti legittimi di tante aziende fornitrici, ma nella sanità il problema va aggredito alla fonte poiché una parte non indifferente dei debiti accumulatisi dipende dalla irregolarità dei flussi di cassa dallo Stato centrale alle Regioni e da questo alle aziende, che accusano da anni crisi di liquidità. Ed è forse bene ricordare - è la conclusione - che le aziende sanitarie pubbliche pagano due volte le difficoltà a saldare i propri fornitori: la prima con gli interessi sul debito, la seconda con i prezzi più alti delle forniture con le quali le imprese scontano i ritardati pagamenti».